"The Old Oak", il nuovo film di Ken Loach uscito nelle sale
a novembre, sembrerebbe essere un aggiornamento di prospettiva che
collega le lotte dei minatori inglesi periodo 1984/85, quantomeno il
loro contesto ed alcuni dei suoi partecipanti, all'arrivo nel 2016 in
una cittadina della Contea di Durham, poco a sud di Newcastle, di un
gruppo di rifugiati siriani.
Questo fatto porterà
presto all'emergere nei locals di due diverse posizioni in merito: da
una parte solidarietà nel nome di principi, diciamo così,
"internazionalisti", dall'altra chiusura verso il
"diverso".
Ken Loach rivolge
quindi la sua macchina da presa verso i nuovi problemi del
quotidiano, come del resto ha sempre fatto nel suo percorso
cinematografico ultra cinquantennale. Una lucida visione che prende
in considerazione diversi punti di vista, diverse angolazioni. In
questo caso si parte da un contesto sociale inglesissimo e già
abbastanza depresso economicamente e socialmente, con un senso di
vuoto lasciato dalla chiusura delle principali fonti di reddito
locale, le miniere, e gli effetti visibili che questo ha lasciato sul
territorio. Nel mezzo la storia di uno storico pub locale, “The Old
Oak” appunto, del suo gestore e dell'amicizia con una ragazza
siriana: quindi abbiamo il pub, simbolo totale di tradizionalismo,
che si apre ad una inedita forma di solidarietà organizzando nella
saletta nel retro dei pranzi misti tra le due popolazioni. Proprio
quella saletta che fungeva da supporto logistico alla lotta dei
minatori trent’anni prima. Questo ad alcuni degli avventori
piacerà, ad altri no. Non spoilero oltre. Nella mia colonna sonora
immaginaria (a proposito, non c'è praticamente mai musica in tutto
il film) avrei visto bene pezzi dei Redskins, dei Jam, degli Specials
ma anche degli Streets o dei Sleaford Mods: non ci sono ma avrebbero
decisamente aggiunto ulteriore valore alle immagini.
Non è la prima
volta che Ken Loach affronta l'argomento minatori: già nel 1984 e
quindi in diretta, lo fece con il documentario "Which side are
you on?". Lo sciopero dei minatori britannici ebbe una durata di
circa un anno, da marzo 1984 a marzo 1985, una reazione alla
decisione del governo Thatcher di chiudere diversi siti estrattivi e
la conseguente perdita di molti posti di lavoro (parliamo di 20000
lavoratori da riqualificare). Un tema che andrebbe sviscerato
approfonditamente in altra sede considerando un contesto sociale
“public addicted” come quello britannico dell’epoca, la
trasformazione o addirittura l’esaurimento minerario di settori non
più chiave ma anche ovviamente la difficoltà di reinserimento
lavorativo di intere zone produttive e delle famiglie ad esse
associate.
Lo sciopero
ricevette l’attenzione e il supporto di alcune bands: tutte le
canzoni dei Redskins di quel periodo sembrano un’istantanea del
momento.
Paul Weller si
mobilitò con la creazione del "Council Collective" ai
primi di dicembre del 1984 allo scopo di organizzare iniziative e
concerti a favore dei minatori. Il collettivo realizzò un 12",
"Soul Deep": “L’obiettivo
era di raccogliere fondi per i minatori in sciopero e le loro
famiglie prima di Natale, ma ovviamente alla luce del tragico e
disgustoso evento nel sud
del Galles con l’omicidio di un autista di Cab, alcuni dei fondi
andranno anche alla vedova dell’uomo. Sosteniamo lo sciopero dei
minatori, ma non la violenza. Non aiuta nessuno e crea solo ulteriori
divisioni tra le persone. Se i minatori perdono lo sciopero, le
conseguenze saranno avvertite da tutte le classi lavoratrici. Ecco
perché è così importante sostenerli. Ma la violenza porterà solo
alla sconfitta – come tutte le violenze alla fine”. In
qualche modo un’iniziativa esemplificativa della stranezza (direi
pure grandezza) degli Style Council:
a “Top of the Pops” in ghingheri con un pezzo disco funk, le luci
stroboscopiche e
con un testo che dice: “Ci
sono persone che lottano per loro comunità, non dire che questa
lotta non ti coinvolge, se appartieni alla classe operaia questa è
anche la tua lotta”. Gli Style Council amavano spiazzare, tutto
il loro percorso vive di questi contrasti.
“Council
Collective” che sarà in qualche modo preludio a quello che avvenne
nel gennaio del 1986, a sciopero ormai concluso, con la creazione del
"Red Wedge" da parte di Weller, Billy Bragg e Jimmy
Sommerville post Bronski Beat: altro collettivo aperto con
organizzazione di concerti (Housemartins, Big Country, Beat, Angelic
Upstarts e molti altri tra i partecipanti) ed iniziative in chiave
anti Thatcher in vista delle elezioni del 1987 (vinte dalla Lady di
Ferro).