domenica 30 dicembre 2012

COLPO GOBBO NELLE HIGHLANDS


Gang of Four!

IL MEGLIO DEL 2012 - DISCHI



Anno che volge al termine e quindi tempo di stilare liste.
Ecco un elenco, senza pretese classificatorie, di dischi usciti nel 2012 che ho apprezzato particolarmente.

Dischi Italiani

Diaframma – Niente di Serio 

Decisamente un buon album per una band che rappresenta la storia del rock italiano.

Nel disco in questione vengono rappresentate alla perfezione le due anime del gruppo fiorentino, quella più rock e quella più riflessiva.

Offlaga Disco Pax – Gioco di Società 

Oramai sono una certezza del panorama italiano.

Immaginario forte e dischi sempre ben fatti.

Karibean – Andersen 

Italiani, scoperti quest’anno, stupiscono per il pregevole incrocio tra Ramones/Beach Boys/ Pastels, il tutto suonato come lo suonerebbe una misconosciuta band inglese epoca C86.

A Classic Education – Call it Blazing!

Un disco perfetto. Qua dentro ci sono canzoni che suonano decisamente senza tempo, pregne di melodie indimenticabili.

Un gruppo bolognese che se la gioca in tutto il mondo.

Dischi Stranieri

Prinzhorn Dance School – Clay Class 

New Wave cupa, glaciale e stilosa; da ascoltarsi in cuffia mentre si attraversano a piedi deserte ghost towns post industriali.

Jah Wobble. Keith Levene – Yin & Yang 

Parecchio solido quest’album dei due ex Pil.

Atmosfere Dub Rock metropolitane.

Jake Bugg 

Sorprende in positivo l’esordio di questo sbarbato diciottenne inglese.

Canzoni classicissime che odorano di Beatles e Brit Pop.

Paul Weller – Sonic Kicks 

La aspettavo attentamente questa nuova uscita di Paul Weller; risultato che convince per metà, visto che all’interno qualcosa di buono c’è, ma spesso è accompagnato da esperimenti non all’altezza della situazione.

Da segnalare anche: 

Bruce Foxton (l'ho ordinato e sto aspettando di riceverlo, ma da quel poco che ho sentito sembrerebbe parecchio interessante), Madness (album carino ma non memorabile), Tre Allegri Ragazzi Morti (buon album, a metà tra lo stile classico della band e cose più nuove), Cribs (qualche pezzo britpop degno di nota, altri meno), Vaccines (mi piacciono a sprazzi).

giovedì 20 dicembre 2012

ENRICO BRIZZI - L' INATTESA PIEGA DEGLI EVENTI

Un libro corposo, segnato da uno stile pulito, per uno scrittore che inizio ad apprezzare sempre di più.
E' il secondo libro di Enrico Brizzi che leggo: il primo, "La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco", pur essendo un excursus per lo scrittore bolognese, lo avevo trovato divertente ed interessante.
Qui siamo nel 1960: la seconda guerra mondiale è terminata in un altro modo rispetto alla versione originale e il fascismo persiste, seppur con modalità leggermente meno totalitarie.
Il buon Lorenzo Pellegrini, trentenne giornalista sportivo bolognese, viene inviato nelle Repubbliche associate Africane (nello specifico Etiopia ed Eritrea) per seguire da vicino la Serie Africa, campionato calcistico locale.
Lo attenderà una realtà a suo modo moderna, vivace, attiva.
Aregai è un basettone, me lo vedrei bene a ballare Ska e Rocksteady con gli Skinheads a Londra nel '69, mentre Cumani è un giocatore working class che raffigurato sulla copertina mi ricorda vagamente Roberto Pruzzo.



martedì 4 dicembre 2012

TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI – VINILE – ROSA’ – 29/11/2012



Avevo un po’ perso di vista i Tre Allegri Ragazzi Morti negli ultimi anni; nel mio percorso di appassionato a certi suoni è capitato, e capita ancora, che fasi della vita siano caratterizzate dall’ossessione verso determinate band.
Dai quindici ai vent’anni una delle band per me più importanti furono proprio i Tre Allegri Ragazzi Morti.
Sembra il solito discorso che poi cresci, maturi e cambi ascolti; in realtà è andata che certe tematiche adolescenziali ad un certo punto mi sembravano un po’ stagnanti e da “film”.
Capita. 
Probabilmente era necessaria una fase di allontanamento per poi poter osservare il quadro nel suo insieme più ampio, da esterno se vogliamo, perché se è vero che la tematica portante del gruppo pordenonese  è l’adolescenza e i suoi risvolti, è anche vero che la mia, almeno anagraficamente, è finita da qualche anno.
Allora le tematiche si riescono a guardare sotto un’altra stella, in grado di comprendere e decifrare il tutto sotto un ottica quasi sociologica se vogliamo: Tre Allegri Ragazzi Morti, una band, un immaginario forte che resiste negli anni, un gruppo non identificabile in maniera ortodossa con un genere perché inventori a loro modo di un qualcosa.
Dal vivo è da parecchi anni che non li vedo, mentre un ascolto ai due album usciti nella seconda metà degli anni 2000 cercavo sempre il modo di darlo, per una sorta di affetto verso la band.
Comunque siamo nel 2012 e i Tarm sono pronti a dare alle stampe il settimo disco in diciotto anni di carriera.
La serata del Vinile viene promulgata via manifesti e social network come un secret show con capienza limitata a 150 ingressi, una sorta di prova generale dove ascoltare in anteprima i brani del nuovo disco “Il giardino dei fantasmi” prima di intraprendere il tour promozionale vero e proprio.
Mi piace l’idea di organizzare un concerto in un giorno ai più insignificante come il giovedì; in città funziona così, non tutti gli eventi sono dipendenti dal venerdì e dal sabato.
Ovvio che però i concerti dovrebbero iniziare e finire ad un’ora umana: solo così avrebbero senso i concerti infrasettimanali.
Al Vinile l’atmosfera è attenta e curiosa e alle 23.00 la band sale sul palchetto del locale.
Partono con “Puoi dirlo a tutti”, brano tratto dal loro ultimo disco “Primitivi del futuro”,disco che ha segnato una virata stilistica verso ritmiche di stampo reggae.
Anche i brani del nuovo disco, ad un primo ascolto, sembrano mantenere un impronta lenta e in levare, con basso tondo e batteria che sembrano usciti da un disco dub.
Canzoni non molto immediate e sicuramente distanti anni luce dalle prime cose del gruppo, canzoni che magari richiederanno più di un ascolto su disco per essere apprezzate in maniera compiuta.
Dopo un’oretta dedicata al nuovo album, parte la scaletta che ripercorre i pezzi noti della band, intramezzata da qualche chicca (tipo “Un altro inverno a Pordenone”) che riscuotono l’entusiasmo dei presenti.
Uno show bello pieno di due ore e alle 01.00 precise il concerto termina, esco per primo dal Vinile e inizia a piovere. La statale è deserta.

mercoledì 14 novembre 2012

STADI D'ITALIA



Un commento per ogni stadio di Serie A.

Atalanta
Non male. Stadio inserito nel contesto cittadino, altrove magari lo avrebbero già sostituito velocemente costruendo un bel 40.000 posti vicino allo svincolo della tangenziale, come capita a molte cattedrali nel deserto.
Ad ogni modo, per migliorarlo ulteriormente, io toglierei i vetri divisori con gli spalti (come  succede nei paesi civili) e oserei con togliere le panchine e inserirle nella parte inferiore della tribuna centrale, come l’esempio dello “Juventus Stadium” insegna.

Bologna
Pur avendo la pista e pur avendo 35.000 posti a sedere di cui almeno 5.000 inutili, è uno stadio con il suo fascino architettonico.
Saranno gli archi esterni e la torre centrale, non so, comunque ha un suo perché.

Cagliari
Dopo il giusto abbandono dello sconcio Sant’Elia (con le tribune davanti prefabbricate davanti a quelle precedenti, robe da Italia) attendo di capire meglio com’è questo “Is Arenas”.
Dalle foto e dalle prime gare disputate non sembra male,seppur limitante nella sua struttura “in tubi”.
Vedremo.

Catania
Non mi è mai piaciuto particolarmente il “Massimino”. Diciamo che mi appare confusionario, e la rete da pescatore posta a protezione del settore ospiti non aiuta certo ad elevare Catania come nuova capitale del buon gusto.
La pista penalizza un po’ tutto l’insieme, che non sarebbe male con le tribune circolari, ma che comunque risultano parecchio distanti dal campo.

Chievo 
Ristrutturato per Italia ‘90, appare tutto sommato di un’altra sostanza rispetto ad altri scempi dell’epoca.
Forse un po’ troppo grande per Verona, tralasciando il Chievo che potrebbe giocare anche al Patronato (parlo proprio dell’Hellas, anche se numeri importanti i butei li fanno sempre), forse l’anello più elevato risulta di troppo.

Fiorentina
Il Franchi soffre un po’ la forma da “Circo Massimo” e con una forma rettangolare sicuramente le curve ci avrebbero guadagnato non poco.
Appello per togliere i vetri divisori, inutili e scomodi.

Genoa - Sampdoria
Marassi sale sicuramente sul podio dei primi tre per struttura e ambiente.
Forse l’unico difettuccio sta nella continuazione delle tribune centrali cinque/sei metri oltre la bandierina del calcio d’angolo.

Inter – Milan
San Siro è sempre San Siro.
Storia e grandezza. Negli ultimi tempi parecchi vuoti non belli da vedere (certo che le Società milanesi avrebbero il dovere morale di abbassare il prezzo dei biglietti) e quelle impalcature, che non capisco bene a cosa servono, poste tra il primo e il secondo anello delle curve.

Juventus
Qua non c’è nulla fuori posto: capienza giusta, vetri divisori non presenti, vicinanza degli spalti.
Speriamo che questo stadio rappresenti l’inizio di nuova era che si contraddistingua per la serietà e lo studio dei progetti, quando in Italia si è sempre storicamente agito al contrario in ambito stadi.

Lazio - Roma
L’Olimpico ha la pista, è vero, però non significa non sia uno stadio fascinoso, che se pieno risulta sicuramente di grande effetto.

Napoli
Mi sembra un po’ invecchiato il San Paolo.
Stadio di fascino, certo, però la pista forse appare veramente di troppo.

Palermo
Anche qua la forma “Circo Massimo” penalizza le curve.

Parma
Un bel stadio il “Tardini”, su misura per una realtà come Parma.
Da prendere come esempio per le realtà con un bacino d’utenza simile.

Pescara
La pista azzurra è un pugno sull’occhio.
Nel complesso stadio fatto male, tribune distanti e con vetri divisori sostanzialmente inutili.

Siena
Un obbrobrio.
Il problema è che le varie tribune prefabbricate non sono state integrate in una struttura coerente, bensì aggiunte a caso.
Un pezzo qua e un pezzetto là.
La curva di casa vicina al campo, l’altra distante. Bah.

Torino
Per essere di recente ristrutturazione forse si poteva fare un po’ meglio.
Non capisco le curve così distanti con venti metri buoni di prato a distanziarle dal campo di gioco.
Paradossalmente le foto del vecchio Comunale pieno (stadio sul quale è stato rifatto ex novo l’Olimpico) in un derby qualunque, mi comunicano un senso di “pericolosità” che nella piattezza dell’Olimpico attuale sarà difficile ritrovare.
Altri tempi.

Udinese
Anche i Pozzo han capito che il “Friuli” non andava bene per una realtà come Udine, dove è vero che la squadra va bene da anni, però lo stadio da 40.000 posti lo riempi tre volte all’anno se va bene.
Tra poco dovrebbero partire i lavori per metterci le mani, ridurre un po’ la capienza e avvicinare le tribune.
Possibile che nessuno ci avesse pensato in fase di progettazione?

mercoledì 7 novembre 2012

NORTHERN UPROAR - TRATTORIA ALTROQUANDO - ZERO BRANCO (TV) - 3/11/2012



E' autunno inoltrato e i concerti estivi hanno lasciato posto da un mesetto abbondante ai live al chiuso.
Nello specifico questo dei Northern Uproar si tiene presso la Trattoria Altroquando di Zero Branco, ambiente raccolto e casalingo nel bel mezzo delle provincie di Treviso, Padova e Venezia.
Chi si ricorda della band mancuniana?
Beh probabilmente qualche fan del Britpop minore anni novanta; fecero uscire un paio di album notevoli sulla scia dei primi Oasis proprio nella seconda metà dei 90's e poi sparirono nel nulla.
Peccato.
Succede spesso nel Regno Unito, dove band apprezzabili durano l'arco di un paio d'anni e poi vengono inghiottiti dallo stesso sistema che aveva provveduto a darli un minimo di notorietà.
Cambiano le mode di stagione e arrivano altre band che faranno esattamente lo stesso percorso dei Northern Uproar.
Ad ogni modo nel 2007 i nostri si riformarono e pubblicarono un nuovo disco passato sotto silenzio praticamente ovunque; da allora sono attivi in maniera sporadica con qualche live all'anno come qualsiasi band da cantina insegna.
La serata alla Trattoria Altroquando me l'ero segnata sul taccuino da un bel pezzo e non volevo perdermela per nessuna ragione.
Tre date italiane in acustico per gli inglesi, un mini tour decisamente di culto, con la band ridotta a un duo che alle 23.30 prende in mano le chitarre acustiche e per mezz'ora buona intona canzoni in cui risaltano a pieno melodie brit spolpate dall'elettricità dei dischi.
Il cantante ha la stazza più del magazziniere che del cantante rock: capelli corti, un bel pò di chili sovrappeso, abiti informali e un paio di adidas ai piedi.
Odio lo stereotipo di musicista rock tutto capelli lunghi/tatuaggi e i Northern Uproar sembrano rispondere a questa mia esigenza.
Non gliene frega nulla di apparire per quello che non sono: sono solamente due lads inglesi che pigliano la chitarra e cantano una decina di canzoni che parlano di vita di periferia e aspettative.
Che poi lo sappiano fare ancora particolarmente bene e che le canzoni suonino splendidamente a quindici anni di distanza, beh, questo non fa altro che aggiungere un bel pò di rimpianto per quello che poteva essere e non è stato.

mercoledì 19 settembre 2012

ASOLO FREE MUSIC FESTIVAL – VENERDI 14 SETEMBRE - 2012


La serata di venerdì dell’Asolo Free Music Festival si colloca a chiusura di una primavera/estate che dal punto di vista concertistico mi hanno dato molte soddisfazioni.

C’ero già stato lo scorso anno ad Asolo per gli Skatalites e già allora mi sorgevano spontanee alcune considerazioni, del tipo: come fanno questi ragazzi a permettersi di organizzare un festival che ogni anno riserva in programma bei nomi, non facendo sborsare un euro al pubblico?

Siamo fortunati ad avere ancora situazioni tipo l’Asolo Free Festival ad ingresso gratuito, con la possibilità di trascorrere un paio d’ore al top.

Location importante e livello qualitativo sempre medio alto.

Poi, personalmente, sono contro la totale gratuità; o meglio, sarei a favore, ma a determinate condizioni che denotino un minimo di coscienza da parte del pubblico.

Sei consapevole dello sforzo organizzativo fatto per darti la possibilità di entrare gratis?

E allora spendili qualche euro al bancone delle birre.

Ti piace il gruppo? Allora prenditi il cd o la maglietta.

Cose del tipo portarsi le birre da casa ad un concerto gratuito sono mosse da avvoltoi, poi se le cose andranno male ci rimetterà chi è realmente interessato a questi eventi.

Detto questo, il primo gruppo che mi becco sono i Jennifer Gentle con un paio di membri dei Verdena: la serata non inizia sotto ai migliori auspici, per il sottoscritto, se per un’ora mi tocca sorbirmi canzoni in cui non trovo nessun motivo perché mi piacciano almeno un po’.

Mi sembra che sotto il palco ci siano ragazzine più interessate al fatto di trovarsi davanti qualcuno dei Verdena piuttosto che altro; addirittura una tipa che avrà vent’anni sale sul palco dal retro e si agita tutta con i soliti gesti da ragazzina perché emozionatissima di stare vicina ad uno dei Verdena.

“Cioè, non ci posso credere, è stupendo, cioè”.

L’ambiente è organizzato con due palchi: uno di grandi dimensioni ed uno che ricolloca il tutto ad una dimensione umana che apprezzo, tipo palco da club.

I Vindicators si esibiscono proprio sul secondo palco e danno vita ad un’esibizione davvero coinvolgente.

Riformatasi da poco, la band bassanese nacque nella seconda metà degli anni ’80 dopo l’esperienza dei Frigidaire Tango.

Probabile che dopo gli anni del grande gelo con i Frigidaire Tango i ragazzi volessero solo divertirsi un po’ suonando un rock’n’roll da party band.

E lo fanno molto bene: età media intorno ai cinquant’anni, zero paranoie, pezzi in rapida successione, energia e divertimento.

Il pubblico apprezza l’intensità del sestetto, un crescendo che ha il suo culmine nella parte finale del loro set dove i freni inibitori si sciolgono definitivamente sopra e sotto il palco.

La parte finale della serata è affidata a Pete Best e al gruppo che lo accompagna:

una band onesta, da pub, da ascoltarsi preferibilmente un venerdì sera d’autunno/inverno in un Irish Pub di provincia.

Rock’n’roll di prima mano, quello suonato dai Beatles nelle serate trascorse nei bassifondi di Amburgo, per sbarcare il lunario ed accumulare esperienza.

Sulla vicenda di Pete Best sono state scritte migliaia di parole; posso solo dire che bisogna essere bravi ad incassare il colpo di un allontanamento da una band, che poi sarebbe diventata la più famosa al mondo, un attimo prima che esploda.

Il buon Pete probabilmente se n’è fatto una ragione anni orsono; la storia sa essere crudele e richiede pure i suoi personaggi minori.