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lunedì 27 dicembre 2021

LO SMALL CLUB DI PIEVE DI CENTO




Locale storico della new wave italiana, legato a doppio filo alla scena bolognese (Pieve di Cento / Bologna 30 km, in realtà non così vicinissimi), grazie all'intraprendenza di Red Ronnie (nato proprio a Pieve di Cento) che allo Small inizia a mettere dischi punk wave nel 1978 e ad organizzare rassegne musicali.
Mi viene in mente l'aneddoto dei Rats, di cui Red Ronnie fu una sorta di primo manager: "Eravamo minorenni, ci veniva a prendere a Spilamberto, 40 km, ci portava allo Small a suonare e finito il concerto ci riportava a casa."
Degna di nota la rassegna "Rock Video Small" nel dicembre del 1980, in cui da mercoledì 3 a domenica 14 si esibirono i migliori puledri della wave nostrana: Pale Tv, Gaznevada, Rats, Confusional Quartet, Luti Chroma, Jo Squillo, Kaos Rock e Cafè Caracas.
Altro dj abbastanza famoso, Dj Mortimer, gestore del Disco d'Oro di Bologna, altro tempio Bologna Wave.


mercoledì 28 luglio 2021

IL MANCATO CONCERTO DI JOHNNY THUNDERS & THE HEARTBREAKERS A SANTHIA'


Il 23 dicembre 1977 Johnny Thunders & The Heartbreakers avrebbero dovuto esibirsi allo Sporting Club di Santhià (Vc). Gruppo di spalla i Decibel di Enrico Ruggeri.

Poteva essere il primo concerto punk di un gruppo straniero in Italia ma la serata non si concretizzò, suonarono solo i Decibel.

Sul web circolano due versioni dell'accaduto: nell'autobiografia "Sono stato cattivo",  Enrico Ruggeri dice che gli Heartbreakers lasciarono Santhià nel pomeriggio.

Nel libro "La storia del Punk", Stefano Gilardino scrive che il gruppo non riuscì ad ottenere il lasciapassare dai doganieri svizzeri.

Qual è la verità?

Il primo concerto punk straniero fu poi l'accoppiata Stranglers / 999 al Picchio Rosso di Formigine (Mo) nel luglio 1978 (se ne parla diffusamente in un articolo di questo blog), seguito da Adam Ant a Milano, ottobre 1978.

Lo Sporting Club di Santhià è un locale ancora celebrato e ricordato da quelle parti: vi suonò Ray Charles nel 1978, oltre a tutti i big tra i cantautori italiani. Ancora attivo fino all'arrivo della pandemia con il nome di Beverly Hills (cambio di denominazione avvenuto negli anni '90).

 

venerdì 20 novembre 2020

I MET HER AT THE RAT - BOSTON ROCK'N'ROLL CLUB



Famoso rock'n'roll club di Boston in Kenmore Square attivo dal 1974 al 1997, al Rathskeller ("Rat") si esibirono tutti i maggiori esponenti della scena alternative: Ramones, Talking Heads, The Cars, Police, Bad Brains, Pixies, Sonic Youth e tanti altri.
Importante anche nello sviluppo della scena locale, dando spazio a diverse band del territorio.
Del 1976 il disco "Live at the Rat", con dentro band garage di Boston come DMZ e Real Kids.
Sul tubo si trova un interessante video dei Queers live al Rat nel 1987, un periodo in cui la band di Joe King (da Portsmouth, un'ora di distanza) si esibiva saltuariamente e senza rilasci discografici (il singolo precedente era del 1984, Grow Up è del 1990).
Proprio su "Grow Up" è poi presente il pezzo "I met her at the Rat": "Ho perso il mio cervello da qualche parte in Kenmore Square, penso sia ok, è una punk rocker, cosa posso dire?.."
Dal 1980 al 1987 ospitò al suo interno il ristorante Hoodoo BBQ, considerato dalla rivista Esquire "uno dei 100 migliori ristoranti americani" e con un jukebox fornitissimo dove "For a quarter you could play Merle Haggard's "Mama Tried", Bobby Bland's "Black Night", "Strange Fruit" and Unnatural Axe."(Esquire)
Demolito nel 2000, rimane uno dei club più importanti del periodo. 

sabato 28 dicembre 2019

CONCERTI NEW WAVE IN JUGOSLAVIA 1977/1982

Volevo capire quali gruppi punk/new wave "dal centro dell'impero" si esibirono in Jugoslavia nel periodo 1977/1982.
La Novi Val fu un bel fenomeno, complesso e diffuso: ovvio che una spinta alla scena può darla anche vedere in loco le formazioni originali del periodo.
E questo è il risultato della ricerca:
 
 
THE STRANGLERS / 999 - LUBIANA - 30/06/1978




THE RUTS - JUGO TOUR - 1980

 
 
GANG OF FOUR -MUSIC BIENNALE IN ZAGABRIA - 17/05/1981
 
Qua il video dell'esibizione: https://www.youtube.com/watch?v=tUSw_2jkDjM
 
Si esibirono anche i locali Haustor e Sarlo Akrobata.
 
 
 
 
SIOUXSIE AND THE BANSHEES - LUBIANA - 18/06/1981
 
 
 
 
BOOMTOWN RATS - ZAGABRIA - 25/3/1982 
 


 
 
 
TALKING HEADS - BELGRADO - 26/7/1982
 
 

martedì 9 ottobre 2018

NU GUINEA - PADOVA - HALL - 06/10/2018

Ero abbastanza preso dall'idea di vedere i Nu Guinea a Padova, del resto il disco gira ininterrottamente nella mia auto dai primi di giugno, però alla fine diversi particolari hanno concorso alla non completa riuscita dell'esibizione.
Demis mi aveva detto: "Non so se venire perché ho paura di restarne deluso". L'avessi ascoltato!
Ma il problema non sono i Nu Guinea, che per questo tour hanno messo su una band vera e propria, ma il locale, l'Hall di Padova.
In piena zona industriale, un contesto che ti far venir voglia di non metterti a trovare parcheggio ma di ripartire in fretta verso mete migliori, distanti parecchi km da queste zone malate diventate simbolo del nordest produttivo.
Io però credo ad una altra verità, credo nel Veneto dei centri storici, del Palladio, della bellezza, della natura, dei campi a perdita d'occhio.
Non mi va di passarmi la serata in zona industriale, dentro ad un capannone col palco montato e farmi mezzora di colonna per una birra rancida perché "c'è solo una cassa".
L'audio, nella prima mezzora di concerto, era pessimo. E ci credo, siamo dentro ad un capannone, cosa vuoi aspettarti?
Un casino infernale, strumenti che non si sentivano, voci troppo alte, rimbombo.
Il sound raffinato dei Nu Guinea sotterrato da problemi tecnici a non finire, poi qualcosa si è aggiustato e gli ultimi pezzi son stati decenti.
Questa è musica da ballare in riva al mare, o per un aperitivo in centro vicino ai palazzi storici della città, non c'entra niente con i capannoni. Non è techno, non è punk Detroit: è jazz funk di classe e necessita di un contesto appropriato.
All'Hall non ci torno più, trovo più gusto nell'immaginarmi i Nu Guinea ad Ibiza che non vederli realmente in queste condizioni.
Che gente c'era? Boh, Hipster senza una direzione, look abbastanza a caso con mancanza di particolari e parecchio presi dalle droghe e dai diritti civili.
Pareva di essere tornati al 2004/2005, certe sere al Capannone Sociale di Vicenza, però là si sentiva meglio. Che poi mi domando come fai a proporre un ambiente di scarsa qualità nell'epoca dei social network, con la gente che ti lascia recensioni negative al primo futile pretesto.
Questi mica ti perdonano nulla, è gente cresciuta nella bambagia dei social network, mica come me che sono cresciuto in strada, con le mie motivazioni che provengono da una percorso diverso.
Ritornando alla musica, spettacolare la cover finale di "Amore" dei Chrisma, mi tornava in mente quel video al Festivalbar all'Arena, 1976, con Christina Moser al top, una dea bionda a Verona.

venerdì 13 luglio 2018

LIAM GALLAGHER / PALLADIUM / COLONIA / 5.07.2018

A Colonia per Liam Gallagher c'eravamo già stati i primi di marzo, salvo poi scoprire, solo a pochi passi dal locale, che il concerto non avrebbe avuto luogo causa mal di gola del nostro.
Qualche imprecazione e grida al cielo non mancarono, poi una cena in una birreria di Heumarkt mise le cose a posto; pochi giorni dopo, il concerto venne riprogrammato per il 5 luglio e allora ci siam detti "perché no?".
Tanto il biglietto già ce l'avevamo.
Siam partiti in due, in macchina, la prima notte sul Lago di Costanza, la seconda nella dura Francoforte, la terza siamo a Colonia, tocca a Liam.
Io il Palladium già lo conoscevo perché ogni due anni vado a Colonia ad un fiera espositiva del settore in cui lavoro, e l'anno scorso un'azienda di cui siamo clienti ha fatto la propria festa proprio all'interno del locale.
Subito avevo pensato che mi sarebbe piaciuto tornarci per un concerto, qualche volta faccio questi viaggi mentali quando un posto mi piace, e alla fine non ho neanche dovuto attendere chissà quanto tempo per rimetterci piede.
Il pubblico al Palladium era abbastanza sciatto, tedeschi appassionati di rock non appartenenti ad una specifica sottocultura, livello di stile al "piano terra".
Qualche specie di casual ma poca roba, le facce non erano giuste, poco fascino, non mi trasmettevano nulla.
La birra però era buona, quattro/cinque bionde sono andate giù in scioltezza.
I Sherlocks non mi sono piaciuti, i suoni erano ok, ma i pezzi fighi latitavano: gli abbiamo dato un occhiata dieci minuti dopo siamo andati un po' in giro giusto per far qualcosa.
Liam, invece, ha fatto un signor concerto secondo me. Qua i pezzi giusti ci sono, lo sappiamo tutti, e quelli del nuovo album girano bene dal vivo.
Tiene il palco ottimamente, tra smorfie, imprecazioni e tic. Bello quello che appena finisce di cantare si scosta leggermente dal microfono all'indietro, guarda per terra con una smorfia e poi riprende a cantare.
Vabbè detta così non vuol dire nulla, comunque l'ho notata, mi è rimasta impressa.
Durante il concerto pensavo che lui è del 1972, è sulla scena da quando aveva 22 anni, ha passato una vita sotto i riflettori: insomma, è forgiato e adatto a fare quello che fa, sennò sarebbe già caduto dal carro.
Poi mi piace che voglia fare la rockstar, a voi no? Gli Oasis arrivano dal mondo indipendente, ma non si sono mai vergognati ad ostentare, oserei dire, la loro posizione al top. E perché dovrebbero poi?
Ha suonato un ora, la durata giusta: dopo troppo che sei in piedi cominci a stancarti, i Ramones a inizio carriera suonavano venti minuti. E poi quel che conta è l'intensità, non la durata.

martedì 13 marzo 2018

SENZABENZA - GROOVE - LUGO (VI) - 09/03/2018

Tutta la settimana che ho in macchina "Gigius" ed è un gran bel ascoltare, disco della Madonna.
Il mio, poi, ha una particolarità: è masterizzato in traccia unica (l'originale gira intorno alle cento bombe..) e non puoi fare skip tra una traccia e l'altra ma te lo becchi tutto dall'inizio alla fine. Nessun problema, le canzoni sono tutte di valore, punk rock melodico direttamente influenzato da Ramones e Hard Ons con l'aggiunta di qualcosina di power pop. Tutto questo nel 1993.
Parlare dei Senzabenza vuol dire parlare di uno dei nomi di punta dell'alternative italiano degli anni '90 in senso lato. Gente che ha suonato in giro per l'Europa, che in Italia trainava la stagione del "Flower Punk Rock", che apriva le date italiane dei Ramones, che nel 1996 volava a New York e si faceva produrre un disco da Joey Ramone in persona.
Pensavo in questi giorni al fatto che non ci sia neanche un libro che racconti quella stagione, ed è un gran peccato perché è una scena nazionale da cui sono emersi bei nomi (Senzabenza, Manges, più tardi Peawees) che un certo riconoscimento internazionale di culto l'hanno ottenuto.
L'anno scorso i Senzabenza han fatto uscire un disco, "Pop from Hell", che è uno dei dischi più belli del genere ascoltati negli ultimi tempi, pieno power pop.
Insomma, è un gruppo ancora vivo, presente, ed è una gran fortuna averli ancora in giro, almeno per me.
A maggio 2017 l'occasione di vederli a Carmignano di Brenta, due passi da casa, quest'anno si organizza una macchinata e si sale fino al Groove di Lugo, alto vicentino.
In apertura gli ottimi Pyjamarama, nuova band messa in piedi da Teo dopo la fine dei gloriosi Melt; punk pop cantato in italiano con testi di valore, roba di qualità.
Poi prendiamo posto in prima fila birre in mano e ci becchiamo un ora abbondante di Senzabenza con tutte le hit al loro posto e i pezzi del nuovo album che riscuotono consensi favorevoli anche da chi non l'ha ancora ascoltato.
Canti, cori, dita al cielo, sorrisi, sguardi, tutto il corollario di sensazioni che le serate come queste sono in grado di darti, tant'è che penso che sarebbe bello seguirli in tutte le date che fanno in giro per lo Stivale ("Molliamo tutto e seguiamo i Senzabenza in giro per l'Italia"cit.).
Li richiamiamo noi sul palco per qualche bis e loro accettano di buon grado.
A fine concerto facciamo due chiacchiere con loro, persone disponibili e alla mano, e in breve tempo ci ritroviamo a fare la serata insieme tra giri offerti, risate, cazzate, aneddoti su Johnny Ramone e annebbiamento alcoolico che coi minuti si fa sempre più invadente. Che serata!


martedì 2 gennaio 2018

PUNK IN OSTERIA

Il 30 dicembre son stato a Lugo alla presentazione del bellissimo libro di Massimo Fagarazzi, "Il tempo brucia le tappe", incentrato sulla scena underground vicentina degli anni '90.
Oddio, non era una presentazione vera e propria, quella era già stata fatta in maniera compiuta il 7 dicembre a Vicenza; diciamo che si è colta l'occasione della chiusura di un osteria storica legata in qualche maniera alle vicende del libro per tentare di presentarlo anche in quel contesto.
Il luogo in questione è l'Osteria Bidese, adagiata sulle rive del fiume Astico tra le colline dell'Alto Vicentino con le Prealpi a vista d'occhio.
Assume una propria rilevanza nel contesto alternativo/underground vicentino in quanto proprio dietro all'Osteria c'era la vecchia sala prove dei Melt, la fenomenale punk rock band di Lugo con la quale tutti noi siamo cresciuti.
Siamo a livelli di agiografia, un po' come quando a Londra vai in Denmark Street perché sai che ci provavano i Pistols.
Da fan dei Melt può solo che farmi piacere tutto questo, ho sempre pensato a loro come ad una tra le band più sottovalutate dell'intera scena, sebbene abbiano suonato parecchio in giro e i loro dischi li abbiano fatti; potevano davvero diventare i più grandi di tutti, son sempre stati di un livello superiore.
Ad ogni modo intorno alle 17.00 siamo entrati nell'osteria, una stanzetta con bancone e due tavolini, che era già bella piena di una fauna divisa tra frequentatori abituali e gente interessata alla presentazione del libro.
I frequentatori abituali erano lì per rendere il giusto tributo ad un luogo parte delle loro vite: mi metteva tristezza pensare a tutto questo, al fatto che dal giorno dopo là dentro non ci sarebbero più potuti entrare, ai cambiamenti in contesti non portati per i cambiamenti, conservatori di proprio.
Anch'io sono così di carattere, li capivo benissimo.
Si percepiva una bella umanità nella sala, verace, senza compromessi, tra brindisi e frasi scambiate con persone che non conoscevo.
Ho pensato a me, ai posti che frequento di solito, che vorrebbero darsi una patina di verità e autenticità e che in realtà possono solo pulire il culo all'Osteria Bidese e alle vecchie osterie: imborghesimento, incapacità di comunicare in luoghi che dovrebbero essere proprio deputati a socializzare. Ma come ci siamo ridotti?
Mi è salita una gran nostalgia del Bar Company di Sandrigo, dove, quando eravamo ragazzini, facevano concerti punk, e noi tutte le domeniche lì. Poi ci siamo allontanati da questi posti, è vero, troppo estremi  per certi versi, si rischiava di rimanerne intrappolati. E allora siamo andati in quei posti senz'anima che dicevo prima.
Punk in osteria, unione tra outsiders, per un attimo l'ho pensata così.
Poi però è salito su una panchina del Bidese il buon Massimo Fagarazzi e ha iniziato a parlare del libro con un approccio abbastanza colto e pieno di riferimenti letterari che a me piaceva, ma evidentemente non piaceva ai locals, visto che l'hanno interrotto più volte e dopo cinque minuti appena è sceso e ha lasciato perdere.
Gli ho detto: "Potevi continuare! Era una situazione bellissima", uno scontro tra cultura e base popolare che mi ha elettrizzato. Però immagino non fosse facile reggere la situazione.
E allora la magica unione si è dissolta, gli outsider locals sono diventati redneck, sembrava "Easy Rider". Se il branco capisce che potresti non essere come loro ti può anche sbranare.

martedì 24 ottobre 2017

PROTEX - FREAKOUT CLUB - BOLOGNA - 20/10/2017

Dopo una giornata di lavoro trascorsa in trasferta a Verona, arriva sera, salgo in macchina e imbocco la Brennero direzione Modena/Bologna.
Cena di gran classe in autogrill e intorno alle 22.00 arrivo comodo al Freakout Club.
L'impatto non è dei migliori: tetra location sotto il cavalcavia di via Stalingrado, graffiti in giro, capannello di alternativi della peggior specie che mi squadrano e addirittura il tipo dell'entrata che si assicura che io sia lì per i Protex.
Adesso, ok tutto, capisco il terzo mondo sottoculturale in cui si trova l'Italia, però questa gente mi ha veramente rotto i coglioni. Che poi suonano i Protex, non gli Exploited e neanche i Punkreas.
E io ho un parka blu, pullover, camicia, jeans e un paio di wallabee, cioè son vestito normalmente, non mi sembra di esagerare.
Ancora una volta questi ambienti si dimostrano di una grettezza unica, chiusi nel loro piccolo mondo alternativo che, sostanzialmente, ha distrutto ogni possibilità di sviluppo in senso lato del mondo sottoculturale.
Per quanto mi riguarda sempre guardia alta verso questi individui, verso la loro ignoranza non giustificata e il loro pressapochismo.
Poi al cesso altro sguardo incattivito di uno skinhead a cui rispondo mostrando i denti.
Che poi il tipo è il cantante del gruppo spalla, tali Zona Popolare, autori di un Oi gutturale, con qualche buona base di stampo punk'n'roll.
In realtà sembrano la cover band dei Nabat. Anzi, in realtà sembrano una specie di progetto sostenuto da una associazione che si occupa del reintegro in società dei ragazzi socialmente disadattati.
Interessante come cosa, ben vengano questi progetti sostenuti dal Comune. Togliamo i ragazzi dalla strada e mettiamoli in sala prove a suonare la musica della strada!
Alle 23.00 salgono i Protex, gente ce ne sarebbe anche, solo che la gran parte preferisce restare fuori a fumare. E qua i conti tornano col concetto che esplicavo poc'anzi circa il sostanziale disinteressamento di questi verso la musica.
Il concerto ce lo vediamo in venticinque persone, con i Protex che probabilmente si saranno chiesti in che razza di manicomio son capitati.
Forse sarebbe stato meglio farli in un bel pub.
Loro comunque danno un ora di lezione magistrale a suon di power pop suonato come Dio comanda.
Mi è sempre piaciuta la scena nord irlandese di fine settanta, loro, gli Undertones, i Moondogs, gli Starjets.
Roba gioiosa, innocente, giovane. Composta e suonata mentre la loro terra aveva ben altri problemi a cui pensare.
Nei Protex c'è il rock'n'roll e ci sono grandi melodie malinconiche, il tutto sostenuto da ritmi medi. Ogni tanto mi perdo ad osservare il batterista, è uno spettacolo, molto sincopato e poco lineare, sostiene tutto il sound.
I pezzi super sono: "I can't cope", "A place in your heart", "Don't ring me up", "I can only dream", "Strange Obsessions".Dai, stiamo parlando dei vertici del genere tutto. Roba per palati sopraffini. E il tipo prima mi chiede se sono venuto per i Protex. Ma nasconditi va e chiedimi anche scusa dell'affronto che hai osato farmi, che i Protex saranno sempre dalla mia parte, non certo dalla tua.
Ne suonano parecchie anche dall'album appena uscito, "Tightrope", gran bel disco.
"Even if I wanted to" è un lentone straordinario, prendetevi tre minuti e ascoltatela nel web, fatevi sto favore.
Io, ad esempio, ho comprato il cd e mi son fatto l'ora e mezza del viaggio di ritorno che l'avrò ascoltata dieci volte. Poi ogni tanto spegnevo la radio e cantavo da me "A place in your heart".



domenica 20 novembre 2016

CASUAL FRIDAY

Alle 19.40 sono partito da casa, in macchina avevo l'ultimo dei Madness che mi prende bene, soprattutto "Mr Apples", che mi ha accompagnato mentre mi avvicinavo a Cittadella.
Parcheggiato nelle stradine residenziali, incontro con i soci davanti al cancello della tribuna est e via dentro al Tombolato: Cittadella - Verona!
Squadre come l'Hellas fanno bene al calcio, muovono tifosi, creano l'atmosfera giusta per approcciarsi nel migliore dei modi alla partita.
Ti capitano tutte 'ste partite contro squadre mai sentite prima che non hanno un briciolo di storia, miracoli sportivi dei miei coglioni con dietro presidenti dal portafoglio gonfio. Per me questo non è calcio: non c'è sugo nel vederti una partita senza tifoseria avversaria, senza la minima atmosfera, con poca gente silenziosa sugli spalti.
Stasera al Tombolato è una partita di vertice, dovrebbe essere una bolgia: invece i tifosi locali cantano quasi sottovoce per non disturbare, i veronesi non si sentono causa acustica inestistente dell'impianto.
Comunque è bello anche così,  chè il gioco in campo è di livello, e solo nel primo tempo vediamo 5 gol totali, 4 per il Cittadella e uno per il Verona.
Mi arriva voce che i veronesi sono arrivati in treno e allora penso che, finita la partita, mi piacerebbe andare in piazzale della stazione e vederli tornare in corteo.
Secondo tempo tranquillo, mezza rissa in gradinata vicino a noi, un altro gol Cittadella, una sigaretta e quattro risate.
Poi tutti al Cetra, pinta di Guinness, molti saluti, c'è gente che canta per la vittoria.
Facciamo un salto al Circolo Quadro, scendo le scale e c'è un gruppo reggae che sta suonando "Marcus Garvey" dei Burning Spear, pezzo della madonna, ho comprato una compilation della Trojan Records a Londra proprio due mesi fa, dove c'è anche questo pezzo che mi prende un sacco.
Ci beviamo un sacco di birre, i discorsi scivolano via tra calcio, cibo, musica, politica, la notte è giovane, è il nostro "casual friday".

lunedì 2 maggio 2016

BUZZCOCKS - NEW AGE - RONCADE (TV) - 29/04/2016



Settimana strana, raffreddore, malesseri di stagione, mezza febbre: io, comunque, è già dal lunedì che ho in testa il concerto dei Buzzcocks al New Age.
Mi riascolto il loro ultimo album, l'ottimo "The Way" del 2014, e penso che ultimamente sto prendendo una bella media: terza volta che li vedo negli ultimi quattro anni. Beh, a dire il vero mi piacerebbe vederli anche ogni sei mesi, però tocca accontentarsi di quello che passa il convento.
Mi bevo una bella bionda media col mio socio e quando i Buzzcocks salgono sul palco sono contento come un bambino.
Partono con "Boredom", caratterizzata dal suo classico assolino stupido e alla fine ci attaccano subito il basso di "Fast Cars", primo pezzo di quel grande album che è "Another Music in a Different Kitchen".
Io sono davanti a Steve Diggle, il mitico Steve che non sta fermo un attimo e sembra un ragazzino di sessant'anni con una sacco di vitalità da spendere, mentre Pete Shelley sembra un attimo più sulle sue.
Fanno "I Don't Mind" e tutti a fare il coro e poi sorprendono inserendo "Totally from the Heart" da "All Set" del 1996, quasi un pezzo di culto.
La lunga suite kraut di "Moving Away from the Pulsebeat" è un mantra circolare che non ti fa stare fermo un secondo, sentita adesso sembra quasi un anticipazione danzereccia di quella che diventerà Manchester alla fine degli '80 con l'Hacienda e l'indie dance.
Mi salgono dei flash, tipo il racconto intitolato "Pete Shelley" su una raccolta curata da Nick Hornby, che parla di Inghilterra fine '70, adolescenti con gli ormoni in esplosione che ascoltano i Buzzcocks e gli Adverts, e Pete Shelley ora è proprio davanti a me e questi sono i Buzzcocks.
"Promises" è una delle mie canzoni preferite di sempre, il testo, i coretti; "Noise Annoys" mi ricorda l'autunno delle superiori, quando tornavo da scuola, mettevo su "Singles Going Steady" e mi stendevo sul letto ad ascoltarlo, ottobre/novembre.
Insomma, i Buzzcocks sono un pezzo di cuore, ma questo l'ho sempre saputo. Per me hanno sempre rappresentato qualcosa di più di una semplice band di cui ti piacciono le canzoni: il look, i testi, le melodie, le grafiche, tutto eccezionale.
Chiudono con la bomba punk '76 "Time's Up", prima di rientrare e stendere tutti con "What Do I Get/Orgasm Addict/Ever Fallen in Love/Harmony in My Head".
Alla fine penso che mi piacerebbe andare anche il giorno dopo a Cervia e poi continuare a seguirli lungo tutto il tour europeo: torno a casa e mi addormento col sorriso.

domenica 6 marzo 2016

JOE JACKSON @ TEATRO CORSO - MESTRE - 04/03/2016



Nel mio immaginario la figura di Joe Jackson è legata a doppio filo con quella di Pier Vittorio Tondelli: lo scrittore emiliano, infatti, ne scrisse sia su "Rimini" che su "Camere Separate", sul primo addirittura citando una sua frase in apertura di libro.
Erano gli anni '80, e l'artista inglese era sicuramente una figura di spicco nel panorama musicale di allora, forte di diversi ottimi album disclocati nel periodo 1979/1986.
Fa ora tappa a Mestre, in un Teatro Corso gremito, per presentare la sua ultima fatica, "Fast Forward", eccellente disco che sembra restituire almeno un pò della magia dei tempi d'oro.
La primissima parte di concerto lo vede impegnato a rileggere, in solitaria alla tastiera, pagine importanti come "It's different for girls", "Hometown", "Be my number two", oltre alla titletrack "Fast Forward"; a partire dalla classica "Is she really going out with him?" viene raggiunto sul palco dai compagni di band (chitarra/basso/batteria) e insieme iniziano a macinare una scaletta che non fa prigionieri.
Ci sono i sapori funky 80's di "You can't get what you want", il reggae punk '79 di "Sunday papers", la pulizia pop rock di "Junkie diva" e "A little smile", la New York connection di "Another World", il tutto eseguito con una perfezione stilistica da campioni, con il piano/tastiera che conferisce una certa raffinatezza globale all'insieme.
Anche a livello estetico il quartetto è un bel vedere: vestìti bene, sobri, zero pacchianate, giusto una sciarpa biancoblu del Portsmouth annodata alla tastiera che fà molto passione working class inglese.
Graham Maby, il bassista storico di Jackson con lui dai primissimi tempi, regge la scena in maniera impeccabile sia a livello ritmico che visivo.
Molto divertenti inoltre i siparietti che Joe Jackson concede tra i brani, qualche numero di caro vecchio british humour che me lo rendono affettivamente simpatico.
C'è spazio anche per un omaggio a David Bowie con "Scary Monsters (and super creeps)": noto anche la scritta "Bowie" fatta sul nastro adesivo su un cassone nelle retrovie del palco.
L'unico piccolo neo, se vogliamo, è una rilettura lenta e un pò spenta di "Steppin' Out", praticamente il suo brano più famoso direttamente dal capolavoro "Night & Day" del 1982: l'esecuzione original penso avrebbe incontrato maggiormente i consensi del pubblico, ma tutto sommato è solo un piccolo cavillo in una riuscitissima serata mestrina di inizio marzo 2016.

domenica 6 dicembre 2015

CALIBRO 35 @ VINILE - ROSA' (VI) - 03/12/2015


Concerto infrasettimanale di peso allo storico Vinile di Rosà; i Calibro 35, infatti, sono sicuramente uno dei nomi più caldi nel panorama alternative italiano, forti di una produzione discografica di immutata qualità dagli esordi ad oggi, confermata dall'ottimo "S.p.a.c.e." di fresca uscita.
Alle 23 circa la band sale sul palchetto con il club stipato in ogni ordine di posto, occorre farsi largo per ricavarsi uno spazio da cui poterli intravedere all'opera.
Parte un estratto vocale tratto da un film fantascientifico spaziale anni '60 e sotto i Calibro 35 iniziano a macinare il loro groove che per un ora abbondante alletterà i presenti.
Il quartetto alterna dilatazioni cosmico psichedeliche a travolgenti cavalcate rock jazz funk; uno stile sonoro ovviamente debitore di certa tradizione italiana (leggi Umiliani, Piccioni, Micalizzi) e in cui precisione di esecuzione e tecnica esecutiva la fanno da padrone.
Stiamo parlando di pezzi strumentali decisamente evocativi, che forse risalterebbero più compiutamente se accompagnati a qualche video proiettato sullo sfondo (un crossover tra film polizieschi e fantascientifici, visto che l'ultimo album va a parare proprio da quelle parti) un po' come vidi fare ai Julie's Haircut lo scorso autunno.
Parlano poco sul palco i nostri, anzi proprio non parlano proprio mai, lasciando spazio esclusivamente al ritmo, che coinvolge tutti.
Da segnalare la manciata di pezzi eseguiti assieme alla sezione fiati degli Ottone Pesante (band sperimentale tromba/trombone/batteria che ha aperto il concerto), in cui le melodie, in certi punti, sembravano avvicinarsi stranamente a certe cose degli Skatalites.

domenica 7 giugno 2015

DICTATORS - ALTROQUANDO - ZERO BRANCO (TV) - 05/06/2015


Dopo una lunga assenza si torna all'Altroquando di Zero Branco, mitico locale incastonato tra le provincie di Treviso, Padova e Venezia.
L'occasione è di quelle ghiotte: ci sono i Dictators, storico gruppo di culto formatosi a New York nel 1973 e arrivato al debutto con lo splendido album "Go Girl Crazy" nel 1975, in anticipo su tutti i gloriosi esponenti della scena newyorkese.
Rock stradaiolo dai ritmi medi, rock'n'roll scarnificato, proto punk, suonato da una band vestita con jeans, maglietta e sneakers; c'erano anche altri quattro ragazzi, a pochi isolati di distanza, che iniziavano a fare qualcosa di simile a modo proprio, i Ramones.
Insomma c'è attesa, e intorno alle 22.30 la band sale sul palco; la prima parte di show è tutto sommato noiosa, contrassegnata da uno scialbo hard rock e da un suono generale che sembra non rendere al meglio.
Ci si inizia a muovere giusto con "Who will save rock'n'roll", che fa battere il piedino ed agitare le gambe.
Nel frattempo studio un pò il quintetto, il cantante Handsome Dick Manitoba con capellino in lana del Bronx anche se ci sono 40 gradi, il capellone Ross the Boss e la seconda chitarra Daniel Rey (in sostituzione del membro originario Andy Shernoff), produttore di alcuni album dei Ramones (nonchè co-compositore di alcuni pezzi degli stessi).
Forse una band un pò tamarra, ma un amico mi fa notare che se non fossero così non si chiamerebbero "Dittatori".
La seconda parte dello show va decisamente meglio, le canzoni iniziano ad essere di un certo livello ("Cars and Girls", "Faster and Louder") e contribuiscono decisamente ad alzare la media voto finale.
Un concerto onesto, dai; fosse per me avrei preferito che mi suonassero quasi interamente "Go Girl Crazy", aggiungendo i pezzi migliori dagli altri tre album e buonanotte ai suonatori, però ci si accontenta e ci si diverte comunque in questa calda serata di inizio giugno, e quindi va bene così.

giovedì 14 maggio 2015

PYJAMARAMA + MULETA - RICKY'S PUB - ABBAZIA PISANI (PD) - 09/05/2015



Metti una sera in provincia, Milan - Roma sul divano di casa e poi via al Ricky's Pub di Abbazia Pisani.
Stasera suonano le due incarnazioni dei Melt post scioglimento, i Pyjamarama e i Muleta: sono curioso, soprattuto dei primi che non ho mai visto.
Nei Pyjamarama ci sono Teo e Diego, basso/voce e batteria di casa madre Melt, nei Muleta Teno, l'ex chitarra.
I Pyjama, in termini sonori, sono praticamente la continuazione degli ultimi Melt, forse solo un attimo più diretti. Rock punk cantato in italiano, melodico e non banale.
Bevo una birra e penso ai Melt, al fatto che anni fa emergevi se eri valido senza tanta fuffa promozionale, c'erano ragazzi che seguivano il genere e in qualche modo ti premiavano con il passaparola, passando la cassetta all'amico e roba così.
Succede ancora qualcosa di simile là fuori? Non saprei.
I Muleta li avevo visti tempo fa e stasera li ritrovo più compatti, un bel suono elettrico dato dalle due chitarre e caratterizzato dall'assenza di basso: punk scarno e sonico, legato all'urgenza espressiva con un attitudine che mi piace.
I presenti apprezzano e si godono le vibrazioni.

martedì 3 febbraio 2015

EX CSI - NEW AGE - RONCADE (TV) - 31-01-2015




Circa un paio di anni fa, il buon Massimo Zamboni ha deciso di richiamare a sé i compagni musicisti con i quali condivise l'esperienza Csi (compresa l'epoca tardo Cccp) e insieme hanno ricominciato a girare la penisola con frequenza, inizialmente concentrandosi maggiormente sul repertorio della band madre ("30 anni di Ortodossia"), spostandosi ora sulla continuazione Csi.
Ovviamente non è presente Giovanni Lindo Ferretti, sostituito nel ruolo da Angela Baraldi; Ferretti con cui c'è stato si un riavvicinamento di recente, ma evidentemente i tempi sono poco maturi per una reunion completa del Consorzio (ammesso che ci sarà mai).
I Csi, storicamente, iniziavano laddove terminavano i Cccp, solcarono tutti gli anni '90 pubblicando tre album di studio e raggiungendo un ampio consenso di pubblico e critica, per terminare poi la corsa nel 2001, con Ferretti che darà vita ai Pgr mentre Zamboni proseguirà da solista.
Fuori fa freddo, il New Age è bello pieno e alle 23 circa sale sul palco la band tosco-emiliana; "A tratti" è il primo brano in scaletta, ritmo circolare e declamazioni mantriche, seguita dall'esplosione rock elettronica di "Forma e Sostanza" con una Baraldi in grande forma.
Rispetto alla quasi caotica esibizione che avevo avuto modo di vedere al Festival di Radio Sherwood nel 2013, basata perlopiù sul repertorio Cccp, noto subito un paio di concetti: che l'esibizione in un posto chiuso giova al suono e alla compattezza del tutto e che forse, nell'insieme, le canzoni dei Csi meglio si adattano ad una riproposizione live con strumentario classico (chitarre/basso/batteria/tastiera), rispetto allo scarno punk di scuola Cccp.
In un abbondante ora e mezza, il pubblico del New Age ha modo di esaltarsi con tutti i grandi classici, da "Unità di Produzione" a "Linea Gotica", "Annarella" e "Depressione Caspica" recuperate dagli ultimi Cccp prima del gran finale affidato a "M'importa una sega", rock punk quadrato che scatena l'entusiasmo dei presenti.
I bis non vengono concessi, o meglio Canali dice che non gradisce "la farsa che noi usciamo e voi ci richiamate, così questi sono i bis!": una nuova composizione, "Il nemico", legata al nuovo progetto Ex-Csi "Breviario Partigiano" (libro+cd+dvd legati al tema della Resistenza) e una dilatata "Buon anno ragazzi" chiudono il sipario su una serata davvero riuscita. "Nessuna garanzia per nessuno".

mercoledì 3 dicembre 2014

RICHIE RAMONE @ GRINDHOUSE - PADOVA - 01/12/2014




Alla fine il buon Richie Ramone ha deciso di prendere l'aereo e di venire a fare un bel pò di date in Europa, e ciò non può che essere un bene per qualsiasi fan dei Ramones; ovviamente parlo dei veri fan, quelli che conoscono a memoria la sequenza degli album dal 1976 al 1996, che sanno come sono andate le cose e tutto il resto, gli altri si ascoltino pure Virgin Radio.
Detto questo, il Grindhouse è in una zona di Padova che non conosco, periferia est della città, zona di grigi uffici e strade deserte; è lunedì sera e fa freddo.
In compenso dentro il locale siamo quasi un centinaio e passata la mezzanotte Riccardo si concretizza nel piccolo palco: capelli tinti di nero, chiodo, all star rosse.
Tre album a metà degli anni '80 per lui, forse il periodo più duro per i Ramones, ma tutto sommato tre buoni dischi, tosti e diretti.
Ovvio che si pensi che la scaletta vada a pescare principalmente da quel trittico, considerando che Richie scrisse anche alcuni pezzi durante la sua permanenza in terra ramonica, ed effettivamente si vedrà giusto con somma gioia per le orecchie.
"Somebody put Something in my drink", "Animal Boy", "Smash You", "I Know better now" è davvero un piacere sentirle, materiale non scontato che un seguace snob dei Ramones come il sottoscritto non può che apprezzare di brutto.
Qualche pezzo del suo album solista, "Entitled" (2013) che mi ricorda paurosamente Iggy Pop e qualche classicone dei fratellini fa si che l'esibizione scivoli liscia e senza sbavature.
A dire il vero l'unica virgola è che forse si poteva trovare un buco per "Bonzo goes to Bitburg", ma tant'è, forse Richie è repubblicano mi dico tra me e me.
Un' occhio alla band: il chitarrista sembra provenire dall'oltretomba, mentre la bassista sembra una che frequenta rave e mangia pastiglie (il che mi mette addosso un pò di inquietudine, come certi estremi avventori del locale).
In confronto Dee Dee e Johnny sembravano bravi ragazzi.
Comunque nel complesso serata positiva: forza Richie!


martedì 19 agosto 2014

EDDIE & THE HOT RODS - FESTA RADIO ONDA D'URTO - BRESCIA - 15/08/2014


Sempre carina la festa di Radio Onda d'Urto a Brescia; parcheggio gratis, ingresso gratis dalle 19.00 alle 20.00 (dopo 5 euro), prezzi onesti di cibo e bevande.
Unico appunto il terreno ghiaioso in cui si svolge il tutto: anche se preferisco il verde, questa volta tiferei asfalto.
Sono a Brescia per gli Eddie & the Hot Rods, band leggendaria dell'epoca immediatamente precedente all'esplosione del punk inglese, anche se poi lo cavalcò con eccellenti risultati (l'album "Life on the Line" ad esempio).
Alle 21.00 salgono sul palco i Mugshots, band bresciana che mi sembra influenzata da Alice Cooper, quantomeno nel trucco del cantante: non mi prendono e ne approfitto per fare un giro tra le bancarelle.
Seconda band spalla sono gli Apers, quartetto olandese che conosco marginalmente dall'epoca in cui Screeching Weasel e Queers erano il mio pane quotidiano. In realtà gli Apers sono una brutta copia delle band in questione, non so neanche perchè riescano a suonare frequentemente in Italia quando è chiaro che ci sono parecche band italiane pop punk/punk rock più interessanti di loro. Esterofilia allo stato terminale? Probabile. A me sembrano scontati e noiosi, magari ad un sedicenne sembreranno imprescindibili.
Verso le 23.00 salgono sul palco Eddie & the Hot Rods: sono in quattro e il sessantenne Barrie Masters alla voce mi sembra bello in forma, un gentleman inglese che sembra aver studiato qualcosa alla scuola di spettacolo "Rod Stewart".
I pezzi storici ci sono tutti, "Teenage Depression", "Quit this Town", "Life on the Line", inframezzati dalle cover storiche suonate dai nostri, "Gloria" e "The Kids are Alright".
Si divertono e fanno divertire i presenti, compreso il solito gruppo di punkabbestia che farebbe casino anche se ci fosse una motosega amplificata, aiutati da superalcolici mal miscelati.
Finale con l'hit "Do anything you wanna do" e l'inaspettata cover di "Born to be Wild". Ai bis la sola "Steppin' Stone" dimostra che quelle sono le canzoni in scaletta, e bisogna accontentarsi.
Nel complesso promossi, me li vedrei bene in un bel pub in autunno.

giovedì 3 luglio 2014

DENIZ TEK - CASCINA IRMA - ZANE' (VI) - 01/07/2014




Cascina Irma non è nient'altro che il cortile della Biblioteca di Zanè, a due passi da Thiene: bello.
Mi ricordo che quando andavo all'Università praticamente ci vivevo alla Biblioteca di Cittadella, e sicuramente non mi sarebbe dispiaciuto fermarmi anche alla sera se ci fosse stato Deniz Tek dei Radio Birdman.
Aprono la serata le Shanti Shanti, un quartetto femminile che propone un buon garage pop che mi piacerebbe ascoltare sdraiato su una spiaggia californiana.
Poi Deniz Tek, accompagnato da due gemelli italo americani (qualcuno azzarda siano pizzaioli al Queens..) al basso e alla batteria.
Beh, i Birdman sono leggenda e lui il suo posto nell'olimpo r'n'r ce l'ha ben saldo.
Fa la sua roba e nel mezzo piazza qualche pezzo della casa madre, tipo "Murder City Nights", "All Alone in the Endzone" e "Snake"(una delle mie preferite).
Nel finale arriva l'inaspettata e graditissima cover dei Vibrators, "Whips & Furs"; termina con "Hand of Law".
Tutto bello, però all'appello mancano alcuni pezzi davvero imprescindibili se si parla di Radio Birdman: "Aloha Steve & Danno", "New Race", "Do the Pop".
Un po' come se Marky Ramone viene e non fa "Blitzkrieg Bop".
Comunque lui mi è sembrato in formissima: atletico, barba rasata, curato.

lunedì 19 maggio 2014

DIAFRAMMA - VINILE - ROSA' (VI) - 17/05/2014



Magari è destino che i Diaframma me li debba vedere sempre da solo, non so; sta di fatto che anche stasera (è la quarta volta che li vedo) parto alla volta del Vinile in compagnia di me medesimo.
Mi ritorna in mente quella frase di Tondelli su “Biglietti agli Amici” in cui porta se stesso in giro per l’Europa: ecco, più o meno ci siamo.
Per indorare un attimo la pillola, gli organizzatori hanno deciso di creare un evento a supporto del serata, chiamata “Joy Division Ceremony”.
Ovvio che quindi l’atmosfera non sia esattamente da Toga Party, ma la cosa mi va anche bene dato che sicuramente mi sentirei a disagio in una festa dove tutti fanno finta di divertirsi.
Qua non abbiamo di questi problemi, dato che l'ambiente mi sembra decisamente tranquillo e piatto, clima ideale per un cane sciolto come il sottoscritto che si piazza a bere una birretta (prezzi altissimi) vicino alla scala dei cessi.
Ogni tanto tiro fuori il telefono e fingo di avere relazioni sociali, in realtà faccio una partita a Snake.
Vedo Fiumani al banchetto dei cd, ma neanche ci penso di avvicinarmi e scambiare due parole, dato che ultimamente seguo la linea del “non parlare ai componenti dei gruppi che ascolto”.
Tempo una mezzoretta e il concerto inizia: mi piazzo giusto davanti al palchetto, posizione di privilegio.
Dopo qualche pezzo noto che la scaletta sembra essere composta in larga misura da canzoni degli anni ’80: roba cupa, pura new wave italiana.
“Siberia” arriva quasi subito e raccoglie il meritato entusiasmo del pubblico
Poi un coglionazzo davanti a me decide di alzare entrambe le braccia per riprendere col cellulare (pratica odiosa), in modo che praticamente non veda niente, e complice anche il caldo decido di trasferirmi in balaustra tirandomi su il cappuccio per il getto d'aria continua del bocchettone dietro me.
Sostanzialmente i picchi della scaletta anni '80 sono la già citata "Siberia", "Amsterdam" e personalmente ci metto anche "Neogrigio" che è una delle mie preferite.
Non fanno "Tre Volte Lacrime" che è un pezzone, e verso la fine si passa anche a qualche pezzo non necessariamente in linea con la "Joy Division Night", tipo "L'Odore delle Rose" e la classica "Gennaio".
Vengo raggiunto da un paio di amici .
Il concerto dura veramente un sacco di tempo, circa due ore, insomma c'è di che ascoltare.
Bello, anche se probabilmente li preferisco con una scaletta più varia sin dall'inizio.