JEREMY GLUCK DEI BARRACUDAS SU LEAVE HOME DEI RAMONES


Quando ero ancora a Ottawa, dopo che l'album dei Ramones mi aveva cambiato la vita, bazzicavo da Arthur's Place, un negozio di dischi e libri usati gestito da due hippy, dove mi rifornivo di bootleg, fumetti e cazzate varie. Ricordo quel giorno perché stavo curiosando e dando un'occhiata ad un bootleg dei Ramones e uno dei proprietari mi disse: “La curiosità ha ucciso il gatto”. Lo comprai, un vero e proprio bootleg con una semplice custodia bianca. Il suono faceva schifo: avevo un concerto migliore a casa, su una cassetta che avevo registrato al debutto dei Ramones a Toronto, due set in meno di un'ora. Ho avuto quella cassetta per molto tempo e vorrei averla ancora. Non avevo ancora “Leave Home” quando ascoltai “Glad To See You Go”, che credo sia la mia canzone preferita dei Ramones. In un certo senso, e non sono certo l'unico, tutta la mia storia musicale è legata ai Ramones. La mia vita è nata e si è sviluppata grazie a loro. È banale ma vero. Alcune persone trovano Dio - io ho trovato i Ramones. (Beh, anch'io ho trovato Dio, ma si è dimostrato inaffidabile. Mentre “Sheena Is A Punk Rocker” non mi ha ancora deluso).

Prima di ascoltare i Ramones, li vidi in foto sulla rivista Rock Scene di Richard e Lisa Robinson, sgranata e grandiosa, dove, mese dopo mese, divenne evidente che a New York stava accadendo qualcosa di grande come negli anni Sessanta. Avevo sedici, diciassette anni e ritagliavo e attaccavo le foto dei Ramones al muro e alla porta... e non li avevo mai sentiti. Ma lo sapevo che sarebbero diventati uno dei miei gruppi preferiti.

La prima volta che ascoltai i Ramones fu un'epifania. Tornai da scuola e sentii, dalla stanza di mio fratello maggiore, uno strano ronzio e un rumore pulsante. Mio fratello David mi aveva educato nel modo giusto in fatto di gusti musicali e da qualche settimana eravamo in modalità veglia in attesa del debutto dei Ramones. Entrai e glielo chiesi e lui mi lanciò uno sguardo beatificante di approvazione congiunta. Passai settimane a riascoltare l'album, e poi anche “Leave Home”, che ancora oggi trovo perfetto e di gran lunga il migliore del gruppo.

“Glad To See You Go” mi ricorda sempre, nel suo impatto, ciò che Dave Marsh disse di ‘The Real Me’ in apertura di ‘Quadrophenia’ degli Who: “...il suono di uno stivale chiodato che calcia una vetrata”. E da lì in poi le cose migliorano, mentre la confraternita di freak di Forest Hills ammucchia canzoni che solo i Beatles del loro tempo potevano fare. Il suono, reso possibile dal batterista Tommy, è magnifico, tutto pulito, lucido e brutale. Joey canta in modo straordinario, con i suoi belati da Mersey di maniera che spaccano il cuore, mentre le demenziali decostruzioni Mosrite di Johnny trasformano tutto in una poltiglia degna di un esercito invasore. In sostanza, un classico americano che, francamente, ancora oggi è superiore a tutti i suoi imitatori. I Ramones capitano una volta sola in una generazione. Se non spesso. Segnatevelo bene, aspiranti...


Tratto da louderthanwar.com