La serata di venerdì dell’Asolo Free Music Festival si colloca a chiusura di una primavera/estate che dal punto di vista concertistico mi hanno dato molte soddisfazioni.
C’ero già stato lo scorso anno ad Asolo per gli Skatalites e già allora mi sorgevano spontanee alcune considerazioni, del tipo: come fanno questi ragazzi a permettersi di organizzare un festival che ogni anno riserva in programma bei nomi, non facendo sborsare un euro al pubblico?
Siamo fortunati ad avere ancora situazioni tipo l’Asolo Free Festival ad ingresso gratuito, con la possibilità di trascorrere un paio d’ore al top.
Location importante e livello qualitativo sempre medio alto.
Poi, personalmente, sono contro la totale gratuità; o meglio, sarei a favore, ma a determinate condizioni che denotino un minimo di coscienza da parte del pubblico.
Sei consapevole dello sforzo organizzativo fatto per darti la possibilità di entrare gratis?
E allora spendili qualche euro al bancone delle birre.
Ti piace il gruppo? Allora prenditi il cd o la maglietta.
Cose del tipo portarsi le birre da casa ad un concerto gratuito sono mosse da avvoltoi, poi se le cose andranno male ci rimetterà chi è realmente interessato a questi eventi.
Detto questo, il primo gruppo che mi becco sono i Jennifer Gentle con un paio di membri dei Verdena: la serata non inizia sotto ai migliori auspici, per il sottoscritto, se per un’ora mi tocca sorbirmi canzoni in cui non trovo nessun motivo perché mi piacciano almeno un po’.
Mi sembra che sotto il palco ci siano ragazzine più interessate al fatto di trovarsi davanti qualcuno dei Verdena piuttosto che altro; addirittura una tipa che avrà vent’anni sale sul palco dal retro e si agita tutta con i soliti gesti da ragazzina perché emozionatissima di stare vicina ad uno dei Verdena.
“Cioè, non ci posso credere, è stupendo, cioè”.
L’ambiente è organizzato con due palchi: uno di grandi dimensioni ed uno che ricolloca il tutto ad una dimensione umana che apprezzo, tipo palco da club.
I Vindicators si esibiscono proprio sul secondo palco e danno vita ad un’esibizione davvero coinvolgente.
Riformatasi da poco, la band bassanese nacque nella seconda metà degli anni ’80 dopo l’esperienza dei Frigidaire Tango.
Probabile che dopo gli anni del grande gelo con i Frigidaire Tango i ragazzi volessero solo divertirsi un po’ suonando un rock’n’roll da party band.
E lo fanno molto bene: età media intorno ai cinquant’anni, zero paranoie, pezzi in rapida successione, energia e divertimento.
Il pubblico apprezza l’intensità del sestetto, un crescendo che ha il suo culmine nella parte finale del loro set dove i freni inibitori si sciolgono definitivamente sopra e sotto il palco.
La parte finale della serata è affidata a Pete Best e al gruppo che lo accompagna:
una band onesta, da pub, da ascoltarsi preferibilmente un venerdì sera d’autunno/inverno in un Irish Pub di provincia.
Rock’n’roll di prima mano, quello suonato dai Beatles nelle serate trascorse nei bassifondi di Amburgo, per sbarcare il lunario ed accumulare esperienza.
Sulla vicenda di Pete Best sono state scritte migliaia di parole; posso solo dire che bisogna essere bravi ad incassare il colpo di un allontanamento da una band, che poi sarebbe diventata la più famosa al mondo, un attimo prima che esploda.
Il buon Pete probabilmente se n’è fatto una ragione anni orsono; la storia sa essere crudele e richiede pure i suoi personaggi minori.
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