martedì 9 ottobre 2018

NU GUINEA - PADOVA - HALL - 06/10/2018

Ero abbastanza preso dall'idea di vedere i Nu Guinea a Padova, del resto il disco gira ininterrottamente nella mia auto dai primi di giugno, però alla fine diversi particolari hanno concorso alla non completa riuscita dell'esibizione.
Demis mi aveva detto: "Non so se venire perché ho paura di restarne deluso". L'avessi ascoltato!
Ma il problema non sono i Nu Guinea, che per questo tour hanno messo su una band vera e propria, ma il locale, l'Hall di Padova.
In piena zona industriale, un contesto che ti far venir voglia di non metterti a trovare parcheggio ma di ripartire in fretta verso mete migliori, distanti parecchi km da queste zone malate diventate simbolo del nordest produttivo.
Io però credo ad una altra verità, credo nel Veneto dei centri storici, del Palladio, della bellezza, della natura, dei campi a perdita d'occhio.
Non mi va di passarmi la serata in zona industriale, dentro ad un capannone col palco montato e farmi mezzora di colonna per una birra rancida perché "c'è solo una cassa".
L'audio, nella prima mezzora di concerto, era pessimo. E ci credo, siamo dentro ad un capannone, cosa vuoi aspettarti?
Un casino infernale, strumenti che non si sentivano, voci troppo alte, rimbombo.
Il sound raffinato dei Nu Guinea sotterrato da problemi tecnici a non finire, poi qualcosa si è aggiustato e gli ultimi pezzi son stati decenti.
Questa è musica da ballare in riva al mare, o per un aperitivo in centro vicino ai palazzi storici della città, non c'entra niente con i capannoni. Non è techno, non è punk Detroit: è jazz funk di classe e necessita di un contesto appropriato.
All'Hall non ci torno più, trovo più gusto nell'immaginarmi i Nu Guinea ad Ibiza che non vederli realmente in queste condizioni.
Che gente c'era? Boh, Hipster senza una direzione, look abbastanza a caso con mancanza di particolari e parecchio presi dalle droghe e dai diritti civili.
Pareva di essere tornati al 2004/2005, certe sere al Capannone Sociale di Vicenza, però là si sentiva meglio. Che poi mi domando come fai a proporre un ambiente di scarsa qualità nell'epoca dei social network, con la gente che ti lascia recensioni negative al primo futile pretesto.
Questi mica ti perdonano nulla, è gente cresciuta nella bambagia dei social network, mica come me che sono cresciuto in strada, con le mie motivazioni che provengono da una percorso diverso.
Ritornando alla musica, spettacolare la cover finale di "Amore" dei Chrisma, mi tornava in mente quel video al Festivalbar all'Arena, 1976, con Christina Moser al top, una dea bionda a Verona.

mercoledì 3 ottobre 2018

GLEN MATLOCK - GOOD TO GO

A conclusione della recensione dell'Ep "Sexy Beast", uscito poco più di un anno fa, avevo scritto che sarebbe stato molto interessante poter ascoltare qualcosa sulla lunga distanza, nello specifico un album, che si muovesse entro le stesse coordinate sonore, ed eccomi accontentato.
Aspettative ben riposte? Beh, direi proprio di si: "Good to Go" è un gran bel disco, riuscitissimo, sicuramente tra i miei preferiti del 2018.
Canzoni molto semplici nella struttura, ottime melodie e poco spazio a sperimentalismi di sorta: classicismo, tradizionalismo, roba duratura forgiata dal tempo. Questo concetto, se vogliamo, è un aspetto fondamentale nella storiografia di Matlock che già nei Pistols aveva dato problemi per via dei suoi gusti considerati "classici" o della sua visione non così progressista come poteva essere quella di Johnny Rotten; in realtà i Pistols erano una band dal suono classico, non erano i Pil, e Glen Matlock compose gran parte della musica.
Ecco, questo è un buon approccio per avvicinarsi all'ascolto di "Good to Go": dentro ci sono certi richiami ai Kinks primi anni '70 ("Won't Put the Brakes on Me"), rock'n'roll torbido ("Wanderlust") e anche un pezzo che starebbe benissimo cantato da Joey Ramone ("Piece of Work").
Dovessi scegliere la preferita, direi "Strange Kinda Taste", un bell'impasto di Kinks /Small Faces /Power Pop che nel lettore in macchina gira che è un piacere.
La formazione che accompagna Glen Matlock è la stessa dell'Ep, Slim Jim Phantom, Stray Cats, alla batteria e Earl Slick, carriera di ultralivello, alla chitarra: questo incastro risulta fondamentale nella buona riuscita dell'album, lo stile di entrambi si nota, non passa assolutamente sottotraccia.
In realtà la domanda che mi faccio da qualche giorno è questa: sarà questo album apprezzato in giro? Avrà il giusto riconoscimento? Boh, mistero.
Sarebbe bello se la band intraprendesse un bel tour in formazione completa, invece so che Glen gira spesso solo con l'acustica. Vedremo. Nel frattempo me lo riascolto un altra volta.