domenica 7 giugno 2015

DICTATORS - ALTROQUANDO - ZERO BRANCO (TV) - 05/06/2015


Dopo una lunga assenza si torna all'Altroquando di Zero Branco, mitico locale incastonato tra le provincie di Treviso, Padova e Venezia.
L'occasione è di quelle ghiotte: ci sono i Dictators, storico gruppo di culto formatosi a New York nel 1973 e arrivato al debutto con lo splendido album "Go Girl Crazy" nel 1975, in anticipo su tutti i gloriosi esponenti della scena newyorkese.
Rock stradaiolo dai ritmi medi, rock'n'roll scarnificato, proto punk, suonato da una band vestita con jeans, maglietta e sneakers; c'erano anche altri quattro ragazzi, a pochi isolati di distanza, che iniziavano a fare qualcosa di simile a modo proprio, i Ramones.
Insomma c'è attesa, e intorno alle 22.30 la band sale sul palco; la prima parte di show è tutto sommato noiosa, contrassegnata da uno scialbo hard rock e da un suono generale che sembra non rendere al meglio.
Ci si inizia a muovere giusto con "Who will save rock'n'roll", che fa battere il piedino ed agitare le gambe.
Nel frattempo studio un pò il quintetto, il cantante Handsome Dick Manitoba con capellino in lana del Bronx anche se ci sono 40 gradi, il capellone Ross the Boss e la seconda chitarra Daniel Rey (in sostituzione del membro originario Andy Shernoff), produttore di alcuni album dei Ramones (nonchè co-compositore di alcuni pezzi degli stessi).
Forse una band un pò tamarra, ma un amico mi fa notare che se non fossero così non si chiamerebbero "Dittatori".
La seconda parte dello show va decisamente meglio, le canzoni iniziano ad essere di un certo livello ("Cars and Girls", "Faster and Louder") e contribuiscono decisamente ad alzare la media voto finale.
Un concerto onesto, dai; fosse per me avrei preferito che mi suonassero quasi interamente "Go Girl Crazy", aggiungendo i pezzi migliori dagli altri tre album e buonanotte ai suonatori, però ci si accontenta e ci si diverte comunque in questa calda serata di inizio giugno, e quindi va bene così.

venerdì 15 maggio 2015

LEONI



Quando ho sentito parlare per la prima volta di "Leoni" non nego di aver pensato: "Sarà il solito film che spara a zero sugli stereotipi veneti".
Poi è arrivata l'occasione di vederlo, in un cinemino di campagna con la presenza del regista in sala, e devo dire che invece mi ha colpito positivamente.
Niente stereotipi, niente denigrazione gratuita, solo uno spaccato tipico e caratteristico di una famiglia veneta.
C'è la crisi, ci sono gli intrighi della provincia, c'è una splendida Treviso; viene spontaneo, almeno per le ultime due voci, pensare a quel "Signore e Signori" di Pietro Germi che proprio a Treviso fu ambientato alla metà degli anni '60, oppure a certe opere del compianto Carlo Mazzacurati e al suo sguardo umano su questa terra.
Ecco, sarebbe bello che il regista Pietro Parolin continuasse sul solco tracciato proprio dal Mazzacurati, perché di quelle storie se ne sente ancora il bisogno.

giovedì 14 maggio 2015

PYJAMARAMA + MULETA - RICKY'S PUB - ABBAZIA PISANI (PD) - 09/05/2015



Metti una sera in provincia, Milan - Roma sul divano di casa e poi via al Ricky's Pub di Abbazia Pisani.
Stasera suonano le due incarnazioni dei Melt post scioglimento, i Pyjamarama e i Muleta: sono curioso, soprattuto dei primi che non ho mai visto.
Nei Pyjamarama ci sono Teo e Diego, basso/voce e batteria di casa madre Melt, nei Muleta Teno, l'ex chitarra.
I Pyjama, in termini sonori, sono praticamente la continuazione degli ultimi Melt, forse solo un attimo più diretti. Rock punk cantato in italiano, melodico e non banale.
Bevo una birra e penso ai Melt, al fatto che anni fa emergevi se eri valido senza tanta fuffa promozionale, c'erano ragazzi che seguivano il genere e in qualche modo ti premiavano con il passaparola, passando la cassetta all'amico e roba così.
Succede ancora qualcosa di simile là fuori? Non saprei.
I Muleta li avevo visti tempo fa e stasera li ritrovo più compatti, un bel suono elettrico dato dalle due chitarre e caratterizzato dall'assenza di basso: punk scarno e sonico, legato all'urgenza espressiva con un attitudine che mi piace.
I presenti apprezzano e si godono le vibrazioni.

giovedì 16 aprile 2015

TONY FACE - "PAUL WELLER - L'UOMO CANGIANTE"



Ho letto il nuovo libro di Mr. Tony Face, "Paul Weller - L'Uomo Cangiante": beh, devo dire che Paul Weller lo metto proprio lì, sul piedistallo dei miei preferiti.
I Jam in sette-anni-sette di carriera fecero un percorso straordinario, roba che adesso è impossibile fare, non so neanche se una band del nostro presente ce la fa in vent'anni a fare le cose che i Jam fecero dal 1976 al 1982.
I Jam, per certi versi, sono simili ai Clash: pochi anni di carriera, primo album al top, secondo un po' meno, e da li un crescendo entusiasmante fino alla prematura fine.
Weller con i Jam era sostanzialmente un arrogante coglione, permeato da una retorica working class inglese decisamente sulla difensiva, frasi forti e verità assolute in tasca a vent'anni circa.
Poi l'illuminazione con gli Style Council, si cambia: quello che si pensava prima non andava più bene, via le chitarre rumorose, dentro la contemporaneità (estetica e anche sonora se vogliamo).
I concetti forti rimangono, però quasi diametralmente opposti rispetto ai Jam: proclami anti Thatcher, il conservatorismo sociale inglese che ora va stretto, uno sguardo all'Europa, addirittura proclami a diventare "Internazionalisti" (chissà cosa ne pensavano i Clash, con i quali ai tempi dei Jam ci fu maretta per opposte visioni politiche).
Sono gli anni del Weller champagne socialist: curato, elegante, alla moda però con visioni politiche di estrema sinistra.
Gli Style Council implodono nel 1989, e da li inizia l'avventura solista di Weller che continua fino al giorno d'oggi e che io sto continuando a scoprire, nel senso che non ho ascoltato proprio tutti gli album come fatto con i suoi due gruppi precedenti.
Sono gli anni della maturità, permeati da una visione disincantata del presente rispetto ai furori e alle esaltazioni di Jam e Style Council.
Insomma, in Paul Weller i cambiamenti di direzione sono una marchio di fabbrica imprescindibile, da qui il titolo del libro.
Possono risultare patetici? Forse, però alla fine siamo tutti in movimento in cerca di qualcosa, e Weller in questo è uno di noi, un uomo.

martedì 31 marzo 2015

UB40 - GRAN TEATRO GEOX - PADOVA - 28/03/2015




Non sapevo bene cosa aspettarmi dal concerto padovano degli UB40, però a fine serata sarò ben contento di aver partecipato ad una bella serata.
Le incognite potevano riguardare l'effettivo status di cui gode la band nel suolo italico e il particolare percorso che l'ha vista protagonista dagli esordi ad oggi; mi spiego bene: pur provenendo da un periodo storico sociale contemporaneo a quello che prenderà il nome di "suono two tone" (seppur basandosi sul reggae che non sullo ska) e pur abbeverandosi, a grandi linee, dalle stesse fonti musicali dei sopraccitati, è lampante che gli UB40 non godono del culto che possono avere i Madness o i Selecter presso i seguaci di questi suoni a queste latitudini.
Sostanzialmente in quanto poco ortodossi, troppo poco legati ad un immagine particolare e caratteristica, ma comunque in grado di scrivere una propria storia personale quantomeno fascinosa e con un successo di pubblico neanche paragonabile a quello degli eroi two tone.
L'idea alla base della band di Birmingham era quella di prendere i ritmi ballabili e cool del reggae e vedere cosa succedeva se a farlo era una band inglese con quattro bianchi e quattro neri: ne sono usciti album memorabili e altri meno, sicuramente abbastanza buone canzoni per riempire un live set e regalare un'ora e mezza di gran spettacolo al numeroso pubblico accorso al Geox.
Una scaletta che nel complesso li ha visti pescare lungo trent'anni di carriera, alternando brani autografi a famose hits reggae che gli UB40 incisero nella serie di album di cover "Labour of Love".
"Present Arms" e "Cherry oh Baby" hanno lasciato un segno sulla primissima parte del concerto, che complessivamente ha mostrato una band in ottima forma, dal suono ricco, preciso ed elegante, aiutata da una sezione fiati in gran spolvero.
L'ottima acustica della sala ha sicuramente giovato ad un esibizione che avuto il proprio culmine nella seconda parte: "One in ten" è pura Inghilterra 1981, Thatcher al potere, disoccupazione imperante (al cui modulo per la richiesta di sussidio gli UB40 devono il proprio nome), deindustrializzazione e futuro grigio, "Food For Tought" è il primo storico singolo datato 1980, "Red Red Wine" e "Kingston Town" sono due reggae songs immortali; entusiasmo che è continuato anche durante la finale e conosciutissima "Can't help falling in love" e che penso sia rimasto ai presenti a ricordo di questo sabato primaverile.

martedì 17 febbraio 2015

JIMMY'S HALL - KEN LOACH



Ieri sera ho visto Jimmy's Hall di Ken Loach al cinema; un cinema di periferia, di quelli piccoli distanti anni luce dalle grandi catene tipo McDonald's del cinema, il che non può che essere un bene.
Mi sono venute in mente un po' di considerazioni di cui vorrei scrivere qua:

1- Che Ken Loach è un lusso che ci sia ancora e in splendida forma come sempre: un film all'anno di media è veramente oro colato (sicuramente per me).

2- Che la sala che Jimmy apre nella campagna irlandese, una volta ritornato dagli Stati Uniti, è quanto di più simile ci sia ad un moderno centro sociale o Circolo Arci, di quelli caldi, accoglienti e funzionanti, con mille idee e la voglia di realizzarle, non di quelli stantii che puzzano di fermo.

3- Che i rapporti con la Chiesa, la quale nel film è decisamente mal disposta verso la socialità e l'attivismo della Jimmy's Hall, almeno nella mia esperienza sono stati decisamente diversi: prove con i gruppi in sale parrocchiali, concertini in patronati, insomma il famoso "punk parrocchiale" decantato da un famoso romanzo di Enrico Brizzi.
Ovviamente non esiste una risposta univoca: un po' sono cambiati i tempi, un po' nella Chiesa il '68 fece qualche sconquasso, un po' ci sono diversi tipi di preti e diverse maniere di interpretare il mondo giovanile.

Comunque gloria a te Ken Loach, per sempre!

martedì 3 febbraio 2015

EX CSI - NEW AGE - RONCADE (TV) - 31-01-2015




Circa un paio di anni fa, il buon Massimo Zamboni ha deciso di richiamare a sé i compagni musicisti con i quali condivise l'esperienza Csi (compresa l'epoca tardo Cccp) e insieme hanno ricominciato a girare la penisola con frequenza, inizialmente concentrandosi maggiormente sul repertorio della band madre ("30 anni di Ortodossia"), spostandosi ora sulla continuazione Csi.
Ovviamente non è presente Giovanni Lindo Ferretti, sostituito nel ruolo da Angela Baraldi; Ferretti con cui c'è stato si un riavvicinamento di recente, ma evidentemente i tempi sono poco maturi per una reunion completa del Consorzio (ammesso che ci sarà mai).
I Csi, storicamente, iniziavano laddove terminavano i Cccp, solcarono tutti gli anni '90 pubblicando tre album di studio e raggiungendo un ampio consenso di pubblico e critica, per terminare poi la corsa nel 2001, con Ferretti che darà vita ai Pgr mentre Zamboni proseguirà da solista.
Fuori fa freddo, il New Age è bello pieno e alle 23 circa sale sul palco la band tosco-emiliana; "A tratti" è il primo brano in scaletta, ritmo circolare e declamazioni mantriche, seguita dall'esplosione rock elettronica di "Forma e Sostanza" con una Baraldi in grande forma.
Rispetto alla quasi caotica esibizione che avevo avuto modo di vedere al Festival di Radio Sherwood nel 2013, basata perlopiù sul repertorio Cccp, noto subito un paio di concetti: che l'esibizione in un posto chiuso giova al suono e alla compattezza del tutto e che forse, nell'insieme, le canzoni dei Csi meglio si adattano ad una riproposizione live con strumentario classico (chitarre/basso/batteria/tastiera), rispetto allo scarno punk di scuola Cccp.
In un abbondante ora e mezza, il pubblico del New Age ha modo di esaltarsi con tutti i grandi classici, da "Unità di Produzione" a "Linea Gotica", "Annarella" e "Depressione Caspica" recuperate dagli ultimi Cccp prima del gran finale affidato a "M'importa una sega", rock punk quadrato che scatena l'entusiasmo dei presenti.
I bis non vengono concessi, o meglio Canali dice che non gradisce "la farsa che noi usciamo e voi ci richiamate, così questi sono i bis!": una nuova composizione, "Il nemico", legata al nuovo progetto Ex-Csi "Breviario Partigiano" (libro+cd+dvd legati al tema della Resistenza) e una dilatata "Buon anno ragazzi" chiudono il sipario su una serata davvero riuscita. "Nessuna garanzia per nessuno".