TRE SINGOLI TWO TONE DI CULTO

THE FRIDAY CLUB - WINDOW SHOPPING

Nel 1985, al calar del sipario sull'avventura Two Tone, arriva questo pezzo bomba northern soul modernizzato 80s. Band che durò qualche anno, indicativamente fino al 1989, e buttò fuori un'altro singolo autoprodotto nel 1986. "Window Shopping" (presente in versione strumentale nel lato B) é una gemma poco conosciuta, un floor filler di livello assoluto che per me sta tra i cinque dischi Two Tone migliori di sempre.



ELVIS COSTELLO - I CAN'T STAND UP FOR FALLING DOWN

Già in cabina di regia l'anno precedente per lo splendido debutto degli Specials, Elvis Costello (& the Attractions) nel 1980 rilascia per l'etichetta in bianco e nero questa cover di Sam & Dave, pezzo soul uptempo che troverà spazio anche nell'eccellente album "Get Happy". Una sorta di join venture nel nome dello stile.



THE BODYSNATCHERS - RUDER THAN YOU

(LATO B DEL SINGOLO "LET'S DO THE ROCKSTEADY")

Band tutta al femminile, il lato A di questo singolo del 1980 è senz'altro divertente, ma il meglio arriva nel lato B, un ottimo pezzo di ska punkizzato giusto giusto tra Selecter e Slits.




SPEAKEASY CLUB


 Pete Townshend, Paul Cook (in Fred Perry!), Steve Jones: Speakeasy, Londra, 1978 circa.

LE ADIDAS JOGGEN DI JOE STRUMMER






E' storia nota che Joe Strummer nel 1983 partecipò alla London Marathon (dopo aver bevuto dieci pinte di birre la sera prima, almeno così disse all'arrivo).

Partecipò con una canottiera che riprendeva una grafica cara ai Clash, quella degli scontri al Carnevale di Notting Hill. Sopra la canottiera il numero D918 (Gilette). Ai piedi un paio di Adidas Joggen. 

Beh, nel novembre 2024 Size?, noto negozio footwear, in collaborazione con Archivio Adidas, ha buttato fuori una riedizione di quelle scarpe: D918 versione bianca / arancione e versione con colori rasta.


LEATHERETTE @ PARCO FORNACI VICENZA, 13 LUGLIO 2025

E' una pigra domenica di mezza estate, verso le 20.00 arriviamo al Parco Fornaci attraversando una Vicenza deserta. I Leatherette sono una band giovanissima di Bologna, li ho conosciuti tramite Rumore un paio d'anni fa: ne scrivevano bene, erano parecchio spinti dalla rivista. Ho preso il loro disco, "Small Talk", mi è piaciuto. C'è qualche influenza no wave che me li fa collegare alla storica scena dell'Italian Records che i dischi dei Contortions li aveva consumati. Nei pezzi più lenti, invece, sembrano quasi gli Everything but the girl primissima maniera, malinconia tardo estiva inglese. A livello visivo sembrano usciti da un appartamento di studenti bolognesi vestiti con le prime cose stropicciate trovate sulla poltrona, quelli che si fanno la pasta alle due di notte, che dicono "vez". Potrebbero benissimo uscire da un libro di Enrico Brizzi e la cosa non può che farmi enormemente piacere. A pensarci bene, Brizzi su "Jack Frusciante" scriveva dell'unione teorica di punk e jazz, beh i Leatherette quello suonano. Certo, se pensiamo ai Lounge Lizards tutti in camicia bianca oppure al look ricercato dei Gaznevada qua abbiamo sbagliato indirizzo. Probabilmente la band è attuale in questo senso (estetico), si allinea bene al trasandatezza no logo giovanile. Che un po' mi ricorda quella dei primi anni zero   
Arrivano dritti da un mini tour europeo di quattro date, la sera prima erano vicino a Norimberga. Li immagino spossati dal viaggio, però il live è di alta qualità, il sax dona fantasia, la band gira tra rumorismo cacofonico no wave e roba più centrata. Non dicono nessuna parola tra un pezzo e l'altro e a volte si scambiano gli strumenti, uno dei due chitarristi un paio di volte la suono come fosse un violino, stile Creation. I Leatherette sono prosecutori della gloriosa storia artistica cittadina.

STEREOLAB @ FERRARA SOTTE LE STELLE - 10 GIUGNO 2025


L'impatto con la location del concerto è abbastanza traumatico perché già Ferrara non è che sia famosa per essere fresca d'estate, se aggiungiamo che il concerto si tiene all'interno del cortile del castello (circondato da spesse mura centenarie) si può ben immaginare la situazione. Preso atto di questo mi posiziono tatticamente nella traiettoria tra i due cancelli, dove una bava d'aria effettivamente circola e non si sta poi così male. Festeggio lo scampato pericolo con una birra e ascoltandomi la bolognese Laura Agnusdei. Sul palco sono in tre, lei suona il sax e fanno una specie di ricerca sonora etno sperimentale, avevo letto un articolo su di lei su Rumore. Nella cornice del cortile la cosa assume un suo fascino e il fatto che sia di Bologna me la fa vedere come prosecutrice del discorso dei Confusional Quartet o comunque di un qualcosa legato allo sperimentalismo Italian Records dei tempi d'oro. Penso che potrei anche approcciarmi al genere ordinando dal mio negozio di dischi di fiducia "Vernal Equinox" di Jon Hassell che credo sia considerato un po' il manifesto del genere.

Pausa, tempo di un'altra birra e alle 22.15 precise salgono gli Stereolab. Fanno parecchi pezzi del nuovo (stupendo) album, intermezzando con grandi classici tipo "Peng! 33". Il suono è un'amalgama kraut, easy listening, elettronica e qualche sterzata noise. E' la seconda volta che li vedo dopo Trento nel 2022. Quella volta eravamo in pieno novembre ed emergeva il loro lato Autobahn Brennero, qua in estate emerge quello più samba. Si, lo so che può sembrare una boutade detta così, ma la grandezza degli Stereolab è quella di collegare mondi apparentemente distanti. Mentre suonano rifletto sul fatto che pur essendo una band che ha puntato molto su un certo immaginario (retrofuturista) sul palco sostanzialmente hanno una "non immagine", o comunque l'immagine è tutta sulle spalle della grandiosa Laetitia Sadier, stasera con un bel vestito corallo. Insomma, sono una band di pura sostanza, suonano che è un piacere, zero ammiccamenti e sostanzialmente si fanno gli affari loro. Benissimo così. Una nota sul Festival: mi chiedo come mai non ci sia mai venuto, considerando anche la poca distanza da casa mia. Scorrendo il programma delle passate edizioni qui han suonato grandi nomi (Teenage Fanclub, Arab Strap, etc). Cioè sapevo che avrebbero suonato, ma il caso voleva che magari puntassi su altre situazioni: d'ora in poi lo attenzionerò con più cura.

DAVID BOWIE E LA LISTA DEI DISCHI DA COMPRARE

Nel 1977 David Bowie fece una lista di dischi di nuove uscite a Tony Visconti, se gentilmente poteva comprarglieli.

Stranglers, Ultravox, Jean Michel Jarre, l'intero catalogo della Stiff Records, Mink Deville, Damned.

Singoli di Clash, Talking Heads, Snivellin' Shits (punk 77 di culto).

Chiusura con Van der Graaf Generator e Bob Marley & the Wailers.




PIXIES @ MONACO DI BAVIERA - ZENITH KULTURHALLE - 3 MAGGIO 2025

Nel primo pomeriggio volevamo andare a vedere il Monaco 1860 al Grunwalder Stadion (terza serie tedesca), ma poi abbiamo capito che non ci stavamo dentro con i tempi, così, verso le 19.00, montiamo a Marienplatz sulla metro che ci porterà verso la Zenith Kulturhalle, piena periferia nord. Giusto a qualche km di distanza ci sarebbero gli ex Musicland Studios, dove registrarono, tra gli altri, Iggy Pop, Rolling Stones e T Rex: andremo a tributarli il giorno successivo.

Venti minuti di viaggio, giù dalla metro e lo scenario è totalmente diverso rispetto al centro città: qua siamo in un ordinato quartiere residenziale con un lungo viale che ci porta nei pressi della sala concerto, un capannone immenso in passato adibito ad officina ferroviaria, con addosso ancora i segni del sua origine industriale, molto affascinante dal punto di vista scenografico.

L'ambiente è parecchio affollato, ad occhio ci saranno 4/5 mila persone, ma si riesce a stare abbastanza larghi e ad accedere ai servizi (wc e birra) con estrema facilità. In Italia probabilmente ci sarebbero due gabinetti in croce e una fila chilometrica per la birra. Efficienza tedesca!

Tempo di una sigaretta esterna e attaccano i Pixies: siamo parecchio distanti dal palco ma il volume è buono. Piazzano subito nelle prime cinque canzoni materiale esplosivo come "Here comes your man", "Vamos" e "Where is my mind", pezzi immortali. Poi ci ricordano che anche loro sono umani con una lunga fila centrale di pezzi tratti dagli ultimi album: un ascolto ai nuovi lavori lo do sempre, sperando in qualche miracolo stile esordi, ma non mi hanno mai convinto particolarmente.

Come tutti i presenti sono qua per il periodo originario 1987/1993 e c’è da dire che raggiungere le vette di quel periodo non è un’impresa facile. Non saprei, probabilmente ai tempi erano più liberi di testa, univano elementi distanti (vedi ad esempio i pezzi "flamenco punk" di Surfer Rosa, oppure l'utilizzo del parlato) che non ho più ritrovato nei nuovi lavori dal 2014 in poi: insomma, sono diventati più classici nel suono, ma se fosse stato per questi pezzi probabilmente non parleremmo di loro come di una band leggendaria.

Poco male, comunque: il concerto prosegue che è un piacere, il pubblico tedesco è attento e partecipe e il power pop screziato indie primi '90s di "Dig for fire" rimette le cose a posto. Parte finale che annovera grandi classici come "Monkey goes to heaven", "River Euphrates", "The sad punk" e siamo decisamente tutti contenti.

Un giro al merchandising solo per constatare il prezzo proibitivo delle tshirt (40 euro, resto sempre sconcertato dalla piega che ha preso questa cosa), un'ultima birra e poi di nuovo in treno, direzione kebab notturno.

CARLO VERDONE E GLI WHO AL PALASPORT


E' nota la passione di Carlo Verdone per gli Who.

Così raccontava in una puntata da Fabio Fazio:

"Col mio amico Castagnoni andammo al palasport al concerto degli Who (settembre 1972). Ci piacevano perché esplodeva la batteria, tutto prendeva fuoco. Era quel tipo di rock iniziale, primitivo ed energico che dava qualcosa di forte. Lui e un altro mio amico erano fan sfegatati. Sapeva che gli Who avevano preso una camera d'albergo vicino al palasport che ospitava il concerto, in zona Eur. 'Ci facciamo fare l'autografo, io voglio quello di Keith Moon, il batterista: è un grande, un grande, un grande'. Gli dissi: 'Ma sei sicuro? Ci sarà il servizio d'ordine...'. 'No, no', mi rispose. D'altronde era uno bravo, che sapeva intrufolarsi. 

Ad un certo punto il mio amico entrò dentro e fu chiaramente cacciato subito via. Seppe però che le finestre [della camera di Keith Moon] erano quelle che noi vedevamo da fuori. E cominciò ad urlare: 'Keith! Keith! Un autografo! You are the best drummer in the World.... Keith! Keith! Keith!'. Gli dissi: 'Calmati, ci cacciano via. Oppure ci menano...

Al cinquantesimo 'Keith!' si aprì una finestra e volò di sotto un televisore. L'aveva lanciato Keith Moon. Era un televisore a valvola, quelli di una volta. Si sentì un botto... Scappammo tutti quanti. Il mio amico si girò e gli disse: 'Ma li mortacci tua'".

3 DISCHI PUNK ROCK ANNI '90 NON COSI' CONOSCIUTI



EXPLODING WHITE MICE - WE WALK ALONE (1994)

Australiani di Adelaide, in giro per un decennio da metà 80s a metà 90s: capelli lunghi, chiodo, tshirt bianca, volume alto. Questo disco, l'ultimo per loro, sembra una specie di Gigius dei Senzabenza uscito dall'altra parte del mondo; dentro ci sono almeno sei/sette pezzi killer, insomma è un gran disco.




THE RICHIES - WHY LIE? NEED A BEER (1996)

Ramonesiani tedeschi di Duisburg, dal 1990 al 1996 buttano fuori album con una certa frequenza (cinque in sette anni). Nel 1994 accompagnano in tour in terra tedesca Dee Dee Ramone, mentre nel 1996 proprio gli Exploding White Mice! "Why Lie? Need a Beer" conta ben 18 pezzi, tutti riusciti e con una certa varietà stilistica tra punk rock e power pop.




THE ZEROS - KNOCKIN ME DEAD (1994)

Leggendaria band nata a San Diego nel 1976, detti anche "i Ramones messicani" per via dell'origine dei suoi membri. Nel 1992 tornano insieme dopo una lunga pausa e buttano fuori questo solido disco chitarroso e melodico. Spicca la rilettura muscolosa della loro hit "Beat your heart out".


HO VOMITATO NELLE ALL STAR (IERI SERA)





Mitizzate nell'ambito del punk rock italiano anni '90 di scuola Ramonesiana / Lookout! Records, seppur non indossate da tutti i Ramones (Johnny Ramone non ha mai messo le All Star, Dee Dee e Marky si).

Sicuramente chi indossava le Chuck, nome derivante dal cestista americano che le rese famose negli anni '30, erano Queers e Screeching Weasel.

Attualmente un po' sparite dal giro a favore delle Vans.

TRE PEZZI ITALIANI ALL STAR:

GAMBE DI BURRO / MI METTO ANCORA LE ALL STAR

RAZZI TOTALI / HO VOMITATO NELLE ALL STAR

RETARDED / TEENAGE BACKWARD ("Ripped Jeans, Chuck, Leather Jacket")


WHISPERING SONS @ ASTRO CLUB / FONTANAFREDDA (PN) / 15/03/2025

Fuori piove e l'Astro Club è già bello imballato quando sul palco salgono i Sun's Spectrum, duo udinese. La loro è una proposta interessante, base elettronica con chitarra che segue schemi post punk. Uno strano mix tra New Order e Underworld, oscuri e algidi.

Breve stacco e tocca ai Whispering Sons, dal Belgio: fosse il 1982 potrebbero uscire con Les Disques du Crepuscule, benemerita label belga.

La cantante si prende tutta la scena con camiciona bianca e movimenti in sintonia con pezzi post punk severi e rigorosi (siamo in zona Sound/Joy Division) ed un cantato che a volte va in zona Patti Smith. 

Belli gli intermezzi pianistici a metà concerto, utili a spezzare un po' la scaletta. Il concerto è ipnotico e vola via, i Whispering Sons provvedono a fornire un'adeguata colonna sonora europea ad un piovoso sabato di marzo. 

CAMICIA A RIGHE IS VERY COOL










Panoramics, Barracudas, Colin Moulding XTC, Johnny Thunders, Glen Matlock, Paul Weller, Terry Hall Specials, Steve Garvey Buzzcocks..

DELL'INFLUENZA DI BOB DYLAN SU RAY DAVIES


Ad un certo punto del bel film su Bob Dylan, "A Complete Unknown", nelle ore precedenti la famosa esibizione della svolta elettrica di Newport, sullo stereo di Bob Dylan partono i Kinks con "All Day and All of The Night". Gli organizzatori del Festival, puristi del folk, non sembrano apprezzare, al contrario di Dylan che dice "Hey, questi sono i Kinks!".
Si parla spesso dell'influenza esercitata da Dylan sulle band britanniche 60s, nel caso dei Kinks, a guardare il film, sembrerebbe quasi un'influenza al contrario (cioè i Kinks che influenzano Dylan). 
Ray Davies ha affermato che: "Quando scrissi Sunny Afternoon non ascoltavo altro che Maggie's Farm di Bob Dylan e un greatest hits di Frank Sinatra, mettevo su Bringing It All Back Home, poi Sinatra, Glenn Miller e Bach. Credo che tutto questo insieme abbia influenzato la canzone".
Al contrario, l'influenza dei Kinks su Bob Dylan non è mai stata dichiarata tranne che nel frammento del film, Dylan dice che "Subterranean Homesick Blues" è stata influenzata da "Too Much Monkey Business" di Chuck Berry, coverizzata e ulteriormente velocizzata proprio dai Kinks nel loro debutto del 1964.
Dave Davies su X, dopo aver visto il film, scrive a Bob Dylan: "Sono onorato che ci siano i Kinks nel tuo film, io e mio fratello siamo sempre stati grandi fan della tua musica".

JEREMY GLUCK DEI BARRACUDAS SU LEAVE HOME DEI RAMONES


Quando ero ancora a Ottawa, dopo che l'album dei Ramones mi aveva cambiato la vita, bazzicavo da Arthur's Place, un negozio di dischi e libri usati gestito da due hippy, dove mi rifornivo di bootleg, fumetti e cazzate varie. Ricordo quel giorno perché stavo curiosando e dando un'occhiata ad un bootleg dei Ramones e uno dei proprietari mi disse: “La curiosità ha ucciso il gatto”. Lo comprai, un vero e proprio bootleg con una semplice custodia bianca. Il suono faceva schifo: avevo un concerto migliore a casa, su una cassetta che avevo registrato al debutto dei Ramones a Toronto, due set in meno di un'ora. Ho avuto quella cassetta per molto tempo e vorrei averla ancora. Non avevo ancora “Leave Home” quando ascoltai “Glad To See You Go”, che credo sia la mia canzone preferita dei Ramones. In un certo senso, e non sono certo l'unico, tutta la mia storia musicale è legata ai Ramones. La mia vita è nata e si è sviluppata grazie a loro. È banale ma vero. Alcune persone trovano Dio - io ho trovato i Ramones. (Beh, anch'io ho trovato Dio, ma si è dimostrato inaffidabile. Mentre “Sheena Is A Punk Rocker” non mi ha ancora deluso).

Prima di ascoltare i Ramones, li vidi in foto sulla rivista Rock Scene di Richard e Lisa Robinson, sgranata e grandiosa, dove, mese dopo mese, divenne evidente che a New York stava accadendo qualcosa di grande come negli anni Sessanta. Avevo sedici, diciassette anni e ritagliavo e attaccavo le foto dei Ramones al muro e alla porta... e non li avevo mai sentiti. Ma lo sapevo che sarebbero diventati uno dei miei gruppi preferiti.

La prima volta che ascoltai i Ramones fu un'epifania. Tornai da scuola e sentii, dalla stanza di mio fratello maggiore, uno strano ronzio e un rumore pulsante. Mio fratello David mi aveva educato nel modo giusto in fatto di gusti musicali e da qualche settimana eravamo in modalità veglia in attesa del debutto dei Ramones. Entrai e glielo chiesi e lui mi lanciò uno sguardo beatificante di approvazione congiunta. Passai settimane a riascoltare l'album, e poi anche “Leave Home”, che ancora oggi trovo perfetto e di gran lunga il migliore del gruppo.

“Glad To See You Go” mi ricorda sempre, nel suo impatto, ciò che Dave Marsh disse di ‘The Real Me’ in apertura di ‘Quadrophenia’ degli Who: “...il suono di uno stivale chiodato che calcia una vetrata”. E da lì in poi le cose migliorano, mentre la confraternita di freak di Forest Hills ammucchia canzoni che solo i Beatles del loro tempo potevano fare. Il suono, reso possibile dal batterista Tommy, è magnifico, tutto pulito, lucido e brutale. Joey canta in modo straordinario, con i suoi belati da Mersey di maniera che spaccano il cuore, mentre le demenziali decostruzioni Mosrite di Johnny trasformano tutto in una poltiglia degna di un esercito invasore. In sostanza, un classico americano che, francamente, ancora oggi è superiore a tutti i suoi imitatori. I Ramones capitano una volta sola in una generazione. Se non spesso. Segnatevelo bene, aspiranti...


Tratto da louderthanwar.com