mercoledì 19 settembre 2012

ASOLO FREE MUSIC FESTIVAL – VENERDI 14 SETEMBRE - 2012


La serata di venerdì dell’Asolo Free Music Festival si colloca a chiusura di una primavera/estate che dal punto di vista concertistico mi hanno dato molte soddisfazioni.

C’ero già stato lo scorso anno ad Asolo per gli Skatalites e già allora mi sorgevano spontanee alcune considerazioni, del tipo: come fanno questi ragazzi a permettersi di organizzare un festival che ogni anno riserva in programma bei nomi, non facendo sborsare un euro al pubblico?

Siamo fortunati ad avere ancora situazioni tipo l’Asolo Free Festival ad ingresso gratuito, con la possibilità di trascorrere un paio d’ore al top.

Location importante e livello qualitativo sempre medio alto.

Poi, personalmente, sono contro la totale gratuità; o meglio, sarei a favore, ma a determinate condizioni che denotino un minimo di coscienza da parte del pubblico.

Sei consapevole dello sforzo organizzativo fatto per darti la possibilità di entrare gratis?

E allora spendili qualche euro al bancone delle birre.

Ti piace il gruppo? Allora prenditi il cd o la maglietta.

Cose del tipo portarsi le birre da casa ad un concerto gratuito sono mosse da avvoltoi, poi se le cose andranno male ci rimetterà chi è realmente interessato a questi eventi.

Detto questo, il primo gruppo che mi becco sono i Jennifer Gentle con un paio di membri dei Verdena: la serata non inizia sotto ai migliori auspici, per il sottoscritto, se per un’ora mi tocca sorbirmi canzoni in cui non trovo nessun motivo perché mi piacciano almeno un po’.

Mi sembra che sotto il palco ci siano ragazzine più interessate al fatto di trovarsi davanti qualcuno dei Verdena piuttosto che altro; addirittura una tipa che avrà vent’anni sale sul palco dal retro e si agita tutta con i soliti gesti da ragazzina perché emozionatissima di stare vicina ad uno dei Verdena.

“Cioè, non ci posso credere, è stupendo, cioè”.

L’ambiente è organizzato con due palchi: uno di grandi dimensioni ed uno che ricolloca il tutto ad una dimensione umana che apprezzo, tipo palco da club.

I Vindicators si esibiscono proprio sul secondo palco e danno vita ad un’esibizione davvero coinvolgente.

Riformatasi da poco, la band bassanese nacque nella seconda metà degli anni ’80 dopo l’esperienza dei Frigidaire Tango.

Probabile che dopo gli anni del grande gelo con i Frigidaire Tango i ragazzi volessero solo divertirsi un po’ suonando un rock’n’roll da party band.

E lo fanno molto bene: età media intorno ai cinquant’anni, zero paranoie, pezzi in rapida successione, energia e divertimento.

Il pubblico apprezza l’intensità del sestetto, un crescendo che ha il suo culmine nella parte finale del loro set dove i freni inibitori si sciolgono definitivamente sopra e sotto il palco.

La parte finale della serata è affidata a Pete Best e al gruppo che lo accompagna:

una band onesta, da pub, da ascoltarsi preferibilmente un venerdì sera d’autunno/inverno in un Irish Pub di provincia.

Rock’n’roll di prima mano, quello suonato dai Beatles nelle serate trascorse nei bassifondi di Amburgo, per sbarcare il lunario ed accumulare esperienza.

Sulla vicenda di Pete Best sono state scritte migliaia di parole; posso solo dire che bisogna essere bravi ad incassare il colpo di un allontanamento da una band, che poi sarebbe diventata la più famosa al mondo, un attimo prima che esploda.

Il buon Pete probabilmente se n’è fatto una ragione anni orsono; la storia sa essere crudele e richiede pure i suoi personaggi minori.


venerdì 7 settembre 2012

I GIORNI DELLA VENDEMMIA


“I giorni della vendemmia” rappresenta l’esordio in cabina di regia per il ventiseienne emiliano Marco Righi, che si presente al pubblico con un film dalla sceneggiatura decisamente affascinante.

Siamo nella campagna reggiana e l’anno è il 1984.

Il film ruota attorno ad una normale famiglia, composta da madre cattolica, padre socialista e figlio diciassettenne, Elia, un tranquillo ragazzo “di campagna”.

Già con queste caratteristiche Righi riesce a tratteggiare un preciso contesto sociale, nello specifico le due anime dell’Emilia di quegli anni, quella socialista e quella cattolica, entrambe molto presenti ed organizzate nel territorio.

Il ragazzo, Elia, viene rappresentato a metà tra due tendenze: da una parte la voglia di novità e di avventura, dall’altra una mentalità semplice, quasi “ingenua” nel senso positivo del termine, legata al territorio e ai ritmi lenti e pacifici della campagna.

Settembre è il mese di vendemmia, e per la raccolta dell’uva verrà a dar man forte alla famiglia una ragazza, Emilia (presumo intorno ai venticinque anni, nel film non viene mai specificata l’età se non che sta realizzando la tesi di laurea), molto libertina nei modi, che sconquasserà un po’ la vita di Elia.

Ad un contesto che personalmente trovo molto indicato per la sceneggiatura di un film ( e tuttavia non da molti utilizzato nel panorama italiano, se non solamente da Pupi Avati), va aggiunta, come punto di forza del film, la cura dei particolari.

La figura di Pier Vittorio Tondelli (la frase in apertura, “Altri Libertini” sul comodino del protagonista) e l’immersione stilistica nel bel mezzo degli anni ’80 appaiono sicuramente come ben riusciti.

A questi, però, vanno contrapposti quelli che ho trovato essere i punti deboli della pellicola.

Un’eccessiva lentezza nella parte iniziale (non sopperita, peraltro, dalla qualità dei dialoghi, decisamente basilari) e una staticità generale che poche volte viene interrotta.

Inoltre trovo che un maggior approfondimento di alcuni personaggi, come il padre oppure il ritorno estemporaneo del fratello maggiore, avrebbero sicuramente fatto bene all’insieme.

Nel complesso, comunque, non c’è motivo di essere eccessivamente critici: è il primo lavoro di un giovane regista ed è assolutamente giusto concentrarsi sul bicchiere mezzo pieno e su quanto di positivo emerge dal tutto.


sabato 1 settembre 2012

LE MAGLIE DELLA SERIE A - 2012/13


Nuova stagione e nuove divise da gioco, andiamo a vederle nel dettaglio.

Atalanta: decisamente brutta, con tre strisce verticali davvero troppo larghe e quadrato dello sponsor principale che occupa molto spazio. Nella parte superiore stemma sociale posto al centro, scelta che giudico sempre negativamente, dato che dovrebbe stare a sinistra come tradizione vuole, però, guarda caso, a sinistra c’è posto per un altro quadratino con lo sponsor.

Bologna: strisce larghe, assenza di colletto e doppio sponsor centrale non possono che far pendere il giudizio verso l’insufficienza.
Di solito è difficile che la Macron faccia robe carine, non so neanche perché continui ad avere lavoro visto che la qualità estetica non è certo tra i punti cardine dell’azienda, ma forse delle cose fatte bene non frega più a nessuno.

Cagliari: senza colletto, al limite, va bene la muta da subacqueo, a casa mia. Per il resto una maglia abbastanza inutile, di cui nessuna sentirà la mancanza quando verrà rimpiazzata.

Catania: sembra una di quelle maglie che compri in stock per la squadra giovanile del tuo paese o per fare la squadra di calcetto al torneo della polenta.

Chievo: vedi Catania

Fiorentina: davvero brutta. Sponsor principale con troppa visibilità, stemma sociale al centro..forse è meglio che la Joma torni al “dorato” mondo del calcio a 5.

Genoa: entra nel podio come tra le più belle. Metà rossa e metà blu, stemma sociale a sinistra, sponsor tecnico a destra e pochi cazzi.
Non bisogna aver fatto un patto con Dio per concepire una maglia decente.

Inter: una delle poche maglie oramai classiche di questi anni 2000. Difficilmente cambia stile, e questo è un bene.
Essenziale e con uno sponsor che con la trovata della P lunga è di per sé una bella cosa da vedere.

Juventus: le scrittine sulle maglie tipo “30 sul campo” non mi piacciono per nulla.
Brutto il riquadro nero con lo sponsor della Jeep e brutto lo scudetto al centro.
Lo scudetto va in alto a sinistra con sopra le due stelline.

Lazio: lo scorso anno aveva la maglia più bella della serie A, quest’anno compie dei notevoli passi indietro, passando dalla Puma alla Macron che disegna un autentico obbrobrio.
Marca dello sponsor tecnico e simbolo sociale posti entrambi nella parte centrale superiore, come se si equivalessero.

Milan: con quel collettone bianco puoi andare al massimo in discoteca a Cervia nel 1998. Per il resto non sarebbe neanche male, a parte la modesta scritta “Il club..”.

Napoli: doppio sponsor centrale, il giudizio è negativo. Qualcuno li avvisi che ce ne sta un altro, volendo.

Palermo: con i colori sociali che si ritrova è difficile fare qualcosa di carino, visto che la maglia rosa se la mettono i peggiori truzzi del quartieri.
Però nel complesso è fatta bene, essenziale e classica.

Parma: nera con la croce bianca, maglie del genere sono sempre impegnative perché molto appariscenti.
Comunque non male, stemma e sponsor tecnico al loro posto quindi ok.

Pescara: togliessero l’inutile sponsor posto tra stemma sociale e sponsor tecnico, mettessero un azzurro un po’ più decente, lascassero le strisce pure sulle maniche, con i se non si va da nessuna parte.

Roma: È la maglia della Wind o della Roma?
No perché lo spazio dato allo sponsor sembra davvero spropositato. Brutta.

Sampdoria: qua, a differenza di quanto dicevo per il Palermo, i colori sociali aiutano già di per sé a creare un’ottima maglietta.
Questa però è priva di colletto, ha la scritta “Kappa” quasi su una spalla (le abbiamo viste davvero tutte) e inoltre ha uno sponsor che, è proprio il caso di dire, sporca la maglia, nel senso dispregiativo del termine.

Siena: una maglia così non la prenderei neanche al mercatino dell’usato a 3 euro. La Kappa fa disegnare le proprie maglie agli stagisti?

Torino: una delle peggiori. Colletto non pervenuto, scritta kappa sulla spalla, aderentissima e tocco finale la scritta “Aruba.it” sotto lo sponsor tecnico.

Udinese: quest’anno la situazione sembra essere un minimo migliorata dopo stagioni inguardabili (sotto il profilo della maglia).
Se si alzasse lo stemma sociale, si spostasse la scritta Legea al suo posto (cioè a sinistra) e si riducesse la larghezza della strisce sarebbe decente. Così non la regalerei mai all’ipotetico cugino da Udine.