lunedì 30 agosto 2021

MASSIMO ZAMBONI A CHIUPPANO (VI) - 27/08/2021


L'idea di andare a vedere Massimo Zamboni ci è venuta venerdì mentre stavamo facendo aperitivo: "Hey, c'è Zamboni stasera a Chiuppano", "Dai? Si, potremmo andare!".

C'è anche da dire che giusto un anno fa partimmo con le stesse modalità improvvisate alla volta di Rovigo per i Tre Allegri Ragazzi Morti: potrebbe diventare una buona consuetudine quella dell'ultimo venerdì di agosto, trovarsi all'aperitivo e partire per un concerto.

Raggiunta la zona dell'Alto Vicentino ed entrati a Chiuppano abbiamo seguito l'indirizzo segnalato sulla pagina facebook del festival: ci siamo ritrovati a piedi nel buio in una stradina bianca di collina che costeggia un cimitero. C'era anche un bosco tutt'attorno e, in lontananza, si sentiva qualche ululato. 

Preso atto dell'evidente errore (dopo circa un km su questa stradina: "No, direi che è abbastanza improbabile che ci sia un concerto in questa zona" cit. Paglione) abbiamo iniziato a girovagare per la deserta Chiuppano e delle macchine posteggiate in piazza ci hanno trasmesso l'esistenza di una qualche forma di vita. L'ingresso del Festival era praticamente impossibile da vedere anche a distanza di 50 m, nascosto com'era in un angolo buio. Vabbè, in qualche maniera siamo arrivati.

Strano questo festival: 50 persone, di cui una buona metà residui scoppiatoni alternativi del luogo. C'è anche da dire che la sera stessa si esibiva Ferretti a Pordenone, quindi magari una decina buona di persone è stata persa per strada. Zamboni sul palco con un intervistatore che parlava del suo libro e inframezzava con qualche canzone del repertorio.

Il libro sembrerebbe interessante, parla di Cavriago, paese nelle vicinanze di Reggio Emilia. La prima volta che lo sentii nominare fu nella famosa canzone degli Offlaga Disco Pax, poi mi capitò di dormirci per lavoro una sera di qualche anno fa e colsi l'occasione per visitare il busto di Lenin.

Ha detto delle belle cose Zamboni, tra cui: "Bisogna aver cura del proprio paese". Perché è di quello che in sostanza scrive il libro, dell'amore verso la propria terra, di circoli, cooperative, valori.

Quindi che differenza sostanziale c'era tra un sistema relazionale basato sul voto al PCI come in Emilia e un altro basato sul voto alla DC come in Veneto? Secondo me, al netto delle differenze ideologiche, poche.

Prima di un pezzo Zamboni ha ricordato quando si esibirono a Bassano del Grappa con i CCCP nel 1986; finito il concerto volevo saperne di più da lui, in realtà qualcosa già sapevo perché un mio conoscente a quel concerto c'era.  Gli ho anche mostrato la foto che ho scattato sabato scorso a Santarcangelo di Romagna, la foto del terrazzo dove i CCCP si esibirono nel 1983 in occasione del Festival del Teatro di Piazza. Ho visto che gli si è illuminato qualcosa, mi ha fatto davvero gran piacere.


venerdì 30 luglio 2021

ECHI DAGLI ANNI OTTANTA: I MODERN MODEL E LA NEW WAVE VENEZIANA



Sto leggendo in questi giorni il bel libro di Stefano Gilardino, “Shock Antistatico”, dedicato alle varie scene regionali italiane in ambito post punk 1979/1985. Nella sezione veneta viene tributato il giusto riconoscimento ai Frigidaire Tango di Bassano del Grappa, si parla in maniera esaustiva dei Wax Heroes di Treviso e un buon capitolo è dedicato al giro veneziano. Una piccola scena, magari non così pubblicizzata o idealizzata, ma in grado di lasciare valide testimonianze, vedi la compilation “Samples Only”, la vitalità della fanzine “Rockgarage”, i Death in Venice: “Siamo anche stati contattati dall’etichetta di Samples Only ma eravamo su due orizzonti diversi, loro erano orientati all’elettronica e non se ne fece niente. I Death in Venice erano dell’area veneziana, che noi dalla periferia non frequentavamo, già arrivare a Mestre era una cosa sporadica, ne sentivamo parlare ma non siamo mai stati in contatto. Il collettivo di Rockgarage credo sia stato un gran esempio di autoproduzione, autogestione della creatività.  Era uno dei loro obiettivi, gestire totalmente la produzione e la comunicazione artistica, tramite il giornale, i dischi, la gestione di un locale. Andrebbe analizzato e studiato ancora oggi.” 
Chi mi parla è Giuseppe Chinellato, che all'epoca c'era e suonava con i wavers Modern Model (assieme a Stefano Stefani e Paolo Sechet), band di Spinea, entroterra veneziano, che partecipò con due pezzi al primo disco rilasciato assieme alla fanzine Rockgarage (1982): “Io conoscevo i The Wops di Murano, grande band punk hardcore, perché con alcuni di loro frequentavo la stessa scuola; loro ci misero in contatto con i ragazzi di Rockgarage, Marco Pandin su tutti. Avevamo registrato artigianalmente una cassetta e dopo averla ascoltata ci chiesero di far parte del progetto del disco allegato alla rivista. 
E’ stato tutto molto veloce: in un anno abbiamo formato la band, trovato una rivista che ci ha fatto fare concerti e stampato un disco.”
La nuova onda che fa breccia in provincia attraverso i canali mediatici del periodo: “Io ascoltavo le radio private/libere della fine degli anni ’70, in gran parte passavano “mainstream”, quindi rock e discomusic. 
Ho un ricordo nitido però: dopo che la parola “punk” iniziava a girare ma era indefinita, in una trasmissione di una radio di Mestre, un dj mise Satday night in the city of Dead degli Ultravox presentandola appunto come un brano punk. 
Mi risuonò in testa per giorni e giorni ma solo dopo arrivarono i Sex Pistols, Patti Smith etc etc. Sono ancora grato per quella canzone.”
Si innesca così quel meccanismo comune a migliaia di adolescenti: l'entusiasmo e l'eccitazione verso il nuovo, l'interiorizzazione, che ti spingono a metterti in gioco in prima persona, a cercare di replicare quell'energia con una tua band: “Siamo stati tutti autodidatti, c’erano altri gruppi che si stavano formando tra le nostre conoscenze e prendendo inizialmente degli strumenti a noleggio abbiamo provato anche noi. Loro cercavano di fare la cover di More than a feeling dei Boston, noi I don’t care dei Ramones… I gruppi che ci piacevano/ispiravano erano i Cure, i Ramones, i Jam, ma soprattutto i Clash.”
Un punto che mi interessa approfondire è quello legato alla possibilità di esibirsi che queste band della nuova onda avevano: le nuove sonorità attecchirono si nel mondo giovanile, ma immagino che la realtà esterna non fosse sempre compiacente, soprattutto in contesti periferici non caratterizzati da uno sviluppo organizzativo diffuso. La Pordenone del Great Complotto fu un caso anche e soprattutto per questo motivo: una piccola realtà di provincia con peso cittadino e riconoscimento sociale. Si riusciva a suonare in maniera continuativa o solo esibizioni sporadiche? “Alla fine in tutto, con la formazione del disco, abbiamo fatto 4 concerti; devo dire che siamo stati sempre contattati tramite Rockgarage, non eravamo noi gli organizzatori. Non era così facile fare concerti, soprattutto se suonavi new wave. Ho in mente due episodi: al 1° concerto al cinema Dante di Mestre (maggio 1982) dopo 3 o 4 canzoni uno dello staff, tra un brano e l’altro, si avvicina al palco a mi chiede per quanto ancora dobbiamo suonare…(si erano già stufati?). 
Ricordo anche che ad Oriago (Ve) prestammo gli strumenti ad un gruppo hardcore di Chioggia, gli Antisbarco, che si erano presentati, non invitati e chiesero di suonare.”
Rapporti con altre band venete? “I Wops erano nostri amici e ci abbiamo suonato assieme in due occasioni. C'era anche un legame con i Plasticost di Marostica; avevamo inviato una cassetta a Fox, il cantante/deus ex machina che teneva un programma new wave in una radio di Bassano, mi pare, e anche con loro abbiamo suonato assieme.” A proposito, i tuoi 5 pezzi wave italiani preferiti? “Eptadone / Skiantos, Vita di strada / Take Four Doses, Better days / The Wops, Plateau Rosa / Matisse, Il mondo di Suzie W./ Underground Life.”
La meteora dei Modern Model, dalla provincia veneziana, brillati lo spazio di qualche stagione. Imbracciano gli strumenti mossi da un bisogno, da una canzone, dal contesto sociale musicale che ti forma e spinge in quella direzione. Due canzoni in una compilation, qualche concerto, tutto veloce. E poi come finiscono queste situazioni?  “Nel nostro caso con il servizio militare, prima il batterista e dopo il disco partii io. Al ritorno avevamo perso le motivazioni, capita. Tieni presente che eravamo tutti compagni di banco dalle elementari e quindi soprattutto amici. Siamo sempre stati in contatto e nel 2009 abbiamo riformato i TMM (vedi pagina FB), riarrangiando pezzi vecchi e componendone di nuovi con altri componenti; con questa formazione ho suonato fino al 2015 poi basta. Oggi loro continuano ancora e ci frequentiamo.”

Grazie a Giuseppe Chinellato per la disponibilità




mercoledì 28 luglio 2021

IL MANCATO CONCERTO DI JOHNNY THUNDERS & THE HEARTBREAKERS A SANTHIA'


Il 23 dicembre 1977 Johnny Thunders & The Heartbreakers avrebbero dovuto esibirsi allo Sporting Club di Santhià (Vc). Gruppo di spalla i Decibel di Enrico Ruggeri.

Poteva essere il primo concerto punk di un gruppo straniero in Italia ma la serata non si concretizzò, suonarono solo i Decibel.

Sul web circolano due versioni dell'accaduto: nell'autobiografia "Sono stato cattivo",  Enrico Ruggeri dice che gli Heartbreakers lasciarono Santhià nel pomeriggio.

Nel libro "La storia del Punk", Stefano Gilardino scrive che il gruppo non riuscì ad ottenere il lasciapassare dai doganieri svizzeri.

Qual è la verità?

Il primo concerto punk straniero fu poi l'accoppiata Stranglers / 999 al Picchio Rosso di Formigine (Mo) nel luglio 1978 (se ne parla diffusamente in un articolo di questo blog), seguito da Adam Ant a Milano, ottobre 1978.

Lo Sporting Club di Santhià è un locale ancora celebrato e ricordato da quelle parti: vi suonò Ray Charles nel 1978, oltre a tutti i big tra i cantautori italiani. Ancora attivo fino all'arrivo della pandemia con il nome di Beverly Hills (cambio di denominazione avvenuto negli anni '90).

 

sabato 12 giugno 2021

PAUL WELLER - FAT POP


A me ovviamente fa piacere se Paul Weller manda fuori un disco all'anno, l'altro giorno dicevo ad un mio amico che prendere il disco di Weller è come prendere le pastine alla domenica, un buon piacere della vita.

Però è giusto scendere dalla sedia del fanatico e valutare un attimo oggettivamente il tutto: vero che c'è stata la pandemia e ovviamente non c'è stata possibilità di andare in tour, però boh, forse non era così necessario buttare fuori un album un anno dopo "On Sunset", ecco.

Da apprezzare se vista in ottica "espressione urgente" come potevano essere i due dischi che i Jam fecero nel 1977, ma non voglio tirare in ballo scomodi paragoni temporali.

Weller ha fatto un capolavoro nel 2018 con "True Meanings", uno dei dischi top five della sua carriera solista. Non dico che debba fare solo capolavori, ci sta  fare anche dei dischi interlocutori, il problema è che quel disco era già "On Sunset" uscito un anno fa. E con questo siamo a due dischi interlocutori.

Mi faccio una fantasia su un disco unico tra "On Sunset" e "Fat Pop" e verrebbero fuori 10/12 pezzi di gran livello.

Beninteso che stiamo parlando di uno che si è sempre mantenuto su buoni livelli e che un ampia sufficenza la strappa anche con "Fat Pop". Però, ecco, giusto chiedersi cosa sarebbe se Weller facesse tre dischi in dieci anni e tutti e tre capolavori. Meno quantità. Con la carriera che ha avuto il nostro è una cosa che potrebbe permettersi. Anche perchè ci si riallaccia alla validità contemporanea del formato album: ha ancora un senso un disco ogni due anni?


lunedì 31 maggio 2021

BASTOGNE 25


L'ultimo concerto pre pandemia del 2020 l'avevo visto a Bologna, proprio al Locomotiv nel gennaio dello scorso anno.
Nell'estate 2020 c'è stato qualcosa d'interessante, Sergio Caputo e Tullio De Piscopo a Cittadella, ma oggi 29 maggio si rimette il naso fuori di casa in maniera compiuta e si torna a Bologna per la serata evento in occasione del venticinquennale di Bastogne. 
Libro stracult, borderline, pieno di riferimenti musicali alternative: l'idea è quella di trasportare dalle pagine cartacee alla realtà alcuni dei protagonisti musicali citati.
Concept straordinario, quando vado in bagno a pisciare a metà serata uno che non conosco me lo conferma: "Il concept è pazzesco", dice.
L'Arena Puccini è un cinema all'aperto nel complesso del Dopolavoro Ferroviario, la stessa che ospita il Locomotiv, il Kinotto Bar, campi di calcetto e tennis. Bologna su questo è sempre all'avanguardia, da noi in Veneto ancora non ci siamo arrivati, probabilmente con uno spazio così a disposizione ci avrebbero fatto case, appartamenti. Con la cultura non ci mangi, ti insegnano mentendo. A Bologna invece sin dalla scena dell'Italian Records di fine anni '70 se la passavano piuttosto bene.
Il primo ad esibirsi è il grande vecchio Dandy Bestia, mi fa piacere vederlo in piedi, fa quattro canzoni, "Karabignere blues", "Gli Italiani son felici", "Sbarbine", "Sono un ribelle mamma". Fa il suo, chitarra elettrica e basta, suono Rolling Stones. 
Alberto Camerini è in formissima, bisognerebbe dargli un programma radio per la dialettica imprevedibile ed avventurosa, svaria mentalmente tra una canzone e l'altra, e che canzoni poi, "R'n'r Robot", "Tanz Bambolina", "Maccheroni Elettronici", "Computer Capriccio". Fantastico. Estate italiana, siamo nel 1983, nell'aria si libra profumo di pizza, t shirt a righe, positivismo, fiducia nel futuro. In classifica ci sono  Camerini e i Righeira. E noi siamo ad una sorta di Festivalbar dei sogni. Quindi adesso tocca a Johnson Righeira. Hit italo/spagnole "No tengo dinero" e "Vamos a la playa", concessione sanremese con "Innamoratissimo" e gran finale con "L'estate sta finendo", una delle più belle canzoni italiane scritte? Secondo me si. Come secondo me Enrico Brizzi è uno dei più grandi scrittori italiani viventi. Lo vediamo prendersi la scena con tanto di band, sotto una base a volte rock'n'roll ("SuperTognazzi"), a volte post rock  ("Cousin Jerry"), declama parti del libro per cui è in atto questa celebrazione. E in quel libro non c'è una parola fuori posto, non c'è niente meno che essenziale.
Mezz'ora buona di Enrico Brizzi e YuGuerra, YuGuerra in stile mod, The Face, con la riga da parte, completo blu tre bottoni, Fred Perry azzurra, scarpe in cuoio inglese. Enrico Brizzi più sull'alternative stradaiolo 90s, tracktop Adidas Jamaica, Fred Perry, tre striscie ai piedi. Lo stile delle sottoculture, la musica, i riti, quel tipo di socialità. Sono cresciuto in quell'ambiente, lo portiamo avanti a modo nostro, non lo facciamo morire, diamo ancora importanza a tutto questo. Ovvio che una serata così è una celebrazione di tutto questo mondo, il nostro.
Bat Matic mi dispiace perderlo, vado a prendere una birra, sento "Mamma dammi la benza" dal baldacchino del bar. Ora è un Festivalbar che prevede un solo pezzo per cantante, si corre un po' per esigenze di copione e coprifuoco. "Ed ora Steno dei Nabat con Laida Bologna".
Gran finale, con Brizzi che sale nella parte finale per cantarla assieme.
Serata strepitosa, è forse stata un sogno?
 

martedì 4 maggio 2021

LA NOVI VAL, LA NUOVA ONDA JUGOSLAVA

 

Per scrivere della Novi Val (la nuova onda, la new wave jugoslava) scelgo un approccio su base territoriale, credo l'unico possibile, a meno che non si proceda in ordine cronologico a zig zag tra le varie scene locali. Considerando che questo vuole essere un reportage di presentazione della scena, una sorta di infarinatura generale basata anche sui miei gusti personali, scelgo l'indagine territoriale, e metto dei paletti cronologici: direi 1976/1984, solitamente lo spazio temporale entro il quale viene racchiuso il movimento new wave originale. Si parte dal punk, certo, anche perchè senza punk non si avrebbe poi il post punk. Sembra una banalità ma è meglio ricordarlo.

Bosnia e Macedonia non sono presenti: ci sarebbe qualcosa da approfondire, nulla di epocale tranne i Bijelo Dugme (la band di Goran Bregovic), ma c'entrano poco con wave e derivati.


Lubiana

I Pankrti si formano già nel 1977, in contemporanea con i fermenti Uk e Usa.

Inizialmente fautori di un classico punk '77 in stile Sex Pistols / Clash, un singolo iniziale nel 1978 e album rilasciati dal 1980 al 1987.

Nel 1978, al Palazzetto Hala Tivoli, si esibirono in una data del loro tour Stranglers e 999; nel 1981, invece, toccò a Siouxsie & the Banshees.

Lubiana è presente in grande stile sulla storica compilation “Novi Punk Val” del 1981, fotografia della prima scena punk sloveno/croata, con Pankrti, Grupa 92, Berlinski Zid e Buldogi: espressionismo punk e primi vagiti post condensati in pezzi veloci e rabbiosi, a testimonianza di una piccola scena vitale ed attiva.





Successivi a questa prima onda, i Borghesia iniziarono nel 1983 ed hanno una carriera che arriva fino ai giorni nostri, con una new wave in zona EBM. Citati spesso dai CCCP come influenza per la propria visione: chiamarsi Borghesia in un paese socialista..

Altro gruppo fondamentale, e conosciuto in tutto il mondo, sono i Laibach, con il loro suono ostico industrial avantgarde.



Zagabria

Azra sono tra i nomi grossi della scena balkan, un suono personale chitarristico con marcate influenze localistiche.

Tra i prime movers della scena troviamo i Prljavo Kazaliste: a me ricordano un po' i Decibel di Enrico Ruggeri con un primo album punk e il secondo già in pieno territorio new wave, quella melodica tra power pop e ska, camicie bianche e cravatte strette.

Gli Haustor sono fautori di una new wave mediterranea, ritmica e dagli influssi balcanici, per certi versi non distante da certe cose dei nostri Litfiba degli inizi. Quattro album molto ben riusciti nel corso degli anni '80. A Rovigno c'è un baretto in spiaggia che mette vinili, li conoscevo già e mi è capitato di ascoltarli in quel contesto: una bella situazione.

I Psihomodo Pop si formarono nel 1983 e raggiunsero un certo successo qualche anno dopo come una sorta di Ramones jugoslavi. Melodie Ramones ma non solo, bei dischi e una carriera ancora attiva.

Aprirono il concerto dei Ramones a Zagabria e Lubiana nel 1990, con i venti di guerra che soffiavano sempre più forte.

Da tener presente il primo disco dei Film, 1980, power pop frizzantino.

Zagabria era inoltre sede della Jugoton Records, la più importante casa discografica jugoslava. Dopo la dissoluzione del Paese, cambiò il suo nome in Croatia Records ed è ancora attiva come etichetta, oltre che record shop in centro città. Molto bella la compilation "Electronic Jugoton, Synthetic Music from Jugoslavia 1964-1989", con dentro nomi noti ed altri meno.

Nel 1981, alla Biennale musicale, si esibirono Gang of Four e Classix Noveaux accompagnati da Haustor, Elektricni Orgazam, Sarlo Akrobata (entrambi da Belgrado) e Laboratorija Zvuka (Novi Sad).



Fiume

Fiume è terra dei Paraf, assieme ai Pankrti tra i precursori della scena punk jugoslava. Si formano nel 1976 e il primo storico concerto lo tennero presso Palazzo Modello in città (edificio monumentale sede della biblioteca e del circolo Italiano di cultura). Inizialmente puro punk '77, il suono si evolve in una fredda new wave elettronica a partire dal secondo album, “Izleti”, del 1981.

A Fiume, nel Rione Belvedere, alla vigilia del primo concerto a Palazzo Modello, gli stessi membri del gruppo tracciarono con vernice su una scalinata la scritta “Paraf Punk”: ebbene nel 2018 il graffito è stato restaurato e dichiarato bene culturale tutelato.

A Fiume troviamo anche i Termiti, tre pezzi di grezzo punk 77 sulla compilation Novi Val del 1981 (presenti anche i Paraf).



Belgrado

A Belgrado parte tutto con la compilation Paket Aranzman del 1981, considerata uno dei dischi caposaldo della Novi Val. Dentro ci sono i Sarlo Akrobata, influenzati da Police, Elvis Costello, Xtc, Jam, Idoli e Elektricni Orgazam, con dei pezzi in piena zona post punk.





I Sarlo Akrobata (traduzione slava di Charlie Chaplin) fanno un album nel 1981 e poi si dividono in due tronconi: Ekaterina Velika e Disciplina Kickme. Entrambi fondamentali, i primi con un gusto wave psichedelico, anche qua vengono in mente certe cose dei Litfiba. I secondi con delle buone ibridazioni crossover.


Gli Elektricni Orgazam sono fautori di una carriera molto versatile, partiti con un primo album di wave elettronica, il secondo un po' Iggy Pop/Clash, poi approdati a degli album quasi psichedelici. Un gran gruppo, tra i fondamentali, da ascoltare.

“Odbrana i Poslednji Dani” (“L'apologia e l'ultimo giorno”) il secondo Lp degli Idoli, è stato insignito da Rolling Stone come “miglior album del rock jugoslavo”,

Su Impatto Sonoro il disco viene così spiegato: “Lavoro dichiaratamente non commerciale, è un concept album basato sull’omonimo libro di Borislav Pekić nel quale i risvolti psicologici dell’alienazione e le turbe dell’anima del personaggio ai tempi della Seconda Guerra Mondiale vengono trasfigurate dagli Idoli sullo sfondo dell’ortodossia urbana belgradese contemporanea, in quello che è – a parere di chi scrive – tra gli album più originali e ambiziosi di sempre: cupo, imperioso eppure a suo modo catchy, è realmente la realizzazione di un linguaggio unico e, se l’accoglienza fu inizialmente abbastanza fredda anche per gli effetti collaterali dei motivi sopracitati, è ormai da decenni considerato da critica e pubblico il più grande album del rock Made in YU.”



Novi Sad

Pekinska Patka: puro punk 77 sguaiato al debutto, cold wave nel secondo disco. Il primo gruppo della Novi Val che abbia mai ascoltato!

Laboratorija Zvuka: un collettivo, formato da sette elementi e dal suono pop wave.

martedì 13 aprile 2021

I RAGAZZI NON PIANGONO




Probabile sia perchè domenica ho visto da Matteo il vinile di "Boys don't cry" con la sua bellissima copertina "Fire in Cairo", palme, moderna estetica 80s in anticipo sui tempi, beh sta di fatto che mi sono ricordato il giorno in cui lo ordinai, in cd però, al negozio di dischi del mio paese.
Una ventina buona di anni fa. Poi però il cd è sparito, ho "Three Imaginary Boys", la versione originale inglese, "Boys don't cry" è quella americana con una scaletta differente, alcuni pezzi non ci sono su TIB.
I primi Cure sono favolosi, minimalismo post punk, un po' Buzzcocks, un po' Wire.
Il primo concerto che ho visto in vita mia, luglio 2002, a Conegliano. Bel battesimo. Ai tempi avevo praticamente solo "Boys don't cry", ne ero estasiato. "Killing an Arab", "Plastic Passion", "Jumping Someone Else's Train".
E' ancora uno dei miei dischi preferiti, pur non avendolo più. Com'è possibile? E' possibile, fidatevi. Basta saperlo a memoria. Però poi ho dischi, anzi ne sono pieno, che valgono la metà dell'impatto che ebbe BDC su di me. Mi piace questa dicotomia. Sarebbe comunque giusto recuperarlo, almeno in cd.
Per questo mi è venuto la brillante idea di fare un salto al decadente negozio di dischi del mio paese, proprio dove l'avevo preso vent'anni prima. Avevo dato un occhiata sul web, e risulta fuori stampa, i disponibili viaggiano sopra i 20 euro. Fantasticavo che al negozio di dischi se ne fosse conservata una copia per me al prezzo di 10 euro. Sono entrato, era lunedì pomeriggio, fuori pioveva. Dietro il banco c'era la Signora Gina, ultraottantenne alle prese con dei fili verdi sopra il bancone. Li attorcigliava, forse stava componendo una sua creazione. Musica non ce n'era. C'era odore da pasticcio, da pranzo della domenica a casa della nonna. Ho detto "Do un occhiata ai cd", "Certo, faccia pure".
Sulla lettera C non c'era nessun cd dei Cure, strano, ho provato a guardare se magari fossero stati classificati sotto la lettera T. Non trovandoli neanche la, ho chiesto alla Signora Gina, ma lei mi ha confermato che i cd dei Cure sono tutti fuori stampa, e anche se volesse non riuscirebbe proprio a procurarmeli. Chissà, forse si ricorda dei Cure perchè suonarono a poche decine di metri nel 1989, tour di Disintegration, un evento di cui ogni tanto si parla ancora adesso.
Ho ringraziato e sono uscito, poi a casa ho passato la serata ascoltando tutti i cd dei Cure che avevo, Mixed Up sopratutto ma anche Three Imaginary Boys: fuori continuava a piovere, su "Meathook" ho anche accennato a dei passi di danza mentre andavo in bagno.