giovedì 8 settembre 2016

CARPETTES IN ITALIA NEL 1980



I Carpettes, magnifico gruppo minore punk '77 inglese, si esibirono molto spesso in Italia nel 1980.
Una prima serie di concerti a giugno, un intermezzo a luglio, per poi ritornare in tour a novembre.
Sembrano le storie di quei gruppi beat 60's inglesi che, trovando poco spazio in casa, emigravano e magari diventavano delle vere star nei paesi d'adozione.
Una storia curiosa.
Di questi concerti praticamente non c'è nessuna testimonianza sul web; tennero anche interviste radio, una conferenza stampa e tre ospitate in tv, a "First Round", dove eseguirono in playback "Johnny won't hurt you", a "Popcorn" con "Nothing Ever Changes"e a "Superclassifica Show".

Qui di seguito sono riportate tutte le date fatte dai Carpettes in Italia:

- 16 giugno - Odissea 2001 - Milano - con Here & Now - Cloudless Sky
-  dal 16 al 18 giugno - 3 interviste radio + apparizione nel programma "First Round"
- 19 giugno - Certaldo (Fi) - con Sniff
- 20 giugno - San Giovanni Valdarno (Ar)
- 21 giugno - Versilia Rock Festival - Viareggio - con Tom Robinson Band, Gianna Nannini
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
- 12 luglio - Odissea 2001 - Milano - con Merton Parkas & The Tigers
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
- 17 novembre - Odissea 2001 - Milano
- 18 novembre - Excelsior - Erba (Co) - con Rocking Days & Mauro77
- 19 novembre - Apparizione nel programma "Popcorn"
- 20 novembre - Caravel - Mantova
- 21 novembre - Apparizione nel programma "Superclassifica"
- 22 novembre - Vidicon - Milano - con 198x - Hcn - Free Crea - Bloody Hands

Postille:
- I 198X sono uno dei gruppi milanesi più famosi della scena dell'epoca.
- Gli Hcn erano il gruppo di Marco Philopat.
- In merito al Versilia Rock Festival dell'80 ho trovato questo racconto di Piero Pelù:
"..ci furono altri concerti, tra cui la partecipazione al Versilia Rock ‘80 sul lungomare di Viareggio. Era un evento piuttosto importante, nel quale eravamo stati introdotti da un nostro proto-manager. Come headliner c'erano gli Stranglers, Tom Robinson e lo straordinario Nino Ferrer.
C'erano gli Skiantos freschi del loro successo con “Mi piaccion le Sbarbin”e, c'era Gianna Nannini, e poi c’eravamo noi, più che esordienti. Suonammo nel pomeriggio e naturalmente non c'era nessuno a sentirci, escludendo la mia famiglia e un po' di amici che ci avevano raggiunto per l’occasione, però fu ugualmente divertente, un'esperienza indimenticabile. Su “Ciao 2001” uscì poi una recensione di quel festival, si parlava di tutta la serata e a noi fu dedicata una riga. Diceva soltanto: “…E poi i Mugnions: Tremendi”.

venerdì 19 agosto 2016

BLACK AND WHITE TOUR - STRANGLERS & 999 A SPASSO PER L'EUROPA - ESTATE 1978




Nell'estate del 1978 gli Stranglers, supportati dai 999, partirono per un lungo tour europeo, il "Black & White Tour" dal nome del terzo album appena licenziato dagli Strangolatori, che attraversò Francia, Belgio, Olanda, Germania, Austria, Jugoslavia, Italia, Svizzera, Spagna e Portogallo.
 Erano praticamente tra i primi della scena punk originale a suonare in nazioni al limite della periferia dell'impero, perlopiù in diretta con quelli che erano effettivamente "i loro tempi", non ancora un revival o una nostalgia.
A Vienna furono effettuate delle riprese per un documentario, "New Wave in Vienna", presente anche nel dvd "The Stranglers live in Battersea 1978".
Il 30 giugno suonarono a Lubiana, all'Hala Tivoli, grande ed austero palazzetto dello sport in cui ad ottobre 2015 ho visto Morrissey.
In Italia suonarono al Picchio Rosso di Formigine, in provincia di Modena, di pomeriggio.
Un concerto in qualche modo storico di cui si parla in termini leggendari e di cui non sono riuscito a trovare una data precisa, anche se è necessariamente tra l'1 e il 5 luglio. Che sia forse domenica 2 luglio visto l'orario pomeridiano del concerto?
Poi Zurigo, Barcellona, Madrid e gran finale a Lisbona; il concerto era previsto in uno stadio, furono venduti 12.000 biglietti, era uno dei primi concerti rock in Portogallo dalla cosidetta rivoluzione dei garofani del 1974.
A causa di motivi tecnici il concerto non si tenne, provocando la rabbia dei presenti che scatenarono una rivolta a cui le stesse band scamparono per un soffio.

Qua sotto le date che sono riuscito a recuperare del tour:
12 giugno 1978 - Parigi - Francia - Le Stadium
13 giugno 1978 - Bruxelles - Belgio - Ancienne Belgique
19 giugno 1978 - Hannover - Germania
20 giugno 1978 - Colonia - Germania 
22 giugno 1978 - Earlangen - Germania
23 giugno 1978 - Monaco - Germania
30 giugno 1978 - Lubiana - Jugoslavia - Hala Tivoli
? luglio 1978 - Formigine (Mo) - Picchio Rosso
6 luglio 1978 - Zurigo - Svizzera - Volkshaus
10 luglio 1978 - Barcellona - Spagna
11 luglio 1978 - Barcellona - Spagna
12 luglio 1978 - Madrid - Spagna
14 luglio 1978 - Lisbona - Portogallo - Cascais Sport Stadium - Cancellato

Poi nel 1980 gli Stranglers tornarono in Italia per due date: il 2 luglio a Roma, Castel Sant'Angelo e il 3 luglio a Parma nel parcheggio fuori dall'Ex Zuccherificio Eridania.
Di quella serata esiste un bootleg con la seguente scaletta:

1. Shah Shah A Go Go
2. Ice
3. Toiler On The Sea
4. Duchess
5. Hanging Around
6. Baroque Bordello
7. Waiting For The Meninblack
8. Down In The Sewer
9. Who Wants The World
10. Thrown Away
11. I Feel Like A Wog
12. Tank
13. Nuclear Device
14. Genetix
15. Hallow To Our Men
16. The Raven
17. Five Minutes


mercoledì 27 luglio 2016

KRAFTWERK @ ARENA DI VERONA - 25/05/2016



E' stata un esperienza grandiosa vedere i Kraftwerk all'Arena di Verona: sicuramente diversa da tutto quello che ho visto finora in ambito concertistico.
Lo spettacolo non c'entra niente con il rock e i suoi paradigmi (sudore, intensità, partecipazione).
Praticamente i Kraftwerk sono quattro impiegati della musica, ognuno con il suo bel tavolino davanti, e stanno fermi immobili un'ora e mezza a manipolare suoni.
La parte del leone la fa l'immagine, lo spettacolo visivo godibile tramite appositi occhialini 3d consegnati all'ingresso e proiettato su un telo alle spalle dei quattro.
Forse i suoni erano un po' troppo modernizzati e spinti per i miei gusti, però abbiamo ascoltato (tra le altre) cose come "Trans Europe Express", "Autobahn", "Tour de France", "Radio Activity", "The Model", "Computer Love", cioè roba che sta lassù, nell'olimpo della musica tutta.
Dentro c'è tutta la new wave e le successive evoluzioni elettroniche.
Tra l'altro "Autobahn" a Verona c'ha un senso particolare per il lettori del mai dimenticato PierVittorio Tondelli: era il titolo di un capitolo su "Altri Libertini" e quell'autostrada è proprio la Brennero che passa da Verona.
E' stata un esperienza diversa anche perché individualista nella fruizione: se li da solo con i tuoi bei occhialini e comunichi poco con chi ti sta vicino.
E' un mondo freddo, glaciale ed ordinato quello propugnato dai Kraftwerk: visti in pieno luglio suonano un po' strani, forse in autunno/inverno sarebbe diverso, certe atmosfere risulterebbero più compiute.
Verso la fine, su "The Robots", sono stati sostituiti da quattro manichini con il classico look camicia rossa/cravatta nera, che si muovevano a tempo elettronico: ho pensato che anche a me piacerebbe avere un manichino dei Kraftwerk a casa, magari all'ingresso.

mercoledì 20 luglio 2016

STATUTO @ THIENE SUMMER GARDEN - 19/07/2016


Gli Statuto sono un gruppo unico sulla scena italiana: tra alti e bassi è dal 1983 che portano in giro il loro modo d'essere.
Un gruppo unico perché unica è la loro storia: ragazzi che si trovano nella piazza di una metropoli (Torino), appartenenti ad una sottocultura (Mods) che decidono di formare un gruppo.
Sono praticamente gli unici a certi livelli che non si vergognano a parlare di calcio come piace a me nei loro testi.
Altra considerazione che mi frullava in testa in questi giorni: pur essendo un gruppo emerso negli anni '80, non sono mai stati relegati mentalmente a quella fascia storico temporale come, ad esempio, possono essere i Diaframma (che comunque adoro); né loro hanno mai dato segni di nostalgia in questo senso, dimostrando che la vita va vissuta adesso.
Poi a me personalmente l'ultimo album non mi piace un granchè: c'è un concept che non mi convince, anche se ogni tanto spero di cambiare idea e di farmelo piacere maggiormente come i loro precedenti dischi.
A Thiene hanno fatto canzoni prese da tutta la loro carriera. Forse con i fiati erano meglio rispetto alla formazione a quattro di adesso, si potevano concedere soluzioni un attimo più raffinate e complete.
Adesso lo ska è bello rude, però i pezzi power pop/beat filano che sono un piacere.
Oskar è una sagoma, fa le sue movenze che strappano più di un sorriso.
Insomma, per me gli Statuto hanno il sapore delle cose buone, genuine, italiane (stesso effetto me lo provocano i Diaframma).
All'inizio hanno suonato praticamente per me e la mia ragazza che ci siamo posizionati giusti dritti al palco, poi è arrivata un po' di gente e alla fine, quasi senza che me accorgessi, alla mia destra era presente un orda di barbari (da me soprannominati "Huligani Dangereux") in ciabatte e petto nudo che cantava, ballava, lanciava birra in aria, cantava canzoni da stadio e si divertiva.
Bello così!

lunedì 2 maggio 2016

BUZZCOCKS - NEW AGE - RONCADE (TV) - 29/04/2016



Settimana strana, raffreddore, malesseri di stagione, mezza febbre: io, comunque, è già dal lunedì che ho in testa il concerto dei Buzzcocks al New Age.
Mi riascolto il loro ultimo album, l'ottimo "The Way" del 2014, e penso che ultimamente sto prendendo una bella media: terza volta che li vedo negli ultimi quattro anni. Beh, a dire il vero mi piacerebbe vederli anche ogni sei mesi, però tocca accontentarsi di quello che passa il convento.
Mi bevo una bella bionda media col mio socio e quando i Buzzcocks salgono sul palco sono contento come un bambino.
Partono con "Boredom", caratterizzata dal suo classico assolino stupido e alla fine ci attaccano subito il basso di "Fast Cars", primo pezzo di quel grande album che è "Another Music in a Different Kitchen".
Io sono davanti a Steve Diggle, il mitico Steve che non sta fermo un attimo e sembra un ragazzino di sessant'anni con una sacco di vitalità da spendere, mentre Pete Shelley sembra un attimo più sulle sue.
Fanno "I Don't Mind" e tutti a fare il coro e poi sorprendono inserendo "Totally from the Heart" da "All Set" del 1996, quasi un pezzo di culto.
La lunga suite kraut di "Moving Away from the Pulsebeat" è un mantra circolare che non ti fa stare fermo un secondo, sentita adesso sembra quasi un anticipazione danzereccia di quella che diventerà Manchester alla fine degli '80 con l'Hacienda e l'indie dance.
Mi salgono dei flash, tipo il racconto intitolato "Pete Shelley" su una raccolta curata da Nick Hornby, che parla di Inghilterra fine '70, adolescenti con gli ormoni in esplosione che ascoltano i Buzzcocks e gli Adverts, e Pete Shelley ora è proprio davanti a me e questi sono i Buzzcocks.
"Promises" è una delle mie canzoni preferite di sempre, il testo, i coretti; "Noise Annoys" mi ricorda l'autunno delle superiori, quando tornavo da scuola, mettevo su "Singles Going Steady" e mi stendevo sul letto ad ascoltarlo, ottobre/novembre.
Insomma, i Buzzcocks sono un pezzo di cuore, ma questo l'ho sempre saputo. Per me hanno sempre rappresentato qualcosa di più di una semplice band di cui ti piacciono le canzoni: il look, i testi, le melodie, le grafiche, tutto eccezionale.
Chiudono con la bomba punk '76 "Time's Up", prima di rientrare e stendere tutti con "What Do I Get/Orgasm Addict/Ever Fallen in Love/Harmony in My Head".
Alla fine penso che mi piacerebbe andare anche il giorno dopo a Cervia e poi continuare a seguirli lungo tutto il tour europeo: torno a casa e mi addormento col sorriso.

venerdì 1 aprile 2016

PUNKY REGGAE PARTY

La punky reggae connection fu una questione fondamentalmente londinese: fu possibile in quanto era ben presente e radicata in città una comunità giamaicana sin dai primi anni '50, principalmente in quartieri come Brixton e Ladbrooke Grove.
La musica giamaicana aveva già attecchito in Inghilterra a partire dagli anni '60, con Mods e Skinheads inglesi che fecero di ska, rocksteady e original reggae la colonna sonora del loro total look.
Parliamo quindi di una situazione giovanile generalmente ben ricettiva verso i suoni dell'isola, e così fu anche nella primissima seconda metà degli anni '70.
Dalla Giamaica usciva quello che verrà definito Roots Reggae, caratterizzato da altre tematiche rispetto allo status quo di ska/rocksteady/reggae: si inizia a parlare di Jah, inizia l'epopea Rastafariana, si parla di situazione sociale, insomma una musica che va a configurarsi come "militante".
Un po' quello che i ragazzi bianchi stanno facendo a modo loro a Londra con i primi vagiti punk: i prime movers come Clash e Pistols è gente che la materia giamaicana la conosce bene, per averla imparata in strada.
Don Letts, dj anglo giamaicano, suona dischi dub e reggae tra un set punk e l'altro al Roxy Club di Covent Garden: "Non c'erano dischi punk nostrani da metter sul piatto, perchè dovevano ancora essere incisi, così mettevo dub reggae intervellato ogni tanto da MC5, Stooges, New York Dolls e Ramones".
Un buon esempio dei pezzi suonati da Don Letts in quelle storiche serate si possono ritrovare nella compilation da lui curata, "Dread meets Punk Rockers Uptown".
Intanto arriva il fatidico 1977: nel primo album i Clash rifanno "Police & Thieves" di Junior Murvin: la suonano a modo loro, più rude ed elettrica rispetto alla contemporanea versione originale.
E' il primo esempio musicale di punk reggae.
Bob Marley nel 1977 si trova in città e scrive "Punky Reggae Party", lato b di Jamming, gran pezzo celebrativo di quello che sta accadendo:
"Wailers still be there,
The Jam, The Damned, The Clash
Wailers still be there
Dr. Feelgood too, ooh"
In un intervista dice: "E' diverso ma mi piace. I punk sono i reietti della società. Così come i rasta. Anche loro difendono ciò che noi difendiamo".
L'esempio dei Clash viene seguito in ambito punk qualche mese dopo dai Ruts, i quali registrarono un paio di pezzi reggae micidiali e dagli Stiff Little Fingers di "Johnny Was".
I Pil di John Lydon furono pesantemente influenzati dal dub e tracce di reggae si possono rintracciare anche nella prima fresca new wave di Elvis Costello, Joe Jackson e Police.
Fu una cosa praticamente univoca, nel senso che gli artisti bianchi britannici ne furono influenzati, i gruppi reggae inglesi invece non particolarmente (parlo sempre a livello di suono).
Poi arrivo la Two Tone, con il recupero sonoro e stilistico dello ska, ma quella è un altra storia.
Una "Punky Reggae Compilation" io la farei così:
- Clash - Police & Thieves
- Clash - White Man in Hammersmith
- Clash - Guns of Brixton
- Stranglers - Peaches
- Stiff Little Fingers - Johhny Was
- Ruts - Jah War
- Members - Romance
- Joe Jackson - Sunday papers
- Elvis Costello - Watching the Detectives
 - Police - Roxanne
Vi consiglio il bel libro di Don Letts "Punk e Dread", la compilation da lui curata di cui sopra e "Punky Reggae Selecta".


domenica 6 marzo 2016

JOE JACKSON @ TEATRO CORSO - MESTRE - 04/03/2016



Nel mio immaginario la figura di Joe Jackson è legata a doppio filo con quella di Pier Vittorio Tondelli: lo scrittore emiliano, infatti, ne scrisse sia su "Rimini" che su "Camere Separate", sul primo addirittura citando una sua frase in apertura di libro.
Erano gli anni '80, e l'artista inglese era sicuramente una figura di spicco nel panorama musicale di allora, forte di diversi ottimi album disclocati nel periodo 1979/1986.
Fa ora tappa a Mestre, in un Teatro Corso gremito, per presentare la sua ultima fatica, "Fast Forward", eccellente disco che sembra restituire almeno un pò della magia dei tempi d'oro.
La primissima parte di concerto lo vede impegnato a rileggere, in solitaria alla tastiera, pagine importanti come "It's different for girls", "Hometown", "Be my number two", oltre alla titletrack "Fast Forward"; a partire dalla classica "Is she really going out with him?" viene raggiunto sul palco dai compagni di band (chitarra/basso/batteria) e insieme iniziano a macinare una scaletta che non fa prigionieri.
Ci sono i sapori funky 80's di "You can't get what you want", il reggae punk '79 di "Sunday papers", la pulizia pop rock di "Junkie diva" e "A little smile", la New York connection di "Another World", il tutto eseguito con una perfezione stilistica da campioni, con il piano/tastiera che conferisce una certa raffinatezza globale all'insieme.
Anche a livello estetico il quartetto è un bel vedere: vestìti bene, sobri, zero pacchianate, giusto una sciarpa biancoblu del Portsmouth annodata alla tastiera che fà molto passione working class inglese.
Graham Maby, il bassista storico di Jackson con lui dai primissimi tempi, regge la scena in maniera impeccabile sia a livello ritmico che visivo.
Molto divertenti inoltre i siparietti che Joe Jackson concede tra i brani, qualche numero di caro vecchio british humour che me lo rendono affettivamente simpatico.
C'è spazio anche per un omaggio a David Bowie con "Scary Monsters (and super creeps)": noto anche la scritta "Bowie" fatta sul nastro adesivo su un cassone nelle retrovie del palco.
L'unico piccolo neo, se vogliamo, è una rilettura lenta e un pò spenta di "Steppin' Out", praticamente il suo brano più famoso direttamente dal capolavoro "Night & Day" del 1982: l'esecuzione original penso avrebbe incontrato maggiormente i consensi del pubblico, ma tutto sommato è solo un piccolo cavillo in una riuscitissima serata mestrina di inizio marzo 2016.