mercoledì 3 dicembre 2014

RICHIE RAMONE @ GRINDHOUSE - PADOVA - 01/12/2014




Alla fine il buon Richie Ramone ha deciso di prendere l'aereo e di venire a fare un bel pò di date in Europa, e ciò non può che essere un bene per qualsiasi fan dei Ramones; ovviamente parlo dei veri fan, quelli che conoscono a memoria la sequenza degli album dal 1976 al 1996, che sanno come sono andate le cose e tutto il resto, gli altri si ascoltino pure Virgin Radio.
Detto questo, il Grindhouse è in una zona di Padova che non conosco, periferia est della città, zona di grigi uffici e strade deserte; è lunedì sera e fa freddo.
In compenso dentro il locale siamo quasi un centinaio e passata la mezzanotte Riccardo si concretizza nel piccolo palco: capelli tinti di nero, chiodo, all star rosse.
Tre album a metà degli anni '80 per lui, forse il periodo più duro per i Ramones, ma tutto sommato tre buoni dischi, tosti e diretti.
Ovvio che si pensi che la scaletta vada a pescare principalmente da quel trittico, considerando che Richie scrisse anche alcuni pezzi durante la sua permanenza in terra ramonica, ed effettivamente si vedrà giusto con somma gioia per le orecchie.
"Somebody put Something in my drink", "Animal Boy", "Smash You", "I Know better now" è davvero un piacere sentirle, materiale non scontato che un seguace snob dei Ramones come il sottoscritto non può che apprezzare di brutto.
Qualche pezzo del suo album solista, "Entitled" (2013) che mi ricorda paurosamente Iggy Pop e qualche classicone dei fratellini fa si che l'esibizione scivoli liscia e senza sbavature.
A dire il vero l'unica virgola è che forse si poteva trovare un buco per "Bonzo goes to Bitburg", ma tant'è, forse Richie è repubblicano mi dico tra me e me.
Un' occhio alla band: il chitarrista sembra provenire dall'oltretomba, mentre la bassista sembra una che frequenta rave e mangia pastiglie (il che mi mette addosso un pò di inquietudine, come certi estremi avventori del locale).
In confronto Dee Dee e Johnny sembravano bravi ragazzi.
Comunque nel complesso serata positiva: forza Richie!


mercoledì 26 novembre 2014

JULIE'S HAIRCUT - CINEMA TEATRO LUX - PADOVA - 21/11/2014



Il Cinema Lux si trova in quartiere Santa Croce, Padova: è qui che si esibiranno i Julie's Haircut con una formula innovativa e, finalmente, al passo con i tempi multimediali; suoni e immagini. Un accoppiata apparentemente banale ma che in tempi di post.postmoderno e di "tutto già vissuto, nulla ci emoziona più" è in grado di risultare comunque efficace.
All'ingresso la tizia della biglietteria mi informa che stasera non ci sarà cinema, bensì un concerto: evidentemente il mio aspetto ordinario/casual gli trasmette ascolti riprovevoli (cit.).
Non è che siamo in tantissimi dentro la sala, però si sta belli comodi e non ci sono i rompicoglioni che sgranocchiano patatine e muovono sacchettini (cosa che odio dei cinema).
Davanti al palco scende un telo bianco che lo copre per intero e verso le 22.30 dietro ad esso si presenta il quintetto emiliano in camicia e pantaloni bianchi.
L'esibizione prevede la riproposizione per intero dell'ottimo "Ashram Equinox", l'ultimo disco dei nostri uscito nel 2013; pezzi totalmente strumentali tra dub, Can, krautrock e psichedelia, musicalmente di sicuro impatto e in grado di prestarsi con efficienza all'ondata di immagini che vengono trasmesse nel telo.
Ragazze, montagne, boschi, funghi, flora.
Ogni tanto mi perdo nelle immagini e ogni tanto nella band che ci suona dietro e che intravedo, e poi tutto si mescola e avanti così fino alla fine.
Musica che ci sta da colonna sonora sia mentre pedali in campagna, sia mentre giri con la macchina in periferia a Milano.
Ai bis viene tirato su il telo e la band propone un paio di inediti di ultima realizzazione, questa volta con il cantato, una delle quali mi sembra arrivi spedita dai solchi di Tago Mago.
All'uscita compro una bella stampa del gruppo, mi infilo la sciarpa e mi immergo nel freddo della notte veneta.

venerdì 24 ottobre 2014

MORRISSEY - GRAN TEATRO GEOX - PADOVA - 23/10/2014


Se dovessi scegliere, meglio vedersi un concertino giù al club in 50 persone che non al Palasport in 5.000; però non è che Morrissey possa venire al Baluba Club e passare inosservato, quindi tocca organizzarsi, tirare fuori un bel cinquantone, farsi un tre ore piene in piedi come un idiota e aspettare l'inizio del concerto.
Prima dell'ora X, Morrissey si improvvisa vj vecchio stampo e proietta su di uno schermo video di Ramones, Brian Eno, Nico, Penetration, proteste anti-Thatcher: un bel mix che serve a dirci qualcosa di lui e del suo mondo interno.
Alle 22.00 cala il sipario e via: "Hand in Glove", singolo di debutto degli Smiths datato 1983, è la prima freccia scoccata, seguita da "Everyday is like Sunday", una delle più conosciute ed apprezzate canzoni del Morrissey solista.
La band è composta da sei elementi, un sound bello pieno e caldo, aiutato anche dall'ottimo impianto audio del Geox (che avevo già avuto modo di constatare tempo addietro).
Praticamente del recente "World peace in none of your business" le fa quasi tutte, contribuendo anche a farmi ricredere su qualche pezzo che dai primi ascolti scroccati nella macchina della mia ragazza non è che mi si appiccicassero proprio addosso, ecco.
Tipo, "Instanbul" con una voce diversa starebbe bene in mezzo al secondo album degli Stone Roses, "The Bullfighter Dies" potrebbe starci su "The World Won't Listen", "Staircase at the University", invece, è proprio bella.
Da segnalare il siparietto in cui dice al pubblico: "Non ho visto la vostra città. E' bella? Bah, non credo".
Il finale è affidato alla declamatoria "Meat is Murder", accompagnata da un durissimo video riguardante violenze sugli animali perpetrate nei macelli, una posizione che mi fa tornare in mente certo estremismo punk da squat del tipo Crass/Discharge che con Morrissey non c'entra apparentemente niente.
Con il pubblico praticamente ancora sotto shock, e sulle note di "One day Goodbye..", si conclude l'ultima data italiana di questo tour, con Morrissey che si strappa la camicia e la lancia al pubblico (poi mi è giunta voce che i tizi dello staff la rivolessero indietro..).
All'uscita acquisto un bel poster e la maglietta con la copertina di "Meat is Murder", il primo album che abbia mai ascoltato degli Smiths.

martedì 19 agosto 2014

EDDIE & THE HOT RODS - FESTA RADIO ONDA D'URTO - BRESCIA - 15/08/2014


Sempre carina la festa di Radio Onda d'Urto a Brescia; parcheggio gratis, ingresso gratis dalle 19.00 alle 20.00 (dopo 5 euro), prezzi onesti di cibo e bevande.
Unico appunto il terreno ghiaioso in cui si svolge il tutto: anche se preferisco il verde, questa volta tiferei asfalto.
Sono a Brescia per gli Eddie & the Hot Rods, band leggendaria dell'epoca immediatamente precedente all'esplosione del punk inglese, anche se poi lo cavalcò con eccellenti risultati (l'album "Life on the Line" ad esempio).
Alle 21.00 salgono sul palco i Mugshots, band bresciana che mi sembra influenzata da Alice Cooper, quantomeno nel trucco del cantante: non mi prendono e ne approfitto per fare un giro tra le bancarelle.
Seconda band spalla sono gli Apers, quartetto olandese che conosco marginalmente dall'epoca in cui Screeching Weasel e Queers erano il mio pane quotidiano. In realtà gli Apers sono una brutta copia delle band in questione, non so neanche perchè riescano a suonare frequentemente in Italia quando è chiaro che ci sono parecche band italiane pop punk/punk rock più interessanti di loro. Esterofilia allo stato terminale? Probabile. A me sembrano scontati e noiosi, magari ad un sedicenne sembreranno imprescindibili.
Verso le 23.00 salgono sul palco Eddie & the Hot Rods: sono in quattro e il sessantenne Barrie Masters alla voce mi sembra bello in forma, un gentleman inglese che sembra aver studiato qualcosa alla scuola di spettacolo "Rod Stewart".
I pezzi storici ci sono tutti, "Teenage Depression", "Quit this Town", "Life on the Line", inframezzati dalle cover storiche suonate dai nostri, "Gloria" e "The Kids are Alright".
Si divertono e fanno divertire i presenti, compreso il solito gruppo di punkabbestia che farebbe casino anche se ci fosse una motosega amplificata, aiutati da superalcolici mal miscelati.
Finale con l'hit "Do anything you wanna do" e l'inaspettata cover di "Born to be Wild". Ai bis la sola "Steppin' Stone" dimostra che quelle sono le canzoni in scaletta, e bisogna accontentarsi.
Nel complesso promossi, me li vedrei bene in un bel pub in autunno.

giovedì 7 agosto 2014

CONSIDERAZIONI A MARGINE DEL CONCERTO DEI TELEVISION – SESTO AL REGHENA (PN) - 05/08/2014



Television a Sesto al Reghena, grazioso borgo appena aldilà del confine veneto/friulano, vicino Portogruaro e comunque provincia di Pordenone, grande capitale musicale italiana dei tempi che furono.
Posti a sedere e alla fine questa si rivelerà una mossa discutibile: non è che mi dispiacciano i concerti da seduto, anzi quando mi capitava di vedere gli Offlaga Disco Pax avrei pagato di tasca mia perché qualcuno riempisse la pista di sedie (e questo avrebbe alzato la qualità della performance).
Con i Television, invece, direi che viene a meno l’empatia che intercorre tra pubblico e band; ecco, dei Televison da freezer che però con un pubblico più partecipe forse avrebbero cambiato un attimo marcia.
Che poi comunque la loro parte la fanno bene e in scaletta piazzano praticamente tutto “Marquee Moon”, canzoni immortali, “See no Evil”, “Venus”, “Elevation” o la stessa titletrack.
Però sembra di assistere ad una partita di tennis, oppure ad una recita scolastica, guai a chi parla!
Il bassista sembra un po’ Andrea Mingardi e Verlaine da lontano sembra Fiumani dei Diaframma.
Alla fine, con un amico, riusciamo ad aggirare il palco e a vedere due minuti del concerto da praticamente il backstage, finchè un buttafuori ci dice di sloggiare.

lunedì 21 luglio 2014

BUZZCOCKS - THE FALL - INSPIRAL CARPETS @ FIERA DELLA MUSICA - AZZANO DECIMO (PN) - 18/07/2014






Serata davvero imperdibile per gli appassionati di suoni britrock quella organizzata all'interno della rassegna "Fiera della Musica" di Azzano Decimo, paese della provincia pordenonese, terra del Great Complotto e non solo.
Tre gruppi da Manchester, da una scena cittadina che dal punk in poi ha prodotto materia musicale/sociale di primissima qualità.
Buzzcocks, Joy Division, la Factory Records di Tony Wilson, Fall, New Order, l'Hacienda, Smiths, Madchester, Oasis. Dite che può bastare?
Il clima è gradevole e alle 21.15 salgono sul palco i Buzzcocks, con sorpresa per il sottoscritto che se li aspettava per ultimi.
Attaccano subito con "Boredom", seguita da "I don't mind" e "Autonomy", tre istantanee del periodo '76/'78 giusto per mettere le cose in chiaro.
Sono belli carichi e nei 50 minuti circa a disposizione sparano tutte le cartucce migliori della collezione: "Promises", "Love you More", "Ever Fallen in Love", praticamente quasi tutto "Singles Going Steady" (disco da isola deserta) con l'aggiunta di "Why she's a girl from the chainstore" (singolo del 1980) e "Sick city sometimes", unica concessione alla produzione relativa alla seconda parte di carriera dei nostri (dal 1989 ad oggi).
Tra l'altro so che sono in uscita con un nuovo album e sicuramente non mancherò nell'acquisto e nell'ascolto.
Concludono con "Orgasm addict" e, in definitiva, soddisfano per intensità e scelta dei brani. Sempre un piacere vederli.
Tempo di un Cynar al Bar Sport e tocca ai Fall: gruppo storico della scena inglese, trentasette anni di carriera, circa trenta album prodotti, insomma un istituzione anche se non sempre così accessibile come altre proposte proveniente dal Regno Unito.
Il suono del live è un sunto degli anni '80 di Manchester: A Certain Ratio, New Order, primi Happy Mondays, con una doppia batteria (da una parte set completo, dall'altro solo i fusti) che crea un sound di base quasi industriale ma al contempo bello caldo.
Mark E. Smith, più che cantare,declama frasi che sarebbe bello poter comprendere a pieno, così si avrebbe una visione più completa del tutto; perchè il set dei Fall si rivela ostico e non così immediato, con il telaio strumentale che praticamente gira su se stesso per quaranta minuti e con la mancanza di melodia vocale che rende il tutto decisamente complesso all'ascolto.
Un set difficile ma non per questo poco interessante.
Sicuramente più accessibili gli Inspiral Carpets, a cui è affidata la parte conclusiva della serata.
Puro Madchester sound: indie dance, con il Farfisa che gioca un ruolo decisivo nell'economia di casa.
Vestìti bene, tutti in camicia, risultano davvero piacevoli; vengono da sempre considerati uno scalino sotto ai pesi massimi Stone Roses, Happy Mondays e Charlatans e forse ci stà, però hanno davvero belle canzoni in scaletta.
"This is how it feels", "She comes in the fall", oppure la conclusiva "Saturn 5" stanno li a dimostarlo.
Poi, dopo un concerto così, farsi un dritto Pordenone-Treviso-Cittadella è un attimo.

 

mercoledì 16 luglio 2014

DAMON ALBARN - TEATRO DEL VITTORIALE - GARDONE RIVIERA (BS) - 14/07/2014



Ha dato spettacolo Damon Albarn, nella splendida cornice del Teatro del Vittoriale di Gardone Riviera (Bs), quasi nel mezzo della sponda ovest del Lago di Garda.
Biglietti sold out già da tempo e attesa crescente per una data che verrà ricordata a lungo dai presenti.
Alle 21.15 precise è salito sul palco con la propria band ed ha invitato subito i presenti in platea ad alzarsi in piedi e ad avvicinarsi al palco. Addio posti numerati, quindi. Ovviamente ne ha guadagnato l'intensità dello show, composto da un programma interno davvero ricchissimo, e che ha smentito quanti, tra cui il sottoscritto, si aspettavano una scaletta dal mood malinconico, com'è appunto la linea dell'ultimo (splendido) lavoro del nostro, "Everyday Robots".
Oltre a tutte le canzoni presenti in quest'ultimo, infatti, Albarn ha riproposto pezzi della sua produzione non-Blur a firma Gorillaz e The Good, the Bad & the Queen, episodi dal tono generale dub ("Kids with Guns"), resi perfettamente da una band con una sezione ritmica che sembrava uscita da un'istantanea Two Tone e un chitarrista e un tastierista in tenuta mod.
Gli amori musicali di Albarn li scorgi tra le linee, anche dove non te li aspetti: vaghe melodie Kinksiane filtrate da suoni quasi di scuola Clash ("Slow Country", "Kingdom of Doom"), profondità stile "Ghost Town" degli Specials.
Un coro composto da sei persone ha fatto capolino in "Three Changes" (replicando poi dove ce ne fosse la necessità), offrendo un valore aggiunto ad una prestazione già curatissima in ogni dettaglio.
La conclusione della prima parte lo ha visto riprendere due canzoni dei Blur (complessivamente poco spazio alla band madre, indicati come "la mia band precedente"), "Out of Time" e "All your life", quest'ultima in versione T-Rex drogati di punk.
Tempo di una sigaretta dietro il palco ed è tornato per il gran finale, che ha visto passare in rassegna una "End of the Century" di Parklifiana memoria rivisitata in solo al piano, seguita da una "Clint Eastwood" che ha fatto muovere le gambe a tutti.
La primaverile "Heavy Seas of Love" ha chiuso il sipario su un concerto sfavillante, ricco di emozioni e senza punti deboli.
Quasi due ore di live set: il campanile del borgo dove controllare l'ora, il Garda dietro il palco e ricordi memorabili nelle orecchie e negli occhi.