mercoledì 17 luglio 2013

CJ RAMONE - OLTRASUONI FESTIVAL - DRO' (TN) - 12/07/2013



Non sono tanti quelli che possono bearsi di far parte della famiglia Ramones e sappiamo tutti che Joey, Johnny e Dee Dee non ci sono più: Cj Ramone è uno della famiglia.
Certo, entrò nella band nell’ultimo periodo, giusto per piazzare un paio di buoni album autografi in studio (più Acid Eaters), però ho sempre pensato che la sua parte la fece bene, mettendoci energia, fedeltà alla linea e cantando anche qualche buon pezzo.
La data di Drò si preannuncia quindi imperdibile per qualsiasi appassionato fan ramonico.
Ad aprire la serata ci sono i Manges, band spezzina che chi segue punk rock dovrebbe conoscere quantomeno bene, vista la militanza ventennale dei nostri.
In mezzoretta sparano parecchi proiettili, concentrandosi principalmente nei brani usciti negli anni 2000, con un paio di chicche direttamente dal decennio precedente.
Da segnalare una cover di “Murder in the Brady House”, pezzo minore dei primi Screeching Weasel.
Pubblico che si scalda per bene ed è pronto all’entrata di Cj e band.
Inizia subito con “Judy is a punk”, “Blitzkrieg Bop” e “Cretin Hop”, roba che suona da sempre da Dio.
Si concede di piazzare qua e là qualche pezzo del suo album uscito nel 2012, “Reconquista”, buone canzoni di matrice (ovviamente) ramonesiana.
Da segnalare che il chitarrista Johnny “Two Bags”, direttamente dai Social Distortion, sembra non sapere diverse canzoni, forse non ha studiato bene, in alcuni pezzi partono a tempo basso e batteria e lui si attacca dopo seguendo con lo sguardo quello che fa Cj.
Va beh dai, la cosa mi suscita anche un pò di simpatia: Cj vedo che ci mette l’anima, mi sembra onesto in quello che fa e questo basta.
Magari avere avuto la possibilità di vedere i Ramones dal vivo, ad essere nati dieci anni prima.

mercoledì 10 luglio 2013

EX CCCP/CSI - SHERWOOD FESTIVAL - PADOVA - 05/07/2013



Purtroppo il fatto di vedere una band in un contesto completamente astratto rispetto all’epoca e alle pulsioni originarie ha condizionato non poco il mio sentimento verso il live degli ex Cccp/Csi allo Sherwood Festival.
Intendiamoci, i dischi dei Cccp (soprattutto i primi lavori) suonano ancora come dinamite pura: l’unica via italiana al punk? Probabile.
Noia, provincia, alienazione: dentro c’è tutto. Supportato da un immagine visiva ed ideologica che non lasciava scampo per originalità ma anche per profondità di visione.
I Csi, invece, non li ho mai ascoltati se non a spizzichi e bocconi, vedendoli come una maturazione dello spirito Cccp, certamente resa necessaria dall’evolversi delle cose, ma non in grado di attrarmi come la realtà precedente.
Purtroppo però il tempo passa per tutti ed un operazione come quella di riproporre le vecchie canzoni targate, appunto, Cccp/Csi è una mossa che va incontro ad un grosso rischio revivalistico e proprio in questo ostacolo cade in maniera evidente.
Certo, uno può pensare che comunque è bello sentirle suonare dal vivo, però non basta; i Cccp mi hanno sempre trasmesso un qualcosa in più di un semplice concerto in cui rinverdire la memoria del passato.
Poi consideri che manca alla rimpatriata Giovanni Lindo Ferretti, cioè il fulcro del gruppo (insieme a Zamboni, certo, però comunque una figura imprescindibile per poter capire il tutto) e allora inizia dalla più evidente il conteggio delle cose che non vanno.
Perché la Baraldi è ok, ha grinta, ha voce, tutto quello che vuoi, però non è Ferretti.
Perché Giorgio Canali deve cantare “Live in Pankow” e “Valium Tavor Serenase” e a momenti neanche si ricorda il testo.
Perché il cantante della Banda Bardò che c’azzecca con la freddezza provinciale da nord Italia dei Cccp?
Dai ragazzi, chiamano un hippie a cantare “Battagliero”, c’è un limite a tutto.
Perché Nada (si, quella) che elargisce una sorta di profezia apocalittica in “Trafitto” mi sembra un po’ fuori luogo.
Perché sono tutti là con il leggio, porca miseria, manco fossimo al concerto di fine anno della filarmonica.
Tante cose, insomma.
Le canzoni su disco rimangono, per fortuna; insieme alle immagini d’epoca, ai libri, alle interviste, a tutto quello che può aiutare a non perdere un  esperienza incredibile come quella dei Cccp (Csi, ripeto, non ne parlo per scarsa conoscenza), che però con un concerto “da cover band” come quello visto a Padova c’entra assai poco. 

martedì 2 luglio 2013

GUITAR WOLF - TRATTORIA ALTROQUANDO - ZERO BRANCO (TV) - 27/06/2013




Mi ha lasciato un po’ perplesso l’esibizione dei giappi Guitar Wolf all’Altroquando di Zero Branco.
Geni o bluff? Premesso che parlo da semplice appassionato a certi suoni, devo dire che a due/tre giorni dal concerto il dilemma non si è sciolto e probabilmente non troverà risposta.
Ma cominciamo con ordine: aprono la serata i Rocky Horror Tv Shock, quintetto veneto a cui il fatto di abitare in Padania non deve aver fatto granchè bene. Una ventina di minuti di punk settantasettino annoiato e arrabbiato al punto giusto, melodie moleste e facce scazzate come quelle che vedi in certe copertine direttamente dal 77 minore inglese o americano.
Bello così, promossi.
Nel frattempo, mentre i Rocky Horror stanno completando il loro set si scorge arrivare nel parcheggio il pulmino con dentro i Guitar Wolf.
Smontano la roba, un tizio la monta e dopo un po’ è giunto il loro momento.
L’ingresso sul palco è da urlo: camminano in fila orizzontale, vestiti di tutto punto con giubba in pelle,  occhiali da sole e tenendo gli strumenti in mano; mettici un po’ di nebbia finta dietro e diventa la scena perfetta di un film di serie z giapponese.
Inizia il set e qua iniziano ad insinuarsi i primi dubbi di cui prima scrivevo, nel senso che i tre sputano fuori un punk/noise con qualche giretto rock’n’roll che però non mi entusiasma granchè.
I finali non si distinguono, gli stacchi interni alle canzoni mi sembrano macchinosi, le canzoni in definitiva mi sembrano tutte uguali.
Hai presente quando a 16 anni fai ascoltare i Ramones a tua mamma? Lei dirà: “Ma sono tutte uguali!”, tu però sai che non è così, sai che “Judy is a punk” non è “Glad to see you go”, perdio.
Il problema con i Guitar Wolf è che le canzoni sono veramente tutte uguali: praticamente il concerto è un brusio rumorista di mezzora, da cui alla fine ne esci anche un po’ sfiancato.
Probabilmente avranno successo in quegli ambienti alternativi avanguardistici che tirano nei posti cool del mondo, tipo a New York, però a me manca la sostanza: li preferirei più quadrati, più granitici, meno noise.
E’un problema mio, certo: ad ogni modo il palco lo tengono molto bene, non si risparmiano, non fai in tempo a distrarti un attimo che il cantante/chitarrista è già la che colpisce palline da tennis con la chitarra.
Per intorpidire maggiormente le acque potrei dire che se tornassero a suonare in zona andrei comunque a vederli nuovamente: è un esperienza tutto sommato da vivere.