mercoledì 27 febbraio 2013

BRUCE FOXTON “FROM THE JAM” – DEPOSITO GIORDANI – PORDENONE – VENERDI 22 FEBBRAIO 2013



Paul Weller, Bruce Foxton e Rick Buckler erano i tre nomi che costituivano i Jam, band che segnò in maniera indelebile il proprio tempo tra la fine degli anni ’70 e i primi ’80, ponendosi come un nome immarcescibile nella gloriosa tradizione di suoni di stampo britannico.
Who, Kinks, Small Faces i padri, Jam ed altri (penso ai Madness) nel mezzo e il britpop degli anni ’90 in seguito.
Una carrellata di nomi le cui carriere andrebbero studiate tra i banchi di scuola, magari con una bella gita a Londra come corollario.
Dopo la fine dei Jam nel 1982, la storia ha dimostrato come sia stato Paul Weller quello che se l’è cavata meglio, almeno per quanto riguarda il crescente successo di pubblico, tra Style Council e una carriera solista tuttora attiva.
Bruce Foxton, che dei Jam era il bassista, rilasciò un album solista nel 1984 (con una produzione forse troppo legata ai suoni del periodo e di conseguenza invecchiata male), per poi confluire negli Stiff Little Fingers come onesto musicista, abbandonando ogni velleità solistica.
Come capita poi a molte seconde linee di band del passato, Foxton ha deciso di monetizzare un minimo quanto creato con i Jam, mettendo in piedi i “From The Jam” (con Rick Buckler alla batteria, ora non più in formazione), con in quali porta in giro le canzoni della sua vecchia band.
Poi all’improvviso una scossa: ad ottobre 2012 il buon Bruce pubblica un album a proprio nome, “Back in the Room”, decisamente ben riuscito, che suona praticamente come suonerebbero i Jam nel presente.
E questo, a mio parere, non può essere che un bene.
Comunque, arriva venerdì 22 febbraio e mi dirigo come programmato in quel di Pordenone.
Ingresso a 15 euro (non poco ma attutito da un locale bello, pulito, riscaldato e da uno show che spero sia memorabile).
Alle 22.40 circa iniziano i Kickstart, nome storico dell’underground pordenonese, con dentro gente che suona dai tempi del Great Complotto, storico movimento cittadino fine anni ‘70/anni ’80, una fucina di idee e creatività senza paragoni, almeno in Italia.
I Kickstart fanno un buon punk ’77 figlio dei Buzzcocks quanto dei Damned, per certi versi vicino ai Cute Lepers, per agganciarci ad una band contemporanea; mezzoretta di show, canzoni tirate e  melodiche, suoni perfetti, e alle 23.30 è già pronto Bruce Foxton accompagnato da un chitarrista/cantante e da un batterista.
Partono subito alla grande con “Down in the tube station at midnight”, seguita da “This is the Modern World” e “David Watts” dei Kinks, coverizzata dai Jam in “All Mod Cons”.
Il pubblico inizialmente sta un po’ sulle sue, non so perché, tant’è che lo stesso Bruce Foxton si sente in dovere di ricordare a tutti che sarebbe anche venerdì sera.
Piano piano l’ambiente si scalderà, anche se nel complesso sarà un concerto molto tranquillo quanto a partecipazione; ad ogni modo l’ex Jam fa sfilare, in ventidue canzoni di scaletta, tutto il meglio del repertorio di casa Jam, aggiungendoci un paio di ottimi pezzi tratti dal suo ultimo lavoro.
“Going Underground”, “Pretty Green”, “Strange Town”, “In the city”, “Town Called Malice”.
Io adoro i Jam: i suoni, le parole, le melodie. E’chiaro che trovarmi di fronte il bassista di quella band che mi sciorina tutti i classici non mi lascia indifferente.
E’ una bella botta di vita, quelle che vorresti ce ne fossero almeno una volta al mese, e che sei contento ti arrivino dalla musica.
Puoi ritenerti fortunato, ti ritrovi a pensare che in un certo senso hai seminato bene se poi quelle stesse canzoni che hai ascoltato mille volte su disco, dal vivo riescono a darti una carica che durerà per un bel po’, almeno fino al prossimo concerto del gruppo di cui conosci a memoria tutte le canzoni.



mercoledì 20 febbraio 2013

BOB MANTON - PURPLE HEARTS SCORCHERS


Cercando tra le influenze dei miei gruppi preferiti, digitando parole chiave tipo "Purple Hearts Reggae Dub" (incuriosito dalle influenze che i Purple Hearts avevano per le loro canzoni "Plane Crash" e "Concrete Mixer",con i bassi a farla da padrone) capita di imbattermi in queste due immagini scannerizzate che dimostrano come a Bob Manton, che dei Purple Hearts ne era il cantante, fu data la possibilità di compilare un 33 giri con le proprie canzoni preferite.
Sicuramente l'operazione commerciale si sarà rivelata un disastro, ma almeno ora posso sapere (io e probabilmente altri dieci pazzi in tutto il mondo) quali fossero la canzoni preferite da Bob.


mercoledì 30 gennaio 2013

BRAVI RAGAZZI (primi Melt) - CSA ARCADIA - SCHIO (VI) - 26/01/2013



Si dice sempre che il miglior alleato di un’attività sia il passaparola, sistema che presuppone la volontà di consigliare ad un qualcuno interno alla propria rete sociale di usufruire di un servizio in cui ci si è trovati molto bene.
Attività nobile il passaparola: le motivazioni devono essere forti se decido di spendermi, senza nessun ritorno, per promuovere un qualcosa.
Ecco, con i Melt dei primi due album, con il sottoscritto e molta altra gente è andata proprio così.
Eravamo troppo giovani per vivere in diretta l’epoca di “Bravi Ragazzi” e “Sempre più distanti”, e arrivammo giusto con tre/quattro anni di ritardo, quando la band aveva preso un’altra strada sonora e di line up.
Però quei primi due album ci segnarono, ci folgorarono.
Si creava un giro di passaggi, animati solamente dal piacere di dare un qualcosa che indirettamente parlasse un po’ di te all’altro, che rendeva alla perfezione il passaparola di cui sopra: “ti faccio una cassetta”, “ti giro un cd”.
“Bravi Ragazzi” è del 1997: punk rock lanciato e melodico, testi memorabili, canzoni belle dalla prima all’ultima.
“Sempre più Distanti”, il seguito datato 1998, è, se possibile, un passo in avanti in direzione di un punk’n’roll  eseguito alla perfezione e dai connotati più maturi; sicuramente una delle vette per quanto riguarda i dischi usciti in Italia legati al giro punk rock, e peccato per chi non lo conosce.
Eh si, perché i Melt hanno sempre goduto di un grande seguito nella zona vicentina e veneta in generale, però non è dato sapersi quanto siano conosciuti, ad esempio, in Lombardia o in Piemonte, ma penso non molto.
Folgorati sulla via dei Melt, quindi.
“Bravi Ragazzi” lo ascoltavo in cassetta, con il walkman, nei primi anni zero; il walkman rendeva il tutto ancora più grezzo e sporco, chitarre lancinanti, certe parole che non riuscivo a decifrare.
Quando ebbi l’occasione di ascoltarlo in cd rimasi di pietra  a scoprire che in realtà la registrazione era molto più pulita di quanto ascoltato da me; infatti resto totalmente legato a quella cassettina doppiata.
“Sempre più distanti”, invece, aveva certi testi talmente cupi che non c’è niente di meglio per descrivere come ti senti a vent’anni.
Anche qua parole che non si capivano, “Giorno su giorno” che aveva una stranissima seconda melodia parallela alla principale, da cui ogni tanto emergevano parole che sembravano essere “qualcosa”, “invece”.
All’Arcadia di Schio (bel posto e prezzi onesti) c’erano tutti i ragazzi della zona a cui i Melt degli esordi hanno dato qualcosa, e il locale straripava nel senso vero del termine.
La serata è strutturata in questo modo: Vince alla chitarra/voce e Gian alla batteria ovviamente fissi, accompagnati a turno da vari bassisti e secondi chitarristi.
Partono con “Resterai solo” e puntuale scatta un entusiasmo che si trascinerà lungo tutta la serata.
Suonano tutto “Bravi Ragazzi” e gran parte di “Sempre più Distanti”.
Concerti così, pure botte di vita, dovrebbero essercene ogni settimana, o almeno ogni mese: qualche partito del cazzo che ora si sta scaldando per la tornata elettorale dovrebbe metterlo per iscritto nel programma.

giovedì 17 gennaio 2013

SKA.J - GARAGE CLUB - SAN MARTINO DI LUPARI (PD) - 11/01/2013


Il Garage Club è un posto intrappolato in una tipica zona industriale veneta, quelle che dal venerdi sera al lunedi mattina sono deserte, quelle che se fossimo a Napoli ci organizzerebbero corse clandestine di auto.
Zone spettrali, con le prostitute che battono dal tramonto all'alba.
Il locale vero e proprio è un magazzino adibito a "locale rock", come ce ne sono diversi sparsi nel Veneto.
Oramai si può dire perfettamente compiuto il decentramento dei locali notturni in zone squallide e tetre, con i cittadini del centro che reclamano il loro diritto di stare tranquilli (di solito se vuoi stare tranquillo prendi casa in campagna, almeno un tempo funzionava così, ma tant'è).
Con questi presupposti, è facile che l'11 gennaio la zona appaia davvero dura, vuoi per la scenografia industriale, vuoi per il freddo gelido; questo per spiegare che un gruppo come gli Ska-J probabilmente si apprezzerebbero maggiormente in condizioni ambientali diverse, ad un festival all'aperto per esempio, con una bella birra ghiacciata in mano e vecchio ska nell'aria a farti compagnia.
Loro comunque suonano che è un piacere, tra cover di classici ska e brani autografi.
Il poco pubblico presente inizialmente sembra abbastanza sulle sue, per poi lasciarsi andare in balli cretini lungo il concerto.
A proposito, ma come ballano lo ska questi qua?! Saltellando, facendo piroette, liberando i sensi.
Cazzo, è una cosa seria: secondo me dovrebbbe essere ballato da fermi, ondeggiando sul posto, con stile, come gli skinheads a Londra nel '69 con i dischi della Trojan, della Treasure Isle e della Pama.
A Woodstock non si ballava ska, ricordatevelo.
Concludendo, gli Ska-J in estate dovrebbero suonare ogni sera, come le orchestre di liscio.

domenica 30 dicembre 2012

COLPO GOBBO NELLE HIGHLANDS


Gang of Four!

IL MEGLIO DEL 2012 - DISCHI



Anno che volge al termine e quindi tempo di stilare liste.
Ecco un elenco, senza pretese classificatorie, di dischi usciti nel 2012 che ho apprezzato particolarmente.

Dischi Italiani

Diaframma – Niente di Serio 

Decisamente un buon album per una band che rappresenta la storia del rock italiano.

Nel disco in questione vengono rappresentate alla perfezione le due anime del gruppo fiorentino, quella più rock e quella più riflessiva.

Offlaga Disco Pax – Gioco di Società 

Oramai sono una certezza del panorama italiano.

Immaginario forte e dischi sempre ben fatti.

Karibean – Andersen 

Italiani, scoperti quest’anno, stupiscono per il pregevole incrocio tra Ramones/Beach Boys/ Pastels, il tutto suonato come lo suonerebbe una misconosciuta band inglese epoca C86.

A Classic Education – Call it Blazing!

Un disco perfetto. Qua dentro ci sono canzoni che suonano decisamente senza tempo, pregne di melodie indimenticabili.

Un gruppo bolognese che se la gioca in tutto il mondo.

Dischi Stranieri

Prinzhorn Dance School – Clay Class 

New Wave cupa, glaciale e stilosa; da ascoltarsi in cuffia mentre si attraversano a piedi deserte ghost towns post industriali.

Jah Wobble. Keith Levene – Yin & Yang 

Parecchio solido quest’album dei due ex Pil.

Atmosfere Dub Rock metropolitane.

Jake Bugg 

Sorprende in positivo l’esordio di questo sbarbato diciottenne inglese.

Canzoni classicissime che odorano di Beatles e Brit Pop.

Paul Weller – Sonic Kicks 

La aspettavo attentamente questa nuova uscita di Paul Weller; risultato che convince per metà, visto che all’interno qualcosa di buono c’è, ma spesso è accompagnato da esperimenti non all’altezza della situazione.

Da segnalare anche: 

Bruce Foxton (l'ho ordinato e sto aspettando di riceverlo, ma da quel poco che ho sentito sembrerebbe parecchio interessante), Madness (album carino ma non memorabile), Tre Allegri Ragazzi Morti (buon album, a metà tra lo stile classico della band e cose più nuove), Cribs (qualche pezzo britpop degno di nota, altri meno), Vaccines (mi piacciono a sprazzi).

giovedì 20 dicembre 2012

ENRICO BRIZZI - L' INATTESA PIEGA DEGLI EVENTI

Un libro corposo, segnato da uno stile pulito, per uno scrittore che inizio ad apprezzare sempre di più.
E' il secondo libro di Enrico Brizzi che leggo: il primo, "La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco", pur essendo un excursus per lo scrittore bolognese, lo avevo trovato divertente ed interessante.
Qui siamo nel 1960: la seconda guerra mondiale è terminata in un altro modo rispetto alla versione originale e il fascismo persiste, seppur con modalità leggermente meno totalitarie.
Il buon Lorenzo Pellegrini, trentenne giornalista sportivo bolognese, viene inviato nelle Repubbliche associate Africane (nello specifico Etiopia ed Eritrea) per seguire da vicino la Serie Africa, campionato calcistico locale.
Lo attenderà una realtà a suo modo moderna, vivace, attiva.
Aregai è un basettone, me lo vedrei bene a ballare Ska e Rocksteady con gli Skinheads a Londra nel '69, mentre Cumani è un giocatore working class che raffigurato sulla copertina mi ricorda vagamente Roberto Pruzzo.