domenica 30 dicembre 2012

COLPO GOBBO NELLE HIGHLANDS


Gang of Four!

IL MEGLIO DEL 2012 - DISCHI



Anno che volge al termine e quindi tempo di stilare liste.
Ecco un elenco, senza pretese classificatorie, di dischi usciti nel 2012 che ho apprezzato particolarmente.

Dischi Italiani

Diaframma – Niente di Serio 

Decisamente un buon album per una band che rappresenta la storia del rock italiano.

Nel disco in questione vengono rappresentate alla perfezione le due anime del gruppo fiorentino, quella più rock e quella più riflessiva.

Offlaga Disco Pax – Gioco di Società 

Oramai sono una certezza del panorama italiano.

Immaginario forte e dischi sempre ben fatti.

Karibean – Andersen 

Italiani, scoperti quest’anno, stupiscono per il pregevole incrocio tra Ramones/Beach Boys/ Pastels, il tutto suonato come lo suonerebbe una misconosciuta band inglese epoca C86.

A Classic Education – Call it Blazing!

Un disco perfetto. Qua dentro ci sono canzoni che suonano decisamente senza tempo, pregne di melodie indimenticabili.

Un gruppo bolognese che se la gioca in tutto il mondo.

Dischi Stranieri

Prinzhorn Dance School – Clay Class 

New Wave cupa, glaciale e stilosa; da ascoltarsi in cuffia mentre si attraversano a piedi deserte ghost towns post industriali.

Jah Wobble. Keith Levene – Yin & Yang 

Parecchio solido quest’album dei due ex Pil.

Atmosfere Dub Rock metropolitane.

Jake Bugg 

Sorprende in positivo l’esordio di questo sbarbato diciottenne inglese.

Canzoni classicissime che odorano di Beatles e Brit Pop.

Paul Weller – Sonic Kicks 

La aspettavo attentamente questa nuova uscita di Paul Weller; risultato che convince per metà, visto che all’interno qualcosa di buono c’è, ma spesso è accompagnato da esperimenti non all’altezza della situazione.

Da segnalare anche: 

Bruce Foxton (l'ho ordinato e sto aspettando di riceverlo, ma da quel poco che ho sentito sembrerebbe parecchio interessante), Madness (album carino ma non memorabile), Tre Allegri Ragazzi Morti (buon album, a metà tra lo stile classico della band e cose più nuove), Cribs (qualche pezzo britpop degno di nota, altri meno), Vaccines (mi piacciono a sprazzi).

giovedì 20 dicembre 2012

ENRICO BRIZZI - L' INATTESA PIEGA DEGLI EVENTI

Un libro corposo, segnato da uno stile pulito, per uno scrittore che inizio ad apprezzare sempre di più.
E' il secondo libro di Enrico Brizzi che leggo: il primo, "La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco", pur essendo un excursus per lo scrittore bolognese, lo avevo trovato divertente ed interessante.
Qui siamo nel 1960: la seconda guerra mondiale è terminata in un altro modo rispetto alla versione originale e il fascismo persiste, seppur con modalità leggermente meno totalitarie.
Il buon Lorenzo Pellegrini, trentenne giornalista sportivo bolognese, viene inviato nelle Repubbliche associate Africane (nello specifico Etiopia ed Eritrea) per seguire da vicino la Serie Africa, campionato calcistico locale.
Lo attenderà una realtà a suo modo moderna, vivace, attiva.
Aregai è un basettone, me lo vedrei bene a ballare Ska e Rocksteady con gli Skinheads a Londra nel '69, mentre Cumani è un giocatore working class che raffigurato sulla copertina mi ricorda vagamente Roberto Pruzzo.



martedì 4 dicembre 2012

TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI – VINILE – ROSA’ – 29/11/2012



Avevo un po’ perso di vista i Tre Allegri Ragazzi Morti negli ultimi anni; nel mio percorso di appassionato a certi suoni è capitato, e capita ancora, che fasi della vita siano caratterizzate dall’ossessione verso determinate band.
Dai quindici ai vent’anni una delle band per me più importanti furono proprio i Tre Allegri Ragazzi Morti.
Sembra il solito discorso che poi cresci, maturi e cambi ascolti; in realtà è andata che certe tematiche adolescenziali ad un certo punto mi sembravano un po’ stagnanti e da “film”.
Capita. 
Probabilmente era necessaria una fase di allontanamento per poi poter osservare il quadro nel suo insieme più ampio, da esterno se vogliamo, perché se è vero che la tematica portante del gruppo pordenonese  è l’adolescenza e i suoi risvolti, è anche vero che la mia, almeno anagraficamente, è finita da qualche anno.
Allora le tematiche si riescono a guardare sotto un’altra stella, in grado di comprendere e decifrare il tutto sotto un ottica quasi sociologica se vogliamo: Tre Allegri Ragazzi Morti, una band, un immaginario forte che resiste negli anni, un gruppo non identificabile in maniera ortodossa con un genere perché inventori a loro modo di un qualcosa.
Dal vivo è da parecchi anni che non li vedo, mentre un ascolto ai due album usciti nella seconda metà degli anni 2000 cercavo sempre il modo di darlo, per una sorta di affetto verso la band.
Comunque siamo nel 2012 e i Tarm sono pronti a dare alle stampe il settimo disco in diciotto anni di carriera.
La serata del Vinile viene promulgata via manifesti e social network come un secret show con capienza limitata a 150 ingressi, una sorta di prova generale dove ascoltare in anteprima i brani del nuovo disco “Il giardino dei fantasmi” prima di intraprendere il tour promozionale vero e proprio.
Mi piace l’idea di organizzare un concerto in un giorno ai più insignificante come il giovedì; in città funziona così, non tutti gli eventi sono dipendenti dal venerdì e dal sabato.
Ovvio che però i concerti dovrebbero iniziare e finire ad un’ora umana: solo così avrebbero senso i concerti infrasettimanali.
Al Vinile l’atmosfera è attenta e curiosa e alle 23.00 la band sale sul palchetto del locale.
Partono con “Puoi dirlo a tutti”, brano tratto dal loro ultimo disco “Primitivi del futuro”,disco che ha segnato una virata stilistica verso ritmiche di stampo reggae.
Anche i brani del nuovo disco, ad un primo ascolto, sembrano mantenere un impronta lenta e in levare, con basso tondo e batteria che sembrano usciti da un disco dub.
Canzoni non molto immediate e sicuramente distanti anni luce dalle prime cose del gruppo, canzoni che magari richiederanno più di un ascolto su disco per essere apprezzate in maniera compiuta.
Dopo un’oretta dedicata al nuovo album, parte la scaletta che ripercorre i pezzi noti della band, intramezzata da qualche chicca (tipo “Un altro inverno a Pordenone”) che riscuotono l’entusiasmo dei presenti.
Uno show bello pieno di due ore e alle 01.00 precise il concerto termina, esco per primo dal Vinile e inizia a piovere. La statale è deserta.

mercoledì 14 novembre 2012

STADI D'ITALIA



Un commento per ogni stadio di Serie A.

Atalanta
Non male. Stadio inserito nel contesto cittadino, altrove magari lo avrebbero già sostituito velocemente costruendo un bel 40.000 posti vicino allo svincolo della tangenziale, come capita a molte cattedrali nel deserto.
Ad ogni modo, per migliorarlo ulteriormente, io toglierei i vetri divisori con gli spalti (come  succede nei paesi civili) e oserei con togliere le panchine e inserirle nella parte inferiore della tribuna centrale, come l’esempio dello “Juventus Stadium” insegna.

Bologna
Pur avendo la pista e pur avendo 35.000 posti a sedere di cui almeno 5.000 inutili, è uno stadio con il suo fascino architettonico.
Saranno gli archi esterni e la torre centrale, non so, comunque ha un suo perché.

Cagliari
Dopo il giusto abbandono dello sconcio Sant’Elia (con le tribune davanti prefabbricate davanti a quelle precedenti, robe da Italia) attendo di capire meglio com’è questo “Is Arenas”.
Dalle foto e dalle prime gare disputate non sembra male,seppur limitante nella sua struttura “in tubi”.
Vedremo.

Catania
Non mi è mai piaciuto particolarmente il “Massimino”. Diciamo che mi appare confusionario, e la rete da pescatore posta a protezione del settore ospiti non aiuta certo ad elevare Catania come nuova capitale del buon gusto.
La pista penalizza un po’ tutto l’insieme, che non sarebbe male con le tribune circolari, ma che comunque risultano parecchio distanti dal campo.

Chievo 
Ristrutturato per Italia ‘90, appare tutto sommato di un’altra sostanza rispetto ad altri scempi dell’epoca.
Forse un po’ troppo grande per Verona, tralasciando il Chievo che potrebbe giocare anche al Patronato (parlo proprio dell’Hellas, anche se numeri importanti i butei li fanno sempre), forse l’anello più elevato risulta di troppo.

Fiorentina
Il Franchi soffre un po’ la forma da “Circo Massimo” e con una forma rettangolare sicuramente le curve ci avrebbero guadagnato non poco.
Appello per togliere i vetri divisori, inutili e scomodi.

Genoa - Sampdoria
Marassi sale sicuramente sul podio dei primi tre per struttura e ambiente.
Forse l’unico difettuccio sta nella continuazione delle tribune centrali cinque/sei metri oltre la bandierina del calcio d’angolo.

Inter – Milan
San Siro è sempre San Siro.
Storia e grandezza. Negli ultimi tempi parecchi vuoti non belli da vedere (certo che le Società milanesi avrebbero il dovere morale di abbassare il prezzo dei biglietti) e quelle impalcature, che non capisco bene a cosa servono, poste tra il primo e il secondo anello delle curve.

Juventus
Qua non c’è nulla fuori posto: capienza giusta, vetri divisori non presenti, vicinanza degli spalti.
Speriamo che questo stadio rappresenti l’inizio di nuova era che si contraddistingua per la serietà e lo studio dei progetti, quando in Italia si è sempre storicamente agito al contrario in ambito stadi.

Lazio - Roma
L’Olimpico ha la pista, è vero, però non significa non sia uno stadio fascinoso, che se pieno risulta sicuramente di grande effetto.

Napoli
Mi sembra un po’ invecchiato il San Paolo.
Stadio di fascino, certo, però la pista forse appare veramente di troppo.

Palermo
Anche qua la forma “Circo Massimo” penalizza le curve.

Parma
Un bel stadio il “Tardini”, su misura per una realtà come Parma.
Da prendere come esempio per le realtà con un bacino d’utenza simile.

Pescara
La pista azzurra è un pugno sull’occhio.
Nel complesso stadio fatto male, tribune distanti e con vetri divisori sostanzialmente inutili.

Siena
Un obbrobrio.
Il problema è che le varie tribune prefabbricate non sono state integrate in una struttura coerente, bensì aggiunte a caso.
Un pezzo qua e un pezzetto là.
La curva di casa vicina al campo, l’altra distante. Bah.

Torino
Per essere di recente ristrutturazione forse si poteva fare un po’ meglio.
Non capisco le curve così distanti con venti metri buoni di prato a distanziarle dal campo di gioco.
Paradossalmente le foto del vecchio Comunale pieno (stadio sul quale è stato rifatto ex novo l’Olimpico) in un derby qualunque, mi comunicano un senso di “pericolosità” che nella piattezza dell’Olimpico attuale sarà difficile ritrovare.
Altri tempi.

Udinese
Anche i Pozzo han capito che il “Friuli” non andava bene per una realtà come Udine, dove è vero che la squadra va bene da anni, però lo stadio da 40.000 posti lo riempi tre volte all’anno se va bene.
Tra poco dovrebbero partire i lavori per metterci le mani, ridurre un po’ la capienza e avvicinare le tribune.
Possibile che nessuno ci avesse pensato in fase di progettazione?

mercoledì 7 novembre 2012

NORTHERN UPROAR - TRATTORIA ALTROQUANDO - ZERO BRANCO (TV) - 3/11/2012



E' autunno inoltrato e i concerti estivi hanno lasciato posto da un mesetto abbondante ai live al chiuso.
Nello specifico questo dei Northern Uproar si tiene presso la Trattoria Altroquando di Zero Branco, ambiente raccolto e casalingo nel bel mezzo delle provincie di Treviso, Padova e Venezia.
Chi si ricorda della band mancuniana?
Beh probabilmente qualche fan del Britpop minore anni novanta; fecero uscire un paio di album notevoli sulla scia dei primi Oasis proprio nella seconda metà dei 90's e poi sparirono nel nulla.
Peccato.
Succede spesso nel Regno Unito, dove band apprezzabili durano l'arco di un paio d'anni e poi vengono inghiottiti dallo stesso sistema che aveva provveduto a darli un minimo di notorietà.
Cambiano le mode di stagione e arrivano altre band che faranno esattamente lo stesso percorso dei Northern Uproar.
Ad ogni modo nel 2007 i nostri si riformarono e pubblicarono un nuovo disco passato sotto silenzio praticamente ovunque; da allora sono attivi in maniera sporadica con qualche live all'anno come qualsiasi band da cantina insegna.
La serata alla Trattoria Altroquando me l'ero segnata sul taccuino da un bel pezzo e non volevo perdermela per nessuna ragione.
Tre date italiane in acustico per gli inglesi, un mini tour decisamente di culto, con la band ridotta a un duo che alle 23.30 prende in mano le chitarre acustiche e per mezz'ora buona intona canzoni in cui risaltano a pieno melodie brit spolpate dall'elettricità dei dischi.
Il cantante ha la stazza più del magazziniere che del cantante rock: capelli corti, un bel pò di chili sovrappeso, abiti informali e un paio di adidas ai piedi.
Odio lo stereotipo di musicista rock tutto capelli lunghi/tatuaggi e i Northern Uproar sembrano rispondere a questa mia esigenza.
Non gliene frega nulla di apparire per quello che non sono: sono solamente due lads inglesi che pigliano la chitarra e cantano una decina di canzoni che parlano di vita di periferia e aspettative.
Che poi lo sappiano fare ancora particolarmente bene e che le canzoni suonino splendidamente a quindici anni di distanza, beh, questo non fa altro che aggiungere un bel pò di rimpianto per quello che poteva essere e non è stato.

mercoledì 19 settembre 2012

ASOLO FREE MUSIC FESTIVAL – VENERDI 14 SETEMBRE - 2012


La serata di venerdì dell’Asolo Free Music Festival si colloca a chiusura di una primavera/estate che dal punto di vista concertistico mi hanno dato molte soddisfazioni.

C’ero già stato lo scorso anno ad Asolo per gli Skatalites e già allora mi sorgevano spontanee alcune considerazioni, del tipo: come fanno questi ragazzi a permettersi di organizzare un festival che ogni anno riserva in programma bei nomi, non facendo sborsare un euro al pubblico?

Siamo fortunati ad avere ancora situazioni tipo l’Asolo Free Festival ad ingresso gratuito, con la possibilità di trascorrere un paio d’ore al top.

Location importante e livello qualitativo sempre medio alto.

Poi, personalmente, sono contro la totale gratuità; o meglio, sarei a favore, ma a determinate condizioni che denotino un minimo di coscienza da parte del pubblico.

Sei consapevole dello sforzo organizzativo fatto per darti la possibilità di entrare gratis?

E allora spendili qualche euro al bancone delle birre.

Ti piace il gruppo? Allora prenditi il cd o la maglietta.

Cose del tipo portarsi le birre da casa ad un concerto gratuito sono mosse da avvoltoi, poi se le cose andranno male ci rimetterà chi è realmente interessato a questi eventi.

Detto questo, il primo gruppo che mi becco sono i Jennifer Gentle con un paio di membri dei Verdena: la serata non inizia sotto ai migliori auspici, per il sottoscritto, se per un’ora mi tocca sorbirmi canzoni in cui non trovo nessun motivo perché mi piacciano almeno un po’.

Mi sembra che sotto il palco ci siano ragazzine più interessate al fatto di trovarsi davanti qualcuno dei Verdena piuttosto che altro; addirittura una tipa che avrà vent’anni sale sul palco dal retro e si agita tutta con i soliti gesti da ragazzina perché emozionatissima di stare vicina ad uno dei Verdena.

“Cioè, non ci posso credere, è stupendo, cioè”.

L’ambiente è organizzato con due palchi: uno di grandi dimensioni ed uno che ricolloca il tutto ad una dimensione umana che apprezzo, tipo palco da club.

I Vindicators si esibiscono proprio sul secondo palco e danno vita ad un’esibizione davvero coinvolgente.

Riformatasi da poco, la band bassanese nacque nella seconda metà degli anni ’80 dopo l’esperienza dei Frigidaire Tango.

Probabile che dopo gli anni del grande gelo con i Frigidaire Tango i ragazzi volessero solo divertirsi un po’ suonando un rock’n’roll da party band.

E lo fanno molto bene: età media intorno ai cinquant’anni, zero paranoie, pezzi in rapida successione, energia e divertimento.

Il pubblico apprezza l’intensità del sestetto, un crescendo che ha il suo culmine nella parte finale del loro set dove i freni inibitori si sciolgono definitivamente sopra e sotto il palco.

La parte finale della serata è affidata a Pete Best e al gruppo che lo accompagna:

una band onesta, da pub, da ascoltarsi preferibilmente un venerdì sera d’autunno/inverno in un Irish Pub di provincia.

Rock’n’roll di prima mano, quello suonato dai Beatles nelle serate trascorse nei bassifondi di Amburgo, per sbarcare il lunario ed accumulare esperienza.

Sulla vicenda di Pete Best sono state scritte migliaia di parole; posso solo dire che bisogna essere bravi ad incassare il colpo di un allontanamento da una band, che poi sarebbe diventata la più famosa al mondo, un attimo prima che esploda.

Il buon Pete probabilmente se n’è fatto una ragione anni orsono; la storia sa essere crudele e richiede pure i suoi personaggi minori.


venerdì 7 settembre 2012

I GIORNI DELLA VENDEMMIA


“I giorni della vendemmia” rappresenta l’esordio in cabina di regia per il ventiseienne emiliano Marco Righi, che si presente al pubblico con un film dalla sceneggiatura decisamente affascinante.

Siamo nella campagna reggiana e l’anno è il 1984.

Il film ruota attorno ad una normale famiglia, composta da madre cattolica, padre socialista e figlio diciassettenne, Elia, un tranquillo ragazzo “di campagna”.

Già con queste caratteristiche Righi riesce a tratteggiare un preciso contesto sociale, nello specifico le due anime dell’Emilia di quegli anni, quella socialista e quella cattolica, entrambe molto presenti ed organizzate nel territorio.

Il ragazzo, Elia, viene rappresentato a metà tra due tendenze: da una parte la voglia di novità e di avventura, dall’altra una mentalità semplice, quasi “ingenua” nel senso positivo del termine, legata al territorio e ai ritmi lenti e pacifici della campagna.

Settembre è il mese di vendemmia, e per la raccolta dell’uva verrà a dar man forte alla famiglia una ragazza, Emilia (presumo intorno ai venticinque anni, nel film non viene mai specificata l’età se non che sta realizzando la tesi di laurea), molto libertina nei modi, che sconquasserà un po’ la vita di Elia.

Ad un contesto che personalmente trovo molto indicato per la sceneggiatura di un film ( e tuttavia non da molti utilizzato nel panorama italiano, se non solamente da Pupi Avati), va aggiunta, come punto di forza del film, la cura dei particolari.

La figura di Pier Vittorio Tondelli (la frase in apertura, “Altri Libertini” sul comodino del protagonista) e l’immersione stilistica nel bel mezzo degli anni ’80 appaiono sicuramente come ben riusciti.

A questi, però, vanno contrapposti quelli che ho trovato essere i punti deboli della pellicola.

Un’eccessiva lentezza nella parte iniziale (non sopperita, peraltro, dalla qualità dei dialoghi, decisamente basilari) e una staticità generale che poche volte viene interrotta.

Inoltre trovo che un maggior approfondimento di alcuni personaggi, come il padre oppure il ritorno estemporaneo del fratello maggiore, avrebbero sicuramente fatto bene all’insieme.

Nel complesso, comunque, non c’è motivo di essere eccessivamente critici: è il primo lavoro di un giovane regista ed è assolutamente giusto concentrarsi sul bicchiere mezzo pieno e su quanto di positivo emerge dal tutto.


sabato 1 settembre 2012

LE MAGLIE DELLA SERIE A - 2012/13


Nuova stagione e nuove divise da gioco, andiamo a vederle nel dettaglio.

Atalanta: decisamente brutta, con tre strisce verticali davvero troppo larghe e quadrato dello sponsor principale che occupa molto spazio. Nella parte superiore stemma sociale posto al centro, scelta che giudico sempre negativamente, dato che dovrebbe stare a sinistra come tradizione vuole, però, guarda caso, a sinistra c’è posto per un altro quadratino con lo sponsor.

Bologna: strisce larghe, assenza di colletto e doppio sponsor centrale non possono che far pendere il giudizio verso l’insufficienza.
Di solito è difficile che la Macron faccia robe carine, non so neanche perché continui ad avere lavoro visto che la qualità estetica non è certo tra i punti cardine dell’azienda, ma forse delle cose fatte bene non frega più a nessuno.

Cagliari: senza colletto, al limite, va bene la muta da subacqueo, a casa mia. Per il resto una maglia abbastanza inutile, di cui nessuna sentirà la mancanza quando verrà rimpiazzata.

Catania: sembra una di quelle maglie che compri in stock per la squadra giovanile del tuo paese o per fare la squadra di calcetto al torneo della polenta.

Chievo: vedi Catania

Fiorentina: davvero brutta. Sponsor principale con troppa visibilità, stemma sociale al centro..forse è meglio che la Joma torni al “dorato” mondo del calcio a 5.

Genoa: entra nel podio come tra le più belle. Metà rossa e metà blu, stemma sociale a sinistra, sponsor tecnico a destra e pochi cazzi.
Non bisogna aver fatto un patto con Dio per concepire una maglia decente.

Inter: una delle poche maglie oramai classiche di questi anni 2000. Difficilmente cambia stile, e questo è un bene.
Essenziale e con uno sponsor che con la trovata della P lunga è di per sé una bella cosa da vedere.

Juventus: le scrittine sulle maglie tipo “30 sul campo” non mi piacciono per nulla.
Brutto il riquadro nero con lo sponsor della Jeep e brutto lo scudetto al centro.
Lo scudetto va in alto a sinistra con sopra le due stelline.

Lazio: lo scorso anno aveva la maglia più bella della serie A, quest’anno compie dei notevoli passi indietro, passando dalla Puma alla Macron che disegna un autentico obbrobrio.
Marca dello sponsor tecnico e simbolo sociale posti entrambi nella parte centrale superiore, come se si equivalessero.

Milan: con quel collettone bianco puoi andare al massimo in discoteca a Cervia nel 1998. Per il resto non sarebbe neanche male, a parte la modesta scritta “Il club..”.

Napoli: doppio sponsor centrale, il giudizio è negativo. Qualcuno li avvisi che ce ne sta un altro, volendo.

Palermo: con i colori sociali che si ritrova è difficile fare qualcosa di carino, visto che la maglia rosa se la mettono i peggiori truzzi del quartieri.
Però nel complesso è fatta bene, essenziale e classica.

Parma: nera con la croce bianca, maglie del genere sono sempre impegnative perché molto appariscenti.
Comunque non male, stemma e sponsor tecnico al loro posto quindi ok.

Pescara: togliessero l’inutile sponsor posto tra stemma sociale e sponsor tecnico, mettessero un azzurro un po’ più decente, lascassero le strisce pure sulle maniche, con i se non si va da nessuna parte.

Roma: È la maglia della Wind o della Roma?
No perché lo spazio dato allo sponsor sembra davvero spropositato. Brutta.

Sampdoria: qua, a differenza di quanto dicevo per il Palermo, i colori sociali aiutano già di per sé a creare un’ottima maglietta.
Questa però è priva di colletto, ha la scritta “Kappa” quasi su una spalla (le abbiamo viste davvero tutte) e inoltre ha uno sponsor che, è proprio il caso di dire, sporca la maglia, nel senso dispregiativo del termine.

Siena: una maglia così non la prenderei neanche al mercatino dell’usato a 3 euro. La Kappa fa disegnare le proprie maglie agli stagisti?

Torino: una delle peggiori. Colletto non pervenuto, scritta kappa sulla spalla, aderentissima e tocco finale la scritta “Aruba.it” sotto lo sponsor tecnico.

Udinese: quest’anno la situazione sembra essere un minimo migliorata dopo stagioni inguardabili (sotto il profilo della maglia).
Se si alzasse lo stemma sociale, si spostasse la scritta Legea al suo posto (cioè a sinistra) e si riducesse la larghezza della strisce sarebbe decente. Così non la regalerei mai all’ipotetico cugino da Udine.

venerdì 24 agosto 2012

PIER VITTORIO TONDELLI - RIMINI


L'ho letto proprio a Rimini questo libro.
Ho fatto apposta ad acquistarlo pochi giorni prima di partire in vacanza per la riviera romagnola; era anche un'occasione per leggere qualcosa di Tondelli, un'autore il cui nome mi ero segnato sull'agenda personale come "da provare".
Che dire? Aspettative sicuramente ripagate per quello che è davvero un libro molto ben riuscito, con una scrittura semplice, mai banale e mai noiosa.
Un libro che ti tiene incollato alla pagine, a voler saper come andrà a finire per me è il massimo, non credete?
Cosa cercate da un libro? Io cerco una storia, delle storie, in grado di catalizzare la mia attenzione, di farmi un'attimo viaggiare con la mente.
Missione compiuta Rimini.
Peccato che non sia stata realizzata la versione cinematografica del libro.
Si legge in giro che qualche offerta in merito fu proposta a PierVittorio Tondelli, però non se ne fece niente.

domenica 19 agosto 2012

STATUTO - SELECTER @ FESTIVAL RADIO ONDA D'URTO - BRESCIA - 14/08/2012


Arrivo presto in quel di Brescia, intorno alle 19.30.
Parcheggio lungo la strada e attraverso una zona industriale deserta in cui l'unico motivo d'interesse è dato da una ferrovia sopraelevata non utilizzata; ci sarebbe anche una fermata fantasma non aperta, il che rende molto affascinante il tutto e mi fa immaginare che sarebbe bello venire da Cittadella in treno e scendere alla stazione a pochi passi dal Festival.
Avviandomi verso l'entrata noto che l'ingresso è gratuito; strano, penso.
Il concerto veniva segnalato ovunque con ingresso a 8 euro (prezzo onesto).
Così scopro che se arrivi prima delle 20.00 non paghi l'ingresso, mossa decisamente insolita per un concerto.
I miei sensi di colpa per non aver pagato vengono collimati dalla cena a base di panino salamina/patatine fritte e birra che almeno fa si che qualche euro al festival lo dia.
Il festival si svolge in un parcheggio di sassi, forse la location più brutta che abbia visto per un concerto; in confronto al festival di Radio Sherwood sembra di essere in una reggia, e rispetto a quest’ultimo si respira un’aria più “militante”, con tantissimi striscioni scritti a bomboletta pieni della classica iconografia da centro sociale del tipo “No Tav” e altra slogan.
Alle 21.00 salgono sul palco gli Statuto e mi piazzo nelle prime file, sperando che non arrivi il solito gigante che mi ritrovo sempre davanti ai concerti.
Non c’è molta gente, è davvero presto, però con calma l’area si riempie lungo l’esibizione del gruppo torinese.
Gli Statuto sono un gruppo abbastanza unico nel loro genere: un gruppo mod, che nel corso della propria carriera ha toccato varie fasi, dagli inizi underground, al festival di Sanremo del 1991, al ritorno ad una dimensione specifica ma neanche troppo, visto che comunque i loro dischi escono ancora per la Sony.
In quarantacinque minuti di esibizione suonano bene o male tutti i loro classici, anche se con qualche dimenticanza (vedi “Pazzo” o “Ghetto” che, secondo me, non dovrebbero mai mancare in un concerto degli Statuto).
Da notare il ritorno in versione live di un sassofono e di una tastiera che contribuiscono a dare al suono una maggiore fedeltà alla versione studio delle canzoni; l’ultima volta che ebbi modo di vederli, infatti,la line up non prevedeva altro che chitarra/basso/batteria, con le canzoni che assumevano dei contorni più grezzi e quasi punk rock.
Terminano con la cover di One Step Beyond italianizzata (Un passo avanti) e preparano degnamente l’ambiente all’arrivo dei Selecter.
Gli inglesi sono in otto: quattro bianchi e quattro neri, a voler sottolineare il concetto di “melting pot” che da sempre ha accompagnato la band e più in generale il discorso che portava avanti la Two Tone Records, di cui i Selecter furono uno dei gruppi di punta.
Suonano davvero bene i Selecter, con classe, stile ed energia, e le canzoni hanno tutte una resa pregevole.
Pauline Black balla e canta con una vitalità che colpisce; dico alla mia ragazza che la vedrei bene come barista.
Mi piacerebbe arrivare al bar di mattina e farmi servire Brioche alla crema e caffè da Pauline Black.
“Buongiorno”, “Buongiorno”, “Prende il solito?”, “Si, grazie”.
I pezzi forti ci sono tutti: “On my Radio”, “Missing Words”, “Time Hard”.
Su “Murder” io urlo “Merda” come faccio ogni volta che la ascolto in macchina; poco distante da me vedo dei ragazzi che continuano a ridere, forse anche loro la interpretano come me.
Il bis è affidato ad una lunga versione di “Too Much Pressure”, al cui interno si inserisce qualche verso di “Pressure Drop”.
Un bel concerto, davvero.
Vado in cerca del merchandising dei Selecter ma non lo trovo.
Poi usciamo e chiedo al nero che sta all’entrata se posso prendere il manifesto del concerto.
Lui ci dice di seguire i suoi colleghi che stanno andando non so dove, forse nello sgabuzzino in cui sono custoditi migliaia di manifesti da regalare ai fans devoti, penso io.
Dopo un po’ ci rompiamo il cazzo di seguirli e torniamo all’uscita ma il manifesto è sparito.
La gentilezza non paga.

martedì 14 agosto 2012

FRIENDS AGAIN


Fabrizio Bentivoglio e Diego Abatantuono immortalati durante le riprese di "Turnè", memorabile pellicola datata 1990 diretta da Gabriele Salvatores.
Amicizia e viaggio, questi i due temi cardine del film.

sabato 28 luglio 2012

NICK HORNBY - TUTTA UN'ALTRA MUSICA


Un libro piacevole e scorrevole, questo libro dello scrittore londinese tradotto e pubblicato oramai nel 2009.
Leggevo nel web di analogie con "Alta Fedeltà", e qualcosa potrebbe anche rientrare nella similitudine.
La passione per la musica (anche se qui è una passione monotematica verso un preciso autore) e il rapporto con le donne.
Nel complesso comunque "Alta Fedeltà" rimane una sorta di pietra miliare, anche se con quest'ultima lettura Hornby si riscatta dall'ultima prova che avevo avuto modo di leggere, quel "Non buttiamoci giù" che non mi convinse fino in fondo.
Su "Tutta un'altra musica" la storia si svolge per buona parte su due diverse collocazioni geografiche, Stati Uniti ed Inghilterra, per poi completarsi in quest'ultima.
Si parla, tra le righe, del ruolo che vanno ad assumere le nuove tecnologie nell'ambito dei rapporti umani, visto che è proprio grazie ad internet e alla sua capacità di connessione tra le persone che la storia ha modo di svilupparsi come si scoprirà sfogliando il libro.

sabato 21 luglio 2012

STONE ROSES - MILANO - IPPODROMO DEL GALOPPO - 17/07/2012


Nella serie di reunion a cui si ha assistito nel corso di questo decennio e poco più dall’inizio del nuovo secolo, quella degli Stone Roses è apparsa oggettivamente come una delle più inaspettate (visto che solamente nell’estate del 2011 il chitarrista John Squire rilasciava dichiarazioni che non prospettavano certamente l’annuncio dell’effettiva riunificazione esternato solamente pochi mesi dopo) e soggettivamente come una delle reunion più gradite, se non la più gradita per il sottoscritto.
Oddio, il rischio che una band del calibro dei Roses corre in questi casi è che presentarsi palesemente fuori forma o, peggio, fuori tempo massimo, come accade a qualche band che ritorna sulle scene, potrebbe essere una parentesi evitabilissima per quello che di buono la band in questione ha costruito durante la propria carriera, ma fortunatamente questo non si è rivelato essere il caso dei mancuniani.
La storia degli Stone Roses appare decisamente curiosa: un album, omonimo, stratosferico nell’anno di grazia 1989, summa ed anticipazione di quello che sara poi noto come Britpop nel corso dei 90’s, una pausa discografica, dovuta a problemi di carattere contrattuale, durata ben cinque anni, e la pubblicazione di un secondo album, “Second Coming”, da molti bollato come poco riuscito e sicuramente inferiore al debutto (si poteva forse fare meglio?) ma pieno zeppo di buone canzoni anch’esso.
Stop.
Lo scioglimento del 1996 metteva la parola fine ad una delle esperienze più influenti della scena britrock tutta, però quello che la band aveva prodotto bastava sicuramente per inserirla di diritto nel club esclusivo delle cose più riuscite a livello musicale.
Il 17 luglio era insomma un giorno che aspettavo da tempo: a marzo, il primo giorno della prevendita, avevo già il mio bel biglietto in tasca per paura di un utopico “tutto esaurito” che ora mi rendo conto aver ingenuamente presupposto solamente nella mia mente; certo, gente ce né all’Ippodromo di Milano, ma siamo molto lontani dai numeri record registrati a Manchester nelle prime due date di questo tour.
Poco prima delle 22.00 i quattro di Manchester salgono sul palco e senza tante parole attaccano con l’intro strumentale di “I wanna be adored”, che è solo la prima tra le ottime cose prodotte dal gruppo che mi sarà dato modo di sentire nel corso dell’esibizione.
Durante il concerto, infatti, mi ritrovo diverse volte a pensare tra me e me che razza di repertorio si può permettere una band come gli Stone Roses; praticamente tutta roba ad alto, se non altissimo, livello di qualità.
Non c’è nulla fuori posto: dalle melodie pure di canzoni come “Sally Cinnamon” o “This is the One”, al groove dance virato Madchester di “Fools Gold” si tratta di un’ora che scorre via liscia che è un piacere.
Da segnalare il “mood” molto tranquillo della band sul palco che si amalgama bene al tiro “pigro” e sognante di molti pezzi della band.
La conclusione affidata a “I am the resurrection” è il perfetto sigillo sulla serata.
Ora, probabilmente vedere un gruppo nel proprio naturale contesto storico, come poteva essere assistere ad un concerto degli Stone Roses a fine anni ’80, resterà sempre di maggior rilievo che non assistere ad un concerto della stessa 20 anni dopo; però c’è da dire che l’ottima esibizione fa si che si esca tutti ben contenti dall’Ippodromo , e che forse bisognava “essere fatti di pietra” (cit.) per non apprezzare quanto visto.

martedì 17 luglio 2012

HANG THE DJ!


Sabato 21 luglio, io (A. Shepherd)e Paul DeRoma siamo a mettere su un pò di musica (rigorosamente in vinile!) presso il Barracuda di Villa d'Asolo (Tv).
Passate per due birrette estive!

domenica 8 luglio 2012

SOCO ROCK - DEROZER - BARRACUDAS - 6&7 /07/2012


Già l'anno scorso al Socorock di Grisignano di Zocco, cittadina di provincia a metà strada tra Padova e Vicenza, ebbi modo di vedermi un bel concerto con Tv Smith degli Adverts (supportato da Dave Rave dei Teenage Head)e quest'anno le cose non sono state da meno, anzi, se possibile, sono migliorate.
Venerdi 6 luglio c'è la prima data post reunion dei Derozer in terra vicentina dopo un bel pò di anni, mentre al sabato tocca ai grandissimi Barracudas, gruppo tra i miei preferiti, una di quelle band che ti chiedi se avrai mai l'occasione di vedere dal vivo in questa vita.
Insomma, si trattava di due date che già da un bel pò di tempo facevano bella mostra di sè sulla mia agenda.
Alcune considerazioni e sensazioni (positive, ci mancherebbe) sul ritorno in pista dei Derozer le avevo già espresse a maggio dopo averli visti al New Age di Roncade (Tv), prima data veneta del nuovo tour.
Continuo a ripetere che la pausa non può che essere stata positiva per la band vicentina: nel 2008 sembravano stanchi e forse neanche l'appoggio dei ragazzi sotto il palco era più lo stesso, con i ventenni di allora che magari stavano passando a qualcos'altro, oppure li avevano già visti dal vivo 4/5 volte.
Il tempo invece ha dimostrato come la mancanza di un gruppo come i Derozer si facesse sentire, e anche parecchio.
Innanzitutto sono sempre un punto di riferimento (l'unico?) all'interno di una scena che dalla loro pausa non è cresciuta di nulla, facendo anzi molto passi indietro.
Basti pensare ai Duracel, posti in apertura.
Se questo è il futuro, ragazzi, meglio mettersi le mani nei capelli.
Gente che vorebbe assomigliare ai Derozer, ma che però vuole anche far sentire sui testi che ha studiato e fatto l'Università; non si spiegherebbero altrimenti certi concetti contorti che vogliono far trasparire con certe canzoni.
Qualche melodia buona c'è, ma la distanza con i Derozer, anche solo del 1994 è un'oceano.
I Derozer si sono sempre contraddistinti per fare le cose semplici e fatte bene.
Cose per tutti, con testi da strada (se mi si passa il termine).
Il motivo del loro enorme successo nel nord Italia è sicuramente da attribuire anche a questo, oltre che a tutti gli sbattimenti organizzativi con cui negli anni si sono fatti conoscere da praticamente ogni ragazzo italiano che ascolta punk rock.
E la gente vuole bene ai Derozer, perchè vede assonanza tra quello che fanno e quello che sono o che almeno sembra arrivare al pubblico.
A Grisignano, venerdi c'erano 1.000 persone per vederli, e i numeri non sono un'opinione.
Che dire sulla perfomance? Al New Age il locale era contenuto, cosicchè tutti cantavano e l'atmosfera era decisamente calda.
Il festival si tiene all'aperto, su un'enorme palco e come spesso capita nei festival è un'altra cosa rispetto ad un concerto in un locale, anche se per questo non diminuisce il fascino di trovarsi su un campo, con il gruppo che vuoi sentire e un'ottima birra Pedavena in mano che ti disseta.
La scaletta ricalca quella già sentita al New Age, con la doppietta "Cuore Brucia" e "Mondo Perfetto" posta in apertura, e poi via via tocca tutte le fasi della band berica.
Sarei curioso di ascoltare un nuovo lavoro loro, sono sicuro che tirerebbero fuori cose buone dal cilindro.
Il sabato è il giorno dei Barracudas.
E' con grande rammarico che devo obiettivamente parlare di un concerto deludente.
Poteva essere il concerto dell'estate per alcuni (noi 50 sfigati che li ascoltiamo) e gli ingredienti c'erano tutti: band di culto, che chi conosce solitamente ama, ampia presenza in scaletta di canzoni dal mood decisamente "estivo" e leggero con il loro mix di power pop/r'n'r riscontrabile negli esordi della band.
Poteva esserlo, ma non lo è stato.
Troppe cose non hanno funzionato: la presenza scenica della band, il suono ed una scaletta francamente mal combinata.
Dispiace dirlo per quello che rappresentano per il sottoscritto (lo ripeto, stiamo parlando di un gruppo decisamente tra i miei top 5 di tutti i tempi) ma i Barracudas di Grisignano hanno dato l'impressione di non essere neanche una band.
Erano cinque uomini in ferie in Italia che per l'occasione hanno suonato qualcosa.
Può capitare una serata storta, ma francamente credo poco a questa teoria: credo, purtroppo, che bisogna prepararsi per suonare, a qualunque livello tu sia.
Preparare una scaletta che tenga in considerazione ciò per cui la gente ti conosce, suonare compatti, avere un minimo di presenza scenica, insomma cercare di fare le cose fatte bene.
Partono con "Grammar of Misery" e fin qui niente di male, anzi si tratta di un gran bel pezzo, è che piano piano affondano, anzi sprofondano nei pezzi minori e con poca verve della loro discografia.
Di "Drop Out" suonano "I can't pretend", "Violent Times", "Codeine", "Somebody" e "1965 again".
Troppo poco.
Praticamente tralasciano tutti i pezzi "leggeri" di cui prima come "Campus Tramp", "His Last Summer", ma anche "Surfers are back" per non parlare di "Summer Fun", la loro Blitzkrieg Bop.
Questa si dice che avrebbero dovuta suonarla nei bis, ma peccato che i bis non ci siano stati.

martedì 3 luglio 2012

EUROVISIONI


La calma piatta del salone del ristorante fu squarciata dalle grida di alcuni bambini, provenienti dalla piccola saletta tv distante una trentina di metri.
Il messaggio da decifrare era chiaro: l’Italia aveva fatto goal.
Chi, non era dato a sapersi.
Italia – Irlanda , lunedì 18 giugno, ultima partita del girone C e decisiva per le sorti degli Azzurri.
Un girone stregato per il sottoscritto: si parte con Italia – Spagna e lavoro, si prosegue con la Croazia e sono in treno e si conclude con l’Irlanda e sono una cena.
In compenso non mi faccio sfuggire qualsiasi altra partita che capiti a tiro; ho così modo di considerare come l’Olanda sia inguardabile, la Grecia passi il girone immeritatamente e l’Irlanda risulti quasi romantica nel suo gioco fisico e anti-tecnico, quasi un omaggio a certo calcio pioneristico primo ‘900.
Delle partite italiane del girone, non potendole seguire, mi restano impresse le istantanee in cui scopro che qualcuno ha fatto goal: con la Spagna il boato arriva da una bar di un paesino dove sto facendo delle consegne (una cosa simile mi capitò con la prima rete di Milito al Bayern in finale Coppa Campioni, con le grida provenire da un palazzo popolare); con la Croazia dei ragazzi esultarono vicino al binario da cui sarebbe partito il treno. Sembrava ascoltassero la radiolina, una scena bellissima, peccato ascoltassero uno di quegli aggeggi tecnologici infernali di ultima generazione dai quali terrò per sempre la distanza.
Con la Croazia vennero in mio aiuto i bambini del ristorante.
Il cameriere, mentre serviva abbondanti piatti di pesce, non nascose il suo entusiasmo per le grida e cercò di capire quantomeno chi avesse segnato.
Quando uno dei clienti seduti in tavolo gli chiese se avesse notizia sul risultato della Spagna il coperchio cadde e si scoprii che il cameriere era uno dei classici italiani che durante l’anno se ne sbattono del calcio e poi per Europei e Mondiali sono in prima fila con la faccia pitturata, dato che non sapeva che la Spagna non doveva pareggiare 2-2.
Gli stessi stronzi che quando Monti dice che “bisognerebbe sospendere i campionati per due-tre anni” sono d’accordo.
Io in inverno le domeniche a guardarmi il posticipo domenicale Parma – Atalanta, mentre questi vengono fuori solo quando sentono puzza di maxischermi nei bar e partecipazione popolare.
Poi arrivò l’ora dell’Inghilterra: una specie di derby del cuore per il sottoscritto.
A Londra ci sono stato diverse volte, sempre molto soddisfatto del viaggio che andavo a fare e sempre apprezzandone i contenuti.
L’Italia mi ha dato una patria, una famiglia, una lingua, una cucina, una terra.
L’Inghilterra mi dato molta musica, qualche buon libro da leggere, diversi stili sub culturali, insomma una serie di elementi che hanno il loro peso nell’economia della mia vita, anche se rimango orgoglioso di venire da dove vengo.
E’una partita che mi piacerebbe vedere al Bar Italia, a Soho, Londra: un bar in stile italiano come ce ne sono in ogni paese qui da noi (i classici “Bar Nazionale” dei nostri paesi), dallo stile decisamente sixties, però la vanno tutti matti per questo posto.
Io alla domenica sera lavoro, però dovrei staccare alle 20 e 30.
Bene, penso: riuscirò a guardarmi tutta la partita senza problemi, e sarà la prima volta di questo Europeo.
Alle 20 e 30 ho una consegna di minimo 15 minuti.
Impreco, dentro di me.
Alle 20 e 45 ritorno e salta fuori che ne ho un’altra di altri 15 minuti.
Trattengo la mia incazzatura, esco per accingermi a farla e questa volta impreco a voce alta, fortunatamente non troppo, altrimenti mi troverei senza lavoro.
Alle 21.00 finalmente torno a casa, gustandomi un bel match dominato in maniera imbarazzante dalla nostra Nazionale, che però, nonostante questo, non riesce a buttarla dentro e rischia di tornare a casa, dato che i rigori travalicano l’andamento della partita e fanno sempre storia a sé.
Dopo il rigore decisivo di Diamanti vedo Pirlo che corre esultante come a Berlino ’06.
Ci pensa Buffon, nell’intervista dopopartita a farci tornare tutti un po’ con i piedi per terra, affermando, che siamo solo in semifinale, mica abbiamo vinto niente. Giusto.
I giorni che precedono e posticipano la semifinale con la Germania sono un autentico merdaio: tutta Italia si riscopre appassionata di calcio, tipica malformazione da grandi eventi sportivi; io però se la nazionale di basket va in finale non è che mi metto a rompere i coglioni con il fatto che sia un grande fan di basket.
Semplicemente non me ne importerebbe nulla come ho sempre fatto, lasciando vivere gioie e delusioni a coloro che le vivono tutto l’anno.
Evidentemente il mio ragionamento resta sempre un ragionamento “d’elitè”, ma capisco che ad essere ”d’elite” nell’epoca dei social network si corra il rischio che il lettore non sappia neanche cosa significhi questa parola.
Il Tg5, nei giorni pre e post la semifinale diventa l’emblema intero dell’idiozia che pervade il Paese.
La prima notizia è dedicata allo spread e alla crisi (immancabile), poi venti minuti di calcio con la Nazionale e verso la fine “un collegamento da Mirandola per sapere come stanno i terremotati”.
Il calcio come strumento per tenere buona la gente, per non farla pensare a quelli che sono i veri problemi, per non farla pensare ai banchieri che decretano la nascita e la fine di una crisi finanziaria come se la gente normale potesse farci qualcosa per cambiare la situazione.
Per me è troppo e noto con piacere che ogni anno che passa divento sempre più rompicoglioni e intransigente con le mie idee.
La finale va come va, e dieci minuti dopo il fischio finale già ci sono polemiche televisive sul poco spazio dato ai giovani italiani nel nostro campionato rispetto al Barcellona.
Noi non cambieremo mai.

sabato 30 giugno 2012

THE CLASH - THIS IS DUB CLASH


Questo è un bootleg che andava fatto.
Mi è capitato di farmi la classica compiilation masterizzata da mettere in macchina ed eccedere con in pezzi dei Clash più "melting pot" se mi si passa il termine.
I Clash che andrebbero bene sulla stazione radio del Kebab all'angolo, in un quartiere londinese ad alta maggioranza non - inglese.
Dentro ci sono parecchi pezzi che si potevano già trovare sull'ottima raccola "Super Black Market Clash", e che comprende lati b e rarità della band.
Ai quali vanno aggiunti delle vere e proprie chicche, tipo "The escapedes of Futura dub", la versione dub del pezzo rap nato dalla collaborazione con il graffitaro niuorchese durante il periodo "Radio Clash".
Insomma, qua dentro trovate un'oretta di dub torrido, ideale in estate, in autunno così come in inverno.
Il dub ti ferma, ti costringe a pensare, a mettere in ordine le idee e le cose.
A questo indirizzo ve lo scaricate in cinque minuti:
http://mondo-de-muebles.blogspot.it/2011/01/clash-this-is-dub-clash.html

venerdì 29 giugno 2012

PADRE FIGLIO




Una versione di "Padre Figlio" particolare, visto che i due partecipanti hanno la stessa età.
Loew, tecnico della Germania e Federico Fiumani dei grandi Diaframma.

mercoledì 13 giugno 2012

STEFANO BENNI - IL BAR SOTTO IL MARE


Per il sottoscritto, questo famosissimo libro di Stefano Benni si è rivelata una piacevole lettura.
Non tutti i racconti narrati dai personaggi che l'ospite incontra nel bar sono della stessa caratura: i miei preferiti, se dovessi stilare un fantomatico podio, sono "Oleron" al primo posto (racconto che ti inchioda al libro), seguìto da "Autogrill Horror" al secondo (Vacanze Italiane!) e terzo classificato "Matu Maloa" (brutti ceffi, disciplina e balene innamorate).
Pure "Californian Crawl" è degno di nota; per il resto ci sono buone storie, alcune più riuscite di altre, però nel complesso è una lettura che consiglio e che nel giro di un paio di settimane si riesce tranquillamente a completare.

sabato 9 giugno 2012

PADRE FIGLIO


Il grande Gianmaria Volontè e Luca Baraldi, direttore di qualcosa del Calcio Padova.

domenica 3 giugno 2012

I BEAT MI HANNO FATTO UNA CASSETTA

Ecco la top ten di Ranking Roger, storico frontman dei Beat.
Mix tratto dalla rivista "Smash Hits" del 1980 e che contiene pezzi davvero speciali, in qualche modo un riassunto del suono dei Beat di quegli anni.
I Beat furono sicuramente una delle esperienze più riuscite degli anni immediatamente successivi al punk, con un suono originale di ispirazione ska ma sviluppato in maniera decisamente personale.

mercoledì 30 maggio 2012

CALCIO PADOVA 2011/2012


Arriva l'estate e un'altra stagione calcistica è da archiviare.
Quest'anno ho mancato solamente tre partite casalinghe per motivi non dipesi da me.
A settembre sembrava di avere uno squadrone, che potesse addirittura ammazzare il campionato (cosa, storicamente, non da Padova), poi il lieve calo tardo invernale e la mazzata primaverile hanno fatto si che i playoff non si concretizzassero, quando l'obiettivo sembrava sicuramente alla portata della rosa biancoscudata.
E' stato un anno tranquillo in curva: anche troppo forse.
La stragrande maggioranza delle partite me le sono vissute nella zona acquario in solitaria.
E' stato l'anno della musica a tutto volume sparata prima delle partite: Ligabue, Oasis e altra roba.
Io preferirei roba tranquilla, roba strumentale: forse del jazz per creare un minimo d'atmosfera che vada al di la dei bei faccioni che cantano a memoria Ligabue.
Jazz e annunci pubblicitari.
Certo che abbiamo uno stadio che fa schifo bene: non mi stancherò mai di dire che la prima cosa da fare per il bene del Calcio Padova è sistemare la questione stadio.
Una casa accogliente, a misura d'uomo, a cui si vuole bene.
All'Euganeo, dispiace dirlo, non vuole bene nessuno: c'è un pò d'affetto per tutti i sabati passati in gradinata, ma è un'affetto di serie b.
Un ultima cosa ci tengo a dirla sulla tifoseria in generale: basta tifosotti, basta gente che si avvicina quando le cose vanno bene e poi spariscono, basta critici di prima categoria.
Certo che si può protestare se le cose non vanno bene (come quest'anno) però chi ci tiene al Calcio Padova sa quando è il momento di farlo e sa perchè.
Non abbiamo bisogno di voi.

lunedì 28 maggio 2012

ENRICO BRIZZI - LA VITA QUOTIDIANA A BOLOGNA AI TEMPI DI VASCO


Non avevo mai avuto il piacere di leggere un libro di Enrico Brizzi; detto così, da un ragazzo di 25 anni quale sono, uno può pensare che non abbia neanche mai letto un libro, dato che l'autore in questione è decisamente uno dei più conosciuti in circolazione.
Vero, verissimo: solo che l'epica adolescenziale di cui si faceva portabandiera il suo primo romanzo "Jack Frusciante..", e che a dire il vero avevo avuto modo di giudicare solamente dalla trasposizione cinematografica dello stesso, non mi piaceva molto.
Non mi garbava che un periodo come l'adolescenza venisse rappresentato e conformizzato in libri o film che fossero.
Certi adolescenti cercano di sfuggire dagli schemi, non importa quali essi siano: poi però arriva un libro/film come il primo di Brizzi che parlando di amore, musica ed amicizia cerca di chiudere il cerchio intorno a quel periodo.
Insomma, nella mia tarda adolescenza non mi andava di pensare di vivere dentro ad un film o ad un romanzo.
Ora penso sia diverso: sicuramente è tardi per leggere un romanzo come, appunto, il "Jack Frusciante.." di cui sopra e sentirsene parte, però credo proprio che una lettura da spettatore interessato non mi faccia così male.
Detto questo, il libro che mi appresto a recensire l'ho scovato in biblioteca e su due piedi ho iniziato a leggerlo, trovandolo molto scorrevole ed interessante, tant'è che in cinque giorni l'avevo già ben che completato.
Si tratta di una sorta di autobiografia dello scrittore bolognese, che copre praticamente tutti gli anni '80, i '90 e pure buona parte dei 2000.
Vasco è il pretesto per raccontare qualcos'altro: gli esordi del rocker emiliano coincidono con l'infanzia di Brizzi stesso, inoltre nei primi anni ottanta Vasco Rossi risiedeva a Bologna nello stesso quartiere dello scrittore.
Si stabilisce così una vicinanza affettiva che poi verrà comunque mantenuta nel corso degli anni, nonostante altri interessi (musicali e non) sopraggiunti nella vita dell'autore.
Da notare comunque che tutti i personaggi famosi legati a Bologna ricevono una menzione in questo libro; una città che, tirando le somme, ha prodotto davvero tanta cultura, sotto forma di musica, libri, fumetti e film.
Guccini, Dalla, Morandi, il punk '77 in salsa bolognese e la new wave con l'Italian Records, i fumetti di Andrea Pazienza, Luca Carboni, certo rock alternativo degli anni '90 come i Massimo Volume o i Santo Niente, Cesare Cremonini, il grande regista Pupi Avati, gli scrittori Stefano Benni e Pier Vittorio Tondelli, oltre allo stesso Enrico Brizzi.
Insomma, rispetto per Bologna.

giovedì 24 maggio 2012

I BARRACUDAS MI HANNO FATTO UNA CASSETTA


Sabato 7 luglio saranno di scena non molto distante da casa mia, un evento abbastanza imperdibile per il sottoscritto.
Nel frattempo ho scovato questa interessante "top ten" formulata dagli stessi Barracudas per un magazine inglese dei primi anni '80 (Smash Hits), che mette in fila un pò tutte le loro influenze.

mercoledì 16 maggio 2012

A CLASSIC EDUCATION @ MACELLO - PADOVA - 11/05/2012


Nutrivo parecchia attesa per questa data padovana degli A Classic Education, gruppo emiliano che con la pubblicazione del recente "Call it blazing" sta ottendendo meritati riscontri un pò ovunque.
Il concerto si svolge all'interno del festival che si tiene all'ex Macello di Padova; davvero un'iniziativa pregevole, che in un mese di serate sciorina tutto il meglio del nuovo indie rock italiano e non solo.
Un festival moderno ed attento alla contemporaneità, non come quello che si svolge a qualche km di distanza organizzato da Radio Sherwood con i soliti dieci nomi di dinosauri dell'alternative rock da dare in pasto ai giovani.
Addirittura il concerto di stasera è a offerta libera, veramente una bella mossa per i ragazzi del Macello, che così facendo si ritrovano un luogo pieno zeppo di gente (probabilmente pagandosi pure il cachet del gruppo con tutte le offerte libere raccolte).
Unico aspetto da migliorare per rendere ancora più speciale il tutto, secondo me, sarebbe l'aggiunta di un ulteriore stand per le birre, visto che si creano delle colonne pazzesche per poter ordinare.
Ah, e anche migliorare di un minimo la qualità della birra non sarebbe una cattiva idea.
Detto questo alle 23.00 gli A Classic Education salgono sul palco e per mezzora (set decisamente breve, stile il mio gruppetto punk rock quando suonavamo nei bar)confermano le aspettative che girano sul loro conto.
Musicalmente siamo di fronte a canzoni costruite come si deve: tre minuti di durata, melodie ottime, voce perfetta e costruzione dei pezzi molto particolare nonchè decisamente ben riuscita.
Se uno mi chiedesse "che genere suonano?" andrei un attimo in difficoltà.
Sicuramente c'è del pop e sicuramente del rock'n'roll.
Pop nelle melodie, r'n'r nell'immediatezza e nella classicità che vanno ad assumere le canzoni.
Poi c'è anche una certa atmosfera post punk; ad esempio, un pezzo come "Baby it's fine" a me ricorda molto i Cure di "Fire in Cairo", però sono consapevole che potrei essere l'unico a vedere questa somiglianza.
Proprio durante l'esecuzione di quest'ultima guardo se c'è la luna in cielo per rendere il momento topico, però non la vedo.
Mezzoretta di set (durante il quale ho anche modo di dire alla mia ragazza "il chitarrista è uguale a Marchisio, il centrocampista della Juve"), che personalmente mi lascia un pò l'amaro in bocca perchè un altro quarto d'ora si poteva fare, e poi tutti a casa non prima di aver acquistato lo splendido "Call it Blazing".

mercoledì 9 maggio 2012

DEROZER @ NEW AGE - RONCADE (TV) - 05/05/2012


Quando i Derozer si presero un'improvvisa pausa nel 2008 non è che ci rimasi particolarmente male.
Li seguivo da quando iniziai ad appassionarmi al genere nei primissimi anni 2000 ed ebbi l'occasione di vederli dal vivo 7/8 volte.
Mi piacevano, certo, e se c'era l'occasione di un concerto in zona non me lo lasciavo sfuggire.
Solo che negli ultimi tempi pre-pausa sembravano un pò stanchini e fuori fase; Spasio, il batterista storico, era stato allontanato senza spiegazioni al pubblico, ed era stato sostituito da un tipo francamente impresentabile che con i Derozer non c'entrava una mazza.
Inoltre l'ultimo album, "Di nuovo in marcia", non era esattamente quello che si può definire un album memorabile.
Insomma, la pausa probabilmente ci stava tutta.
Con gli anni, perchè dal 2008 al 2012 sono comunque quattro anni, penso che pochi scommettessero ancora su di loro e su un possibile ritorno sulle scene (addormentate, visto che il punk rock di casa nostra è fermo ai nomi che circolavano 15 anni fa).
Però qualche giorno capitava che pensavo con nostalgia a loro, alla loro attitudine, ai bei concerti visti, alle memorabili canzoni che accompagnavano i miei giorni durante le scuole superiori frequentate proprio a Vicenza.
Il fatto che le frequetassi a Vicenza, poi, stabiliva un certo legame con i Derozer, visto che ai miei occhi appaiono legati indissolubilmente alla città che li ha fatti nascere.
Quando sono emerse le prime indiscrezioni circa un loro ritorno non è che abbia accolto la notizia come se mi avessero detto che avevo vinto 1 milione.
Non ho più sedici anni, però ero comunque contento per loro e curioso a seguirne le vicende, magari anche andando a qualche concerto in zona.
Ecco quindi che arriva il 5 maggio: un tour strano questo.
Da marzo che sono tornati live, questa di Roncade è la prima data in Veneto per la band vicentina.
Anni fa il tour sarebbe partito magari dal Capannone Sociale di Vicenza, una bella data in casa per affilare le lame prima di imbarcarsi per altre città.
Oggi Vicenza non offre poi molto per situazioni live, al contrario di sei/sette anni fà quando poteva dire la sua alla grande.
Ci appostiamo tatticamente su di un palchetto vicino al bar, abbastanza distante dal palco dove suona la band.
Il locale è pienissimo, ed entrando noto già una bella puzza di sudore ed adolescenza.
Mi perdo i Duracel in apertura ma non me ne può fregare di meno: mai piaciuti.
I Derozer partono con "Cuore brucia" e poi proseguono con il meglio del loro repertorio; mi sembra di ricordare che una delle prime canzoni fosse "Mondo Perfetto".
Un album tipo "Mondo Perfetto", a me che l'ho letto, sembra paurosamente ispirato dai libri di John King.
Dentro ci sono riflessioni interessanti sulla società e sul personale viste con gli occhi di un "outsider".
Dei primi lavori fanno 144, Suzy, Psicopatico (grande pezzo!), Amore Sincero, No surf e Bar.
Poi bene o male canzoni da tutti gli album.
Un'oretta di concerto che passa velocissima, e conclusione con la doppietta "Alla nostra età" e "Branca Day" che non fa prigioneri.
Bentornati!

venerdì 27 aprile 2012

SANTO NIENTE @ TRATTORIA ALTROQUANDO - ZERO BRANCO (TV) - 24/04/2012


Non mi capita poi così molto spesso di assistere a concerti di band che conosco poco.
Però, martedi, avevo comunque voglia di farmi 30 km all'andata ed altrettanti al ritorno per assistere sotto ad un tendone insieme ad altre 50 persone al concerto dei Santo Niente.
C'ero già stato alla Trattoria Altroquando ad inizio aprile per i Diaframma e proprio quel giorno notai da qualche parte che il 24 aprile sarebbe stata la volta dei Santo Niente.
Non mi sono preparato a questo concerto: di loro conoscevo solo "Elvira", probabilmente il loro pezzo più famoso, tralaltro scoperto in un modo particolarmente curioso.
Diversi anni fa, presso le bancarelle che popolano il festival estivo di radio Sherwood, c'era (ma dovrebbe esserci ancora) una bancarella che vendeva praticamente solo cassette e cd bootleg.
Comprai un bootleg dei Sex Pistols, una mezza ciofeca (solo "Schools are prisons" meritava davvero li dentro), però alla fine della cassetta era presente questo brano.
Mi piacque subito.
Non la pensava così l'amico che guidava la macchina con cui andai (insieme ad altri amici) in Svizzera proprio quell'estate; senza mezze parole disse "Adesso basta ascoltare questa merda!".
Mi dispiacque che non apprezzasse quella canzone di un gruppo a me sconosciuto.
Mi informai e venni a sapere che erano i Santo Niente.
Bene, dissi, li ascolterò.
Il caso vuole che nei successivi anni non mi sono mai adoperato per ascoltarli.
Ma non chiedetemi perchè: probabilmente, dovendo selezionare i miei ascolti, non li ho mai presi in considerazione.
Comunque i fatti parlano chiaro: martedi 24 aprile vado a vederli alla Trattoria Altroquando di Zero Branco.
Sono in quattro e suonano un set che dura un'oretta.
I suoni sono quelli dell'alternative rock degli anni '90 (Nirvana, Sonic Youth, Jane's Addiction), ma io sono abbastanza ignorante in materia.
Però mi sono piaciuti comunque: non tutte le canzoni, però cinque/sei si.
Soprattutto, come verrò a sapere più tradi cercando i titoli, una segnalazione speciale se la beccano "E'Aria" e "Storia Breve", oltre alla clamorosa "Elvira" posta tatticamente come ultima canzone.

martedì 17 aprile 2012

OFFLAGA DISCO PAX @ NEW AGE CLUB - RONCADE (TV) - 13/04/2012


La prima considerazione che mi viene da fare è che cinque/sei anni fa, per chi come me abita nell'Alta Padovana terra di mezzo tra Bassano, Vicenza,Castelfranco Veneto e Padova, quando si guardavano le date dei gruppi in tour si sperava che passassero alla Gabbia di Bassano del Grappa (l'ultimo periodo spostata a San Giorgio in Bosco a 1 km da casa mia), oppure anche a Vicenza, dove c'era una bella scena di locali con il Capannone Sociale e il Sabotage.
A Bassano inoltre capitava di farsi qualche bella serata allo Shindy.
Ora invece si spera che passino almeno al New Age, a 60 km di distanza!
Ovvio che questo è sintomatico del periodo che stiamo attraversando, con i locali che ho citato prima che hanno chiuso quasi tutti o sono passati ad altro (vedi Shindy).
Ad ogni modo il New Age è un bel club, curato e con le carte in regola per passare una serata apposto.
Prima degli Offlaga Disco Pax sale sul palco, alle 22.30 spaccate, Bologna Violenta.
Ho letto di lui mesi fa e tutto sommato non mi dispiace vederlo, così, per farmi un idea.
Siamo davanti ad una "cosa" decisamente strana e particolare: lui è da solo sul palco e suona la chitarra, sotto ci sono delle basi sia strumentali che potenziano la parte sonora, sia parlate, con frasi in italiano blasfeme.
Suona trequarti d'ora, e pur non essendo propriamente la mia tazza di tè, resisto stoicamente tutto lo show.
Boh, sarà che mi metto in testa di essere all'Hacienda di Manchester e così tutto mi sembra bello.
Alle 23.30 salgono sul palco i tre reggiani.
Del loro nuovo album ho già scritto da qualche parte: mi piace.
Loro li seguo praticamente da quando sono usciti la prima volta, mi ricordo che il mio compagno di classe Luca Saggin me li fece ascoltare appena uscì il loro album di debutto.
Era una cosa nuova per le mie orecchie saturate di punk rock.
Mi presero subito ed andai a vederli in concerto un paio di volte.
Mi piaceva degli Offlaga, e mi piace tuttora, il fatto che la loro provenienza entri in maniera decisiva nel loro microcosmo musicale.
Reggio Emilia riveste un'importanza fondamentale nel contesto degli Offlaga Disco Pax.
Ci sono gruppi con la bandana in testa e i capelli lunghi, che fanno gli emuli dei Guns'n'Roses e poi scopri che sono da Pozzetto.
Ma per piacere!
Partono con Palazzo Masdoni, canzone d'apertura del loro nuovo album, e poi via via elargiscono un'ora e mezza di spettacolo abbastanza "ipnotizzante".
Come mi capitava anche le altre volte che ho avuto il piacere di vederli, per la durata del concerto tendi molto a concentrarti sui singoli aspetti che compongono il loro set.
Suoni, parole, scenografia, particolari.
Due piccole televisioni sono poste ai lati del palco, oltre al maxischermo alle spalle del gruppo.
Per tutta la durata del concerto trasmettono delle onde di trasmissione colorate, il che va sicuramente ad aggiungere un tassello al già alto livello di concentrazione verso il palco.
Creare atmosfera, creare una sorta di rituale.
Quest'ultimo concetto mi è abbastanza chiaro quando Collini alza un libro della storia della Reggiana come fosse un libro sacro.
In certi momenti sembra davvero di assistere ad una funzione religiosa.
Poche parole e molta attenzione.
Anzi, di solito in Chiesa c'è anche meno attenzione che non venerdi sera.

martedì 10 aprile 2012

DIAFRAMMA @ MAXIMUM FESTIVAL - ZERO BRANCO (TV) - 07/04/2012


Sabato 7 Aprile 2012, il sabato prima di Pasqua.
Mi piace Pasqua e la sua immagine da me idealizzata di campi verdi, uova di gallina e clima mite.
Sabato 7 Aprile però piove e tira vento, dopo mesi di siccità veneta.
Io al sabato lavoro fino alle 21 e 30.
Quindi, come da programma, alle 21 e 30 stacco e mi fiondo a casa, mangio e alle 22.15 sono già in auto pronto ad un'oretta di viaggio per raggiungere Zero Branco.
La location del concerto la raggiungo dopo essermi perso ed aver avuto la fortuna di chiedere ragguagli ad un ragazzo del posto casualmente incontrato lungo la strada.
La Trattoria Altroquando è in mezzo al nulla, non certo lungo la via principale.
Pago i miei 10 euro di ingresso e dopo un'occhiata all'ambiente vado a prendermi una birra media.
Sono da solo, e spero che i Diaframma inizino presto, altrimenti non saprei come far trascorrere un ora in solitaria se non bevendo e fumando.
Per fortuna 15 minuti dopo il mio arrivo i tre cominciano a prendere possesso del palco.
Avevo già visto i Diaframma nel 2008, tra l'altro sempre nella zona in cui suonano stasera, e la performance non mi era dispiaciuta; ero rimasto sorpreso in negativo da quanto poco centrassero il batterista con capelli lunghi e barba e il bassista.
Oggi invece di loro me ne frego e mi concentro quasi esclusivamente su Federico Fiumani.
Lui è i Diaframma, tanto vale concentrarsi solo su di lui.
Harrington e t-shirt nera per Fiumani e si parte subito con una tripletta iniziale che lascia poco scampo: Siberia (suonata davvero bene) - Gennaio (probabilmente la mia preferita dei Diaframma) - L'Odore delle Rose.
Mentre è gia partito con quest'ultima, Fiumani si ferma facendo notare al fonico un rumore, una sorta di rimbombo.
Pubblico che rimane sorpreso per l'interruzione e dopo si riparte.
Attitudine punk ed amatorialità artigianale.
Il concerto prosegue per circa un ora di repertorio, toccando praticamente tutti i punti salienti della produzione targata Diaframma.
Del nuovo album, che ho già avuto modo di ascoltare in internet, e che acquisterò al termine del concerto, vengono proposte: Vivo Così, Madre Superiora e Carta Carbone.
Mi piace molto il nuovo album, canzoni scritte bene, melodiche, con strofe e ritornelli al posto giusto, lunghezza giusta.
Il concerto termina e mi incammino a piedi lungo una strada di campagna mentre piove, fermandomi lungo il fosso per una pisciatina, prima di fare circa 20 km senza incrociare una macchina.

SOLO PER LA MAGLIA


Fabio Capello, Spal, 1966-67

mercoledì 28 marzo 2012

PIZZERIA BELLA NAPOLI - VICENZA

Non male questa pizzeria localizzata nella zona est della città berica.
Il locale si presenta bene con arredamenti in pietra bianca che fanno molto "locale pugliese".
La pizza che ho preso, una salsiccia/radicchio, aveva una forma quasi ovale ed era abbastanza spessa, oserei dire di tipo "Napoli".
Alla mia ragazza invece hanno sbagliato a fare la pizza, però aldilà di questo inconveniente la qualità del locale non mi è dispiaciuta.
Maglie del Vicenza Calcio appese a fianco dei tavoli che costeggiano i muri, così quando è stato il momento di pagare alla cassa ho detto alla commessa: "Eravamo seduti dove c'è la maglia di Dabo".
La mia salsiccia/radicchio veniva 6 euro, però ci sono pizze che costano anche 8 euro: diciamo che nel complesso, ovviamente senza esagerare, per una pizza e una bibita con 10 euro te la cavi.