DENIZ TEK - CASCINA IRMA - ZANE' (VI) - 01/07/2014




Cascina Irma non è nient'altro che il cortile della Biblioteca di Zanè, a due passi da Thiene: bello.
Mi ricordo che quando andavo all'Università praticamente ci vivevo alla Biblioteca di Cittadella, e sicuramente non mi sarebbe dispiaciuto fermarmi anche alla sera se ci fosse stato Deniz Tek dei Radio Birdman.
Aprono la serata le Shanti Shanti, un quartetto femminile che propone un buon garage pop che mi piacerebbe ascoltare sdraiato su una spiaggia californiana.
Poi Deniz Tek, accompagnato da due gemelli italo americani (qualcuno azzarda siano pizzaioli al Queens..) al basso e alla batteria.
Beh, i Birdman sono leggenda e lui il suo posto nell'olimpo r'n'r ce l'ha ben saldo.
Fa la sua roba e nel mezzo piazza qualche pezzo della casa madre, tipo "Murder City Nights", "All Alone in the Endzone" e "Snake"(una delle mie preferite).
Nel finale arriva l'inaspettata e graditissima cover dei Vibrators, "Whips & Furs"; termina con "Hand of Law".
Tutto bello, però all'appello mancano alcuni pezzi davvero imprescindibili se si parla di Radio Birdman: "Aloha Steve & Danno", "New Race", "Do the Pop".
Un po' come se Marky Ramone viene e non fa "Blitzkrieg Bop".
Comunque lui mi è sembrato in formissima: atletico, barba rasata, curato.

THE MANGES - CASTEL D'ARIO (MN) - 13/06/2014



Quando vado a vedere i Manges c’è sempre un buon profumo: non so se siano loro che usano qualcosa di speciale, o il pubblico che si tira a lucido, però è una cosa che noto dal primo loro concerto che vidi ai Cantieri di Montecchio Maggiore nel lontano 2005.
E il profumo c’è anche in questa data mantovana del tour a supporto del nuovo album “All is well”, impeccabile come al solito, a discapito delle polemiche puriste circa l’abbassamento della manopola della distorsione della chitarra: questo per capire a che livello ci si trastulla mentalmente in certe sette.
Aprono i Leeches e mi sembrano in buona forma: una mezzoretta di rude punk rock in cui svettano i loro classici testi in inglese che parlano di cibo sotto svariate forme.
I Manges fanno il check praticamente prima di suonare, scendono un attimo dal palco per poi risalire con la classica tenuta composta da jeans e maglietta a righe orizzontali bianca e blu.
Aprono con “Plan Hololulu” e, una dopo l’altra, scaricano addosso al centinaio di persone presenti il loro monolite punk rock ramonesiano.
Tra me e me penso che sarebbe bello alternare ogni tanto i pezzi più veloci con qualche pezzo un attimo più lento (e i Manges ne avrebbero in repertorio); Manuel Manges alla batteria picchia il suo 4/4 iperveloce in stile ”Loco Live” più  che “It’s Alive”.
Del nuovo album fanno la già citata “Plan Hololulu”, “My Bad”, “Panic at the Ice Rink”, “I tried to die young” e “Lone Commando”; il resto della scaletta è preso da “Bad Juju”, “Go down” e “Good Enough”, con gli anni ’90 che vengono saltati in tronco.
Tre cover dei Ramones (tra cui l’ottima “Somebody put something in my drink”).
Fanno in tempo a finire con “Say goodbye to your generation” (cover dei Methadones) e a raccogliere i meritati applausi che inizia a piovere; prendo la macchina e guido a zonzo per due ore per la bassa padana, mentre fuori piove. Fantastico.



DIAFRAMMA - VINILE - ROSA' (VI) - 17/05/2014



Magari è destino che i Diaframma me li debba vedere sempre da solo, non so; sta di fatto che anche stasera (è la quarta volta che li vedo) parto alla volta del Vinile in compagnia di me medesimo.
Mi ritorna in mente quella frase di Tondelli su “Biglietti agli Amici” in cui porta se stesso in giro per l’Europa: ecco, più o meno ci siamo.
Per indorare un attimo la pillola, gli organizzatori hanno deciso di creare un evento a supporto del serata, chiamata “Joy Division Ceremony”.
Ovvio che quindi l’atmosfera non sia esattamente da Toga Party, ma la cosa mi va anche bene dato che sicuramente mi sentirei a disagio in una festa dove tutti fanno finta di divertirsi.
Qua non abbiamo di questi problemi, dato che l'ambiente mi sembra decisamente tranquillo e piatto, clima ideale per un cane sciolto come il sottoscritto che si piazza a bere una birretta (prezzi altissimi) vicino alla scala dei cessi.
Ogni tanto tiro fuori il telefono e fingo di avere relazioni sociali, in realtà faccio una partita a Snake.
Vedo Fiumani al banchetto dei cd, ma neanche ci penso di avvicinarmi e scambiare due parole, dato che ultimamente seguo la linea del “non parlare ai componenti dei gruppi che ascolto”.
Tempo una mezzoretta e il concerto inizia: mi piazzo giusto davanti al palchetto, posizione di privilegio.
Dopo qualche pezzo noto che la scaletta sembra essere composta in larga misura da canzoni degli anni ’80: roba cupa, pura new wave italiana.
“Siberia” arriva quasi subito e raccoglie il meritato entusiasmo del pubblico
Poi un coglionazzo davanti a me decide di alzare entrambe le braccia per riprendere col cellulare (pratica odiosa), in modo che praticamente non veda niente, e complice anche il caldo decido di trasferirmi in balaustra tirandomi su il cappuccio per il getto d'aria continua del bocchettone dietro me.
Sostanzialmente i picchi della scaletta anni '80 sono la già citata "Siberia", "Amsterdam" e personalmente ci metto anche "Neogrigio" che è una delle mie preferite.
Non fanno "Tre Volte Lacrime" che è un pezzone, e verso la fine si passa anche a qualche pezzo non necessariamente in linea con la "Joy Division Night", tipo "L'Odore delle Rose" e la classica "Gennaio".
Vengo raggiunto da un paio di amici .
Il concerto dura veramente un sacco di tempo, circa due ore, insomma c'è di che ascoltare.
Bello, anche se probabilmente li preferisco con una scaletta più varia sin dall'inizio.

THE STRANGLERS - NEW AGE - RONCADE (TV) - 12/02/2014



Data segnata sull'agenda da un bel po' di tempo per questa puntata degli Strangolatori in terra veneta.
Mai visti dal vivo, oramai uno dei pochi gruppi dell'epopea punk originale ancora in giro che non ho mai avuto il piacere di gustarmi; anche se poi parlare di solo punk 77 con gli Stranglers è decisamente riduttivo.
Infatti esordirono in epoca punk, con un paio di album che ne prendevano in prestito l'irruenza e la vivacità, mediandola però con una certa ricchezza di suono dovuta, principalmente, al suono della tastiera, oltre che a trame sonore magari meno lineari che in altri partiti (Peaches).
Arrivo al parcheggio e sento che da dentro il locale parte "No More Heroes": cazzo, penso, sarà il dj: poi, nel breve tratto che mi separa dall'ingresso mi chiedo quale dj possa essere così stupido da metterla su prima che suonino gli Stranglers stessi.
Svolto l'angolo e vedo che all'entrata non c'è nessuno: deserto.
Il panico mi prende a tal punto che invece di spingere la porta d'ingresso del locale, la tiro verso di me ed ovviamente questa non si apre.
In qualche maniera riesco ad entrare giusto in tempo per beccarmi mezza canzone: una sorta di ingresso cinematografico (il protagonista entra nel locale con gli Stranglers che suonano "No More Heroes").
Mi accomodo vicino al palco e noto che nonostante i
20 euro e rotti di biglietto c'è parecchia gente, comunque tutti tranquilli ed attenti.
Gli Stranglers sono in quattro e della formazione originale sono rimasti Jean Jacques Burnel, bassista, figura importante del punk inglese più che altro per look e presenza ma anche per il suono abbastanza articolato del suo strumento e Dave Greenfield, tastierista, che sul suo strumento ha una scritta fatta con lo scotch: "No formaggio-No concerto!" : non chiedetemi cosa significhi.
In un'ora e passa di esibizione ripercorrono i momenti salienti dei loro quarant'anni di storia: "Golden Brown" la piazzano a metà concerto ed è, per me, una delle più belle canzoni di tutti i tempi.
"Nice'n'Sleazy" è dura e tagliente, una sorta di punk/reggae uscito da Ladbrooke Groove direttamente dal 1978.
"Duchess"è new wave, con le tastiere che giocano un ruolo fondamentale.
Il cantante è un pelato ciccione che però fa bene il suo.
Guardo Burnel e mi ricordo che è nato lo stesso giorno di mia morosa.
Il pubblico, composto in larga misura da cinquantenni, ascolta gli inni della propria giovinezza, chiusi in camera con Frigidaire e gli Stranglers sul giradischi. Bello.

STATUTO @ HOME BAR - TREVISO - 28/02/2014



Mio zio m'ha detto che l'Home è un posto per "fighetti che hanno scoperto che gli piacciono gli Acdc e i Pink Floyd" e in effetti la prima impressione che si ha del luogo è simile all'esemplificazione fatta dallo zio.
Ambiente che sembra un Hard Rock Cafe (cosa sicuramente non positiva), bella gente, bei baristi, una specie di controllore all'entrata, tavoli prenotati con seduta gente che sicuramente non vedresti bene ad un concerto degli Statuto: insomma, probabilmente Treviso paga in maniera eccessiva il poco retaggio "underground" della città, visto che durante tutti gli anni '90 e gli anni '00 (tranne poche eccezioni) culturalmente è stata bella che morta.
Colpa dei troppi soldi? Colpa della Lega? Non so, probabilmente tante cose messe assieme, sta di fatto che questo degli Statuto è il primo concerto di sempre che vado a vedere a Treviso città.
Ad ogni modo, l'impressione tendente al negativo che mi faccio dell'Home si stempera man mano che la serata prende piede; i prezzi sono onesti e se consideriamo che l'ingresso era gratuito sono già due punti a favore dell'insieme.
Gli Statuto arrivano sul palco intorno a mezzanotte meno qualcosa e sono in quattro.
Solo una volta mi è capitato di vederli con la formazione estesa ai fiati e direi che fu una bella esibizione, piena, completa, cosa che non sempre ho poi visto con la formazione "elettrica" a quattro elementi.
Ad ogni modo il suono è bello compatto e preciso: partono con "Rabbia e Stile" e via via percorrono i punti salienti di trent'anni di storia, con qualche chicca tipo "Solo Tu" oppure "Sabato sera non è l'unica notte".
Su "Ragazzo Ultrà" ovviamente le facce ultrà presenti in sala (Treviso?) si sentono legittimati a cantare e ballare (il famoso senso di appartenenza), cosa che mi piace davanti al piattume indie che popola il locale.
Non fanno "Ghetto" e "Pazzo", che secondo me un posto in scaletta dovrebbero avercelo sempre.
Gran finale con "Piera" e "Sanremo", due canzoni disimpegnate che divertono i presenti e chiudono questa serata trevigiana.

HANNAH WILLIAMS & THE TASTEMAKERS - FISHMARKET PADOVA - 7/02/2014



Il Fishmarket è un bel locale, quasi in centro a Padova; peccato che all'ingresso un rasta marocchino ti chieda un documento personale per entrare (cosa mai vista ne sentita in dieci anni di concerti).
Ad ogni modo, dato che ormai siamo abituati a fare di si con la testa e ad essere super educati, non si fa neanche più caso se un tizio che non ti sorprenderesti vedere fare un cazzo su un angolo della stazione ti chiede il documento.
Va beh, comunque dentro il locale merita.
Stasera ci sono gli inglesi Hannah Williams and the Tastemakers.
Si parla un gran bene di loro e del loro show di classico soul, quindi mi piazzo in zona strategica di fianco al palco con la schiena posata sul bancone del bar.
Il problema è che ci do un attimo dentro con birra e amari e a un certo punto mi annebbio un po', facendo si che le cose che mi restino in testa del concerto siano:
- la cantante sul palco a piedi nudi
- il fatto che i componenti della band abbiano facce da regolari (nessun problema, anch'io lo sono).
- la durata del concerto, di un'ora e qualche minuto.
Ad un certo punto mi fumerei una sigaretta di mezzo metro.
Comunque a conti fatti una bella serata: bel locale e bel gruppo, anche se non mi è rimasta in testa nessuna canzone, non so se per demeriti personali o del gruppo.

I FILM DELLA CRISI





Nell’arco di un paio di mesi ho avuto modo di assistere a tre bei film che descrivono, ognuno con le proprie peculiarità, situazioni legate al presente, ai famigerati “tempi della crisi” che stiamo vivendo.
Casa e Bottega” l’ha proposto Raiuno in prima serata, spezzettato in due puntate: il sempre affidabile Renato Pozzetto riveste i panni di un industriale tessile lombardo che si trova a fare i conti con mancati pagamenti delle commesse, usurai e conseguente fallimento del proprio stabilimento produttivo.
Il copione e la resa finale risultano senz’altro ben riuscite, da segnalare anche le belle ambientazioni site nei pressi del Lago Maggiore.
Il Capitale Umano” l’ho visto al cinema e ha ricevuto ampi consensi positivi da parte di un po’ tutti quelli che l’hanno visto.
Anche qui siamo in Lombardia (una costante, come vedremo anche più avanti) e la sceneggiatura gira attorno al rapporto tra due famiglie della zona: una medio borghese e l’altra appartenente all’alta borghesia arricchita dalla finanza.
Un incastro, appunto, di operazioni finanziarie, amore, tradimenti e crisi di valori: molto ben riuscito questo spaccato firmato da Virzì.
L’ultimo ad esser visto è stato, ieri sera, “L’Assalto”, in prima serata su Raiuno.
Diego Abatantuono riveste i panni di un impresario edile lombardo in crisi (gli stessi problemi del Pozzetto di “Casa e Bottega”), ma a differenza di quest’ultimo, incastrato da bancari e istituti di credito usurai, il Ferraris - Abatantuono viene avvicinato dalla malavita calabrese in cerca di infiltrazioni nel tessuto produttivo economico locale.
Un film drammatico, molto ben riuscito nelle sue diverse sfaccettature.
Tre film con diversi punti di contatto (sfondo Lombardo, il denaro come fulcro del tutto, intrecci amorosi vari), i quali raccontano qualcosa del nostro tempo, e non è poco.

IL CAPITALE UMANO



Gira attorno al concetto di imbarbarimento morale il bellissimo film diretto dal livornese Virzì.
Siamo in piena Brianza e, su varie fasi e montaggi, si intrecciano le vicende di due famiglie locali.
Ascesa sociale, ricchezza materiale e assenza di valori sono i flash che restano a visione completata, e vanno a costituire a loro volta il terreno che permette il dipanarsi delle varie situazioni, con il tradimento come valore imperante che costituisce il vero filo conduttore della pellicola.
I paesaggi in cui è ambientata la pellicola sono realistici, provincia simile a tutte le aree extraurbane dell’area veneto/lombarda.
Gli attori sono il trave portante senza il quale probabilmente il tutto avrebbe avuto una resa differente per difetto: superlativo Bentivoglio nei panni del Dino Ossola, ma tutti si attestano su un livello di eccellenza da applausi.

FREAK ANTONI & GLI HEAVY METAL SKIANTOS - BOUNTY - THIENE (VI) - 20/12/2013


Neanche un mese dopo Paul Collins Beat, torno al Bounty di Thiene per vedermi Freak Antoni, l'oramai ex anima degli Skiantos che da un paio d'anni a questa parte è attivo solamente a titolo individuale con svariati progetti musicali.

In questo caso la presentazione della serata mi informa che una band accompagnerà Freak sul palco ed eseguirà con lui i classici degli Skiantos in versione heavy metal.

Poco male, penso: l'heavy metal mi fa cagare, ma alla fine sarà un modo come un altro per dare quel tocco di specialità alla serata; alla fine constaterò che la resa sonora sarà piuttosto simile al suono tipico di casa Skiantos, per cui nessun problema.

Prima di "Freak Antoni & gli Heavy Metal Skiantos" salgono sul palco cinque cialtroni che piazzano un cd con basi dance nell'impianto del locale e fingono di suonare con strumenti di plastica, cercando la provocazione spiccia con testi zeppi di riferimenti sessuali che dopo due secondi mi stancano.

Probabilmente per loro è solo un divertimento e nulla più, però sono io a non divertirmi,  così preferisco trascorrere il tempo del loro set al bar del piano di sopra.

Terminata la squallida esibizione di cui prima, tocca a Freak Antoni.

Noto che ai cori c'è Ariel dei Pay (gruppo punk rock lombardo, sinceramente perso di vista) e che i musici sembrano tutti belli preparati tecnicamente (cosa che comunque di solito non m'interessa o perlomeno non è la discriminante che mi fa apprezzare o meno un concerto, anzi).

In quarantacinque minuti di live sciorinano tutto il repertorio classico degli Skiantos, intrattendendo la cinquantina di presenti con qualche classica battuta riciclata negli anni, che comunque un sorriso lo strappano sempre.

Durante il concerto mi pongo in solitaria alcune considerazioni sugli Skiantos, perlomeno per quello che ho avuto modo di vedere negli anni: la band bolognese portò sicuramente una certa novità nell'ambito rock tricolore (in qualche modo diedero il là ai fermenti musicali bolognesi negli anni d'oro tra '70 e '80) e una certa intelligenza ed arguzia nel modo di proporsi, a suo modo avanguardistica e concettualmente interessante.

Il pubblico tante volte l'ha interpretata come demenza nuda e pura, e d'altra parte gli stessi Skiantos hanno forse preferito restare incastrati nello stereotipo di band divertente che portava a loro tanti concerti a spasso per l'Italia.

Solo che vedere gente che ruba il microfono a Freak Antoni per gridare "merda" o altre idiozie, ecco mi sembra vada a travisare un po' lo spirito di partenza, tutto qua.


 

PAUL COLLINS BEAT - BOUNTY - THIENE (VI) - 23/11/2013





Il primo disco dei Beat di Paul Collins è sicuramente uno dei capolavori di quel sottobosco chiamato power pop; arriva direttamente dal 1979, quando il power pop, alla fine della fiera, non era altro che una sfaccettatura dell'intricato mondo new wave, da intendersi come summa di generi dallo spirito nuovo o perlomeno di rivisitazioni frizzantine di suoni passati.
Il power pop dei Beat, nello specifico, era (è) composto da melodie perfette, chitarre elettriche ma non troppo e componente "fun" sempre bella in vista.
Tematiche leggere, ragazze, amori, gioventù.
Quando scopro che si esibiranno al Bounty di Thiene (Vi), ovvio che mi organizzi per andare.
Prima dei Beat vanno di scena Miss Chain & the Broken Heels, glorie power pop per metà locali, che oramai da anni calcano con i palchi con ottimi riscontri portando in giro una buona mistura di melodie sixties ed elettricità.
Poi, a mezzanotte inoltrata, vanno di scena i Beat: attaccano con "U.s.a", "Let me into your life" e piano piano sparano fuori tutto il meglio del repertorio.
La band macina che è un piacere (sempre presente il rischio fuori tempo massimo con le band di culto, ma non direi sia questo il caso), il pubblico sembra preso bene e si diverte quanto basta.
I vertici della serata sembrano essere "Walking out of love" e "R'n'R Girl", due perle pop che dovrebbero mandarle in rotazione pesante su quelle radio che fanno solo musica di merda.
Sempre bello vedere i vecchi campioni del passato, che non pensavi avresti mai visto dal vivo: molte volte hanno un sapore, una classe, una storia dietro che merita sempre di essere ascoltata.

 

 

SELECTER – LABORATORIO CRASH – BOLOGNA – 27/09/2013



Dopo l’ottima esibizione al Festival Onda d’Urto di Brescia, 2012, ricapita l’occasione di godersi i Selecter dal vivo e non me la lascio sfuggire.
Il Laboratorio Crash è un centro occupato che sorge in una zona artigianale della periferia bolognese.
Da una prima occhiata sembra bello ampio, e mentre mi ambiento mi accolgono i New Colour, nuova band bolognese orientata al suono soul/Motown, molto piacevole da ascoltare; il sassofonista, poi, sembra uscito da un raduno mod italiano del ’83, quindi decisamente pollice alto.
Dopo i New Colour tocca ai Radio Babylon, gruppo ska punk maceratese che intrattiene mezzoretta con la loro volenterosa proposta; io però comincio ad accorgermi che il problema del locale è che la gente ci fuma dentro; ok che ci sono le finestre aperte, però, mi accorgerò dopo, questo non basterà per far si che la serata sembri ambientata in un club rock pre- divieto di fumo.
I Selecter comunque salgono sul palco con il centro che è bello costipato: Pauline Black mi sembra in forma, e anche il resto della banda non scherza: tutti eleganti e precisi, come scuola Two Tone insegna.
Partono con “Time Hard” e “They Make me mad”, classiconi legati al periodo iniziale della band.
Dell’ultimo album “String Theory”, uscito quest’anno, propongono live cinque canzoni, che raccolgono la loro sufficienza, anche se mia morosa dice di no.
Nel frattempo un tizio vicino a me si accende un sigaro, che va ad aggiungersi alle cinquecento sigarette già accese in sala: oramai sembra di stare in una camera a gas, ad ogni modo mi entusiasmo se c’è da farlo, tipo quando i Selecter piazzano “Missing Words”, “On my Radio” e “Too Much Pressure”.
Ripenso al festival di Onda d’Urto e concludo che era una lusso vederseli all’aria aperta rispetto a stasera: comunque loro meritano sempre, decisamente all’altezza della situazione con un suono classico che non teme lo scorrere del tempo.


I MELT - ANGURIARA FARA - FARA VICENTINO (VI) - 09/08/2013



Bel concerto quello dei Melt al festival “Anguriara Fara” di Fara Vicentino, zona collinare posizionata tra Thiene e Marostica.
Sembra che di giorno si possa godere davvero di un bel panorama verso la pianura sottostante; ad ogni modo mi accontento di osservare i Melt  suonare per poco meno di un oretta, passando in rassegna praticamente tutto l’ultimo album “Il nostro cuore a pezzi”, aggiungendo qualcosa dal penultimo “L’intonarumori”.
Indie Rock Punk italiano, chiamiamolo così se proprio dobbiamo darne un nome, anche se poi una volta che ci si perde nell’ascolto le definizioni stilistiche lasciano il tempo che trovano, in quanto il cantato in italiano attira una buona fetta di attenzione.
Bello che i Melt cantino in italiano, e senza dire cose stupide o scontate peraltro: un gruppo, che alla fine della fiera, è sempre rimasto una sorta di “tesoro veneto”, che gli appassionati locali conoscono bene, mentre nelle altre regioni decisamente meno.
E si che i Melt sono in giro da vent’anni, e tutto sommato i loro concerti in giro li hanno sempre fatti.
E si che magari in questi vent’anni, gruppi infinitamente meno dotati di loro hanno ottenuto più successi di pubblico (ammesso che questo significhi davvero qualcosa).
Ad ogni modo è buona cosa sapere che in qualche paesino veneto potrebbero suonare per una cinquantina di minuti un set di ottime canzoni.

CJ RAMONE - OLTRASUONI FESTIVAL - DRO' (TN) - 12/07/2013



Non sono tanti quelli che possono bearsi di far parte della famiglia Ramones e sappiamo tutti che Joey, Johnny e Dee Dee non ci sono più: Cj Ramone è uno della famiglia.
Certo, entrò nella band nell’ultimo periodo, giusto per piazzare un paio di buoni album autografi in studio (più Acid Eaters), però ho sempre pensato che la sua parte la fece bene, mettendoci energia, fedeltà alla linea e cantando anche qualche buon pezzo.
La data di Drò si preannuncia quindi imperdibile per qualsiasi appassionato fan ramonico.
Ad aprire la serata ci sono i Manges, band spezzina che chi segue punk rock dovrebbe conoscere quantomeno bene, vista la militanza ventennale dei nostri.
In mezzoretta sparano parecchi proiettili, concentrandosi principalmente nei brani usciti negli anni 2000, con un paio di chicche direttamente dal decennio precedente.
Da segnalare una cover di “Murder in the Brady House”, pezzo minore dei primi Screeching Weasel.
Pubblico che si scalda per bene ed è pronto all’entrata di Cj e band.
Inizia subito con “Judy is a punk”, “Blitzkrieg Bop” e “Cretin Hop”, roba che suona da sempre da Dio.
Si concede di piazzare qua e là qualche pezzo del suo album uscito nel 2012, “Reconquista”, buone canzoni di matrice (ovviamente) ramonesiana.
Da segnalare che il chitarrista Johnny “Two Bags”, direttamente dai Social Distortion, sembra non sapere diverse canzoni, forse non ha studiato bene, in alcuni pezzi partono a tempo basso e batteria e lui si attacca dopo seguendo con lo sguardo quello che fa Cj.
Va beh dai, la cosa mi suscita anche un pò di simpatia: Cj vedo che ci mette l’anima, mi sembra onesto in quello che fa e questo basta.
Magari avere avuto la possibilità di vedere i Ramones dal vivo, ad essere nati dieci anni prima.

EX CCCP/CSI - SHERWOOD FESTIVAL - PADOVA - 05/07/2013



Purtroppo il fatto di vedere una band in un contesto completamente astratto rispetto all’epoca e alle pulsioni originarie ha condizionato non poco il mio sentimento verso il live degli ex Cccp/Csi allo Sherwood Festival.
Intendiamoci, i dischi dei Cccp (soprattutto i primi lavori) suonano ancora come dinamite pura: l’unica via italiana al punk? Probabile.
Noia, provincia, alienazione: dentro c’è tutto. Supportato da un immagine visiva ed ideologica che non lasciava scampo per originalità ma anche per profondità di visione.
I Csi, invece, non li ho mai ascoltati se non a spizzichi e bocconi, vedendoli come una maturazione dello spirito Cccp, certamente resa necessaria dall’evolversi delle cose, ma non in grado di attrarmi come la realtà precedente.
Purtroppo però il tempo passa per tutti ed un operazione come quella di riproporre le vecchie canzoni targate, appunto, Cccp/Csi è una mossa che va incontro ad un grosso rischio revivalistico e proprio in questo ostacolo cade in maniera evidente.
Certo, uno può pensare che comunque è bello sentirle suonare dal vivo, però non basta; i Cccp mi hanno sempre trasmesso un qualcosa in più di un semplice concerto in cui rinverdire la memoria del passato.
Poi consideri che manca alla rimpatriata Giovanni Lindo Ferretti, cioè il fulcro del gruppo (insieme a Zamboni, certo, però comunque una figura imprescindibile per poter capire il tutto) e allora inizia dalla più evidente il conteggio delle cose che non vanno.
Perché la Baraldi è ok, ha grinta, ha voce, tutto quello che vuoi, però non è Ferretti.
Perché Giorgio Canali deve cantare “Live in Pankow” e “Valium Tavor Serenase” e a momenti neanche si ricorda il testo.
Perché il cantante della Banda Bardò che c’azzecca con la freddezza provinciale da nord Italia dei Cccp?
Dai ragazzi, chiamano un hippie a cantare “Battagliero”, c’è un limite a tutto.
Perché Nada (si, quella) che elargisce una sorta di profezia apocalittica in “Trafitto” mi sembra un po’ fuori luogo.
Perché sono tutti là con il leggio, porca miseria, manco fossimo al concerto di fine anno della filarmonica.
Tante cose, insomma.
Le canzoni su disco rimangono, per fortuna; insieme alle immagini d’epoca, ai libri, alle interviste, a tutto quello che può aiutare a non perdere un  esperienza incredibile come quella dei Cccp (Csi, ripeto, non ne parlo per scarsa conoscenza), che però con un concerto “da cover band” come quello visto a Padova c’entra assai poco. 

GUITAR WOLF - TRATTORIA ALTROQUANDO - ZERO BRANCO (TV) - 27/06/2013




Mi ha lasciato un po’ perplesso l’esibizione dei giappi Guitar Wolf all’Altroquando di Zero Branco.
Geni o bluff? Premesso che parlo da semplice appassionato a certi suoni, devo dire che a due/tre giorni dal concerto il dilemma non si è sciolto e probabilmente non troverà risposta.
Ma cominciamo con ordine: aprono la serata i Rocky Horror Tv Shock, quintetto veneto a cui il fatto di abitare in Padania non deve aver fatto granchè bene. Una ventina di minuti di punk settantasettino annoiato e arrabbiato al punto giusto, melodie moleste e facce scazzate come quelle che vedi in certe copertine direttamente dal 77 minore inglese o americano.
Bello così, promossi.
Nel frattempo, mentre i Rocky Horror stanno completando il loro set si scorge arrivare nel parcheggio il pulmino con dentro i Guitar Wolf.
Smontano la roba, un tizio la monta e dopo un po’ è giunto il loro momento.
L’ingresso sul palco è da urlo: camminano in fila orizzontale, vestiti di tutto punto con giubba in pelle,  occhiali da sole e tenendo gli strumenti in mano; mettici un po’ di nebbia finta dietro e diventa la scena perfetta di un film di serie z giapponese.
Inizia il set e qua iniziano ad insinuarsi i primi dubbi di cui prima scrivevo, nel senso che i tre sputano fuori un punk/noise con qualche giretto rock’n’roll che però non mi entusiasma granchè.
I finali non si distinguono, gli stacchi interni alle canzoni mi sembrano macchinosi, le canzoni in definitiva mi sembrano tutte uguali.
Hai presente quando a 16 anni fai ascoltare i Ramones a tua mamma? Lei dirà: “Ma sono tutte uguali!”, tu però sai che non è così, sai che “Judy is a punk” non è “Glad to see you go”, perdio.
Il problema con i Guitar Wolf è che le canzoni sono veramente tutte uguali: praticamente il concerto è un brusio rumorista di mezzora, da cui alla fine ne esci anche un po’ sfiancato.
Probabilmente avranno successo in quegli ambienti alternativi avanguardistici che tirano nei posti cool del mondo, tipo a New York, però a me manca la sostanza: li preferirei più quadrati, più granitici, meno noise.
E’un problema mio, certo: ad ogni modo il palco lo tengono molto bene, non si risparmiano, non fai in tempo a distrarti un attimo che il cantante/chitarrista è già la che colpisce palline da tennis con la chitarra.
Per intorpidire maggiormente le acque potrei dire che se tornassero a suonare in zona andrei comunque a vederli nuovamente: è un esperienza tutto sommato da vivere.