RAMONES - SUBTERRANEAN JUNGLE (1983)
RAMONES - TOO TOUGH TO DIE (1984)
RAMONES - ANIMAL BOY (1986)
RAMONES - HALFWAY TO SANITY (1987)
In un'intervista a "la Repubblica" del 1993 Ray Davies dei Kinks citò le sue influenze culturali, così descritte nell'articolo:
"Tra le sue influenze culturali cita alla rinfusa, con molta nonchalance: Rembrandt, Big Bill Broonzy, Piero della Francesca, Kandinsky, il Modern Jazz Quartet, Muddy Waters, Noel Coward, Stanley Matthews, Alfredo Di Stefano e Bob Beaumont. Come dire musica, pittura, arte e sport mixati insieme con sommo snobismo."
Rembrandt - Pittore olandese
Big Bill Broonzy - Chitarrista Chicago blues
Piero della Francesca - Pittore rinascimentale italiano
Kandisky - Pittore astratto, nato russo e naturalizzato francese
Modern Jazz Quartet - Fondati nel 1952, attivi fino ai primi anni settanta, un nome storico.
Muddy Waters - Bluesman e grande ispirazione del giro British Invasion.
Noel Coward - Commediografo, attore e regista britannico. Presente con un ruolo di rilievo in "The Italian Job" del 1969.
Stanley Matthews - Calciatore inglese, Stoke City e Blackpool, primo vincitore del Pallone d'Oro nel 1956.
Alfredo Di Stefano - Millonarios e soprattutto Real Madrid, dove vince consecutivamente le prime cinque edizioni della Coppa dei Campioni.
Bob Beaumont - Il fondatore della Sebring - Vanguard, l'azienda che produsse la Citicar, l'auto elettrica.
L'idea di andare a vedere Massimo Zamboni ci è venuta venerdì mentre stavamo facendo aperitivo: "Hey, c'è Zamboni stasera a Chiuppano", "Dai? Si, potremmo andare!".
C'è anche da dire che giusto un anno fa partimmo con le stesse modalità improvvisate alla volta di Rovigo per i Tre Allegri Ragazzi Morti: potrebbe diventare una buona consuetudine quella dell'ultimo venerdì di agosto, trovarsi all'aperitivo e partire per un concerto.
Raggiunta la zona dell'Alto Vicentino ed entrati a Chiuppano abbiamo seguito l'indirizzo segnalato sulla pagina facebook del festival: ci siamo ritrovati a piedi nel buio in una stradina bianca di collina che costeggia un cimitero. C'era anche un bosco tutt'attorno e, in lontananza, si sentiva qualche ululato.
Preso atto dell'evidente errore (dopo circa un km su questa stradina: "No, direi che è abbastanza improbabile che ci sia un concerto in questa zona" cit. Paglione) abbiamo iniziato a girovagare per la deserta Chiuppano e delle macchine posteggiate in piazza ci hanno trasmesso l'esistenza di una qualche forma di vita. L'ingresso del Festival era praticamente impossibile da vedere anche a distanza di 50 m, nascosto com'era in un angolo buio. Vabbè, in qualche maniera siamo arrivati.
Strano questo festival: 50 persone, di cui una buona metà residui scoppiatoni alternativi del luogo. C'è anche da dire che la sera stessa si esibiva Ferretti a Pordenone, quindi magari una decina buona di persone è stata persa per strada. Zamboni sul palco con un intervistatore che parlava del suo libro e inframezzava con qualche canzone del repertorio.
Il libro sembrerebbe interessante, parla di Cavriago, paese nelle vicinanze di Reggio Emilia. La prima volta che lo sentii nominare fu nella famosa canzone degli Offlaga Disco Pax, poi mi capitò di dormirci per lavoro una sera di qualche anno fa e colsi l'occasione per visitare il busto di Lenin.
Ha detto delle belle cose Zamboni, tra cui: "Bisogna aver cura del proprio paese". Perché è di quello che in sostanza scrive il libro, dell'amore verso la propria terra, di circoli, cooperative, valori.
Quindi che differenza sostanziale c'era tra un sistema relazionale basato sul voto al PCI come in Emilia e un altro basato sul voto alla DC come in Veneto? Secondo me, al netto delle differenze ideologiche, poche.
Prima di un pezzo Zamboni ha ricordato quando si esibirono a Bassano del Grappa con i CCCP nel 1986; finito il concerto volevo saperne di più da lui, in realtà qualcosa già sapevo perché un mio conoscente a quel concerto c'era. Gli ho anche mostrato la foto che ho scattato sabato scorso a Santarcangelo di Romagna, la foto del terrazzo dove i CCCP si esibirono nel 1983 in occasione del Festival del Teatro di Piazza. Ho visto che gli si è illuminato qualcosa, mi ha fatto davvero gran piacere.
Grazie a Giuseppe Chinellato per la disponibilità
Poteva essere il primo concerto punk di un gruppo straniero in Italia ma la serata non si concretizzò, suonarono solo i Decibel.
Sul web circolano due versioni dell'accaduto: nell'autobiografia "Sono stato cattivo", Enrico Ruggeri dice che gli Heartbreakers lasciarono Santhià nel pomeriggio.
Nel libro "La storia del Punk", Stefano Gilardino scrive che il gruppo non riuscì ad ottenere il lasciapassare dai doganieri svizzeri.
Qual è la verità?
Il primo concerto punk straniero fu poi l'accoppiata Stranglers / 999 al Picchio Rosso di Formigine (Mo) nel luglio 1978 (se ne parla diffusamente in un articolo di questo blog), seguito da Adam Ant a Milano, ottobre 1978.
Lo Sporting Club di Santhià è un locale ancora celebrato e ricordato da quelle parti: vi suonò Ray Charles nel 1978, oltre a tutti i big tra i cantautori italiani. Ancora attivo fino all'arrivo della pandemia con il nome di Beverly Hills (cambio di denominazione avvenuto negli anni '90).
Però è giusto scendere dalla sedia del fanatico e valutare un attimo oggettivamente il tutto: vero che c'è stata la pandemia e ovviamente non c'è stata possibilità di andare in tour, però boh, forse non era così necessario buttare fuori un album un anno dopo "On Sunset", ecco.
Da apprezzare se vista in ottica "espressione urgente" come potevano essere i due dischi che i Jam fecero nel 1977, ma non voglio tirare in ballo scomodi paragoni temporali.
Weller ha fatto un capolavoro nel 2018 con "True Meanings", uno dei dischi top five della sua carriera solista. Non dico che debba fare solo capolavori, ci sta fare anche dei dischi interlocutori, il problema è che quel disco era già "On Sunset" uscito un anno fa. E con questo siamo a due dischi interlocutori.
Mi faccio una fantasia su un disco unico tra "On Sunset" e "Fat Pop" e verrebbero fuori 10/12 pezzi di gran livello.
Beninteso che stiamo parlando di uno che si è sempre mantenuto su buoni livelli e che un ampia sufficenza la strappa anche con "Fat Pop". Però, ecco, giusto chiedersi cosa sarebbe se Weller facesse tre dischi in dieci anni e tutti e tre capolavori. Meno quantità. Con la carriera che ha avuto il nostro è una cosa che potrebbe permettersi. Anche perchè ci si riallaccia alla validità contemporanea del formato album: ha ancora un senso un disco ogni due anni?