AMERICANI STRACCI: NOSTALGIE SU PELLICOLA E SCONTRI GENERAZIONALI


Dal Mel's Drive in di Modesto dove si ritrova la ghenga di American Graffiti alla Malibù di Big Wednesday sono circa cinque ore di macchina. La prima sta in area San Francisco, la seconda Los Angeles. Una specie di derby cinematografico giocato nel 1962, Young Americans in tarda adolescenza che hanno appena scoperto il rock'n'roll (genere che ha solamente sette anni di vita) e che però, questo poi il minimo comune denominatore, sembrano già pronti a prendere posto nella vita matura, quella seria. Non tutti, ma una parte di loro si. Questo è l'elemento nostalgico che si riscontra, l'adolescenza raccontata prima che arrivi un Vietnam qualsiasi come in Big Wednesday o l'università (pardon, il College) come nel caso di American Graffiti. Sono dei film quindi in qualche maniera legati alla linearità del sistema, gioventù e maturità, mettere la testa a partito. Interessante questo punto nell'epoca post post odierna, dove l'adolescenza non finisce mai e a sessant'anni si è ancora giovani. Interessante pure la parabola del rock'n'roll originario, da genere deviante, non eseguito però con consapevolezza deviante (Elvis era pur sempre legato alla mamma e ad una visione certamente non progressista), a genere che segue in qualche maniera l'età dei suoi adepti che dopo qualche anno di baldoria devono prendere posto nella società reale.
C'è un altro bel film a proposito, Elvis & Nixon, dove in qualche maniera Elvis si propone al Presidente come infiltrato nel movimento contro culturale dell'epoca (siamo in piena contestazione giovanile) sfruttando la sua immagine e popolarità. Il problema è che ai ragazzi del 1968 frega gran poco di Elvis ma anche dei Beach Boys, per dire. Sono su altri lidi, Doors, Jefferson Airplane, etc.
Un altro esempio della distanza che intercorre tra le due generazioni è nella scena di Big Wednesday ambientata nel 1968 in cui il bar in cui erano soliti trovarsi i ragazzi protagonisti (il film è ambientato in quattro stagioni, 1962, 1965, 1968 e 1974) ha cambiato gestione ed è in pieno trip hippie: "Non sono tuo fratello, abbassa la musica". Anche se forse l'apogeo sul tema la possiamo trovare su "Nato il 4 luglio", con il cambiamento di prospettiva che porta la partecipazione alla guerra in Vietnam in un giovane americano tradizionalista e conservatore. Come dire, il rock'n'roll va alla guerra e torna flashato perdendo l'innocenza.

GUANTI DA PORTIERE ANNI '80





 


Fondamentalmente erano due i marchi dei guanti usati dai portieri negli anni '80 e '90: Reusch e UhlSport.
UhlSport fu fondata nel 1948 a Balingen (zona Stoccarda), mentre la Reusch nel 1934 a Bolzano.
Quest'ultima solitamente esce con due collezioni: "Goalkeeper" (guanti da portiere) e Winter (Sci Alpino, Snowboard). La Uhlsport, invece, esce solo con la collezione dedicata ai portieri.
L'ultimo Dino Zoff indossava Uhlsport, come Walter Zenga, Tacconi, Garella; tra gli attuali citiamo Maignan.
Per la Reusch abbiamo Giovanni Galli, Fabrizio Lorieri, Taffarel. Buffon esordì nel 1995 con un paio di guanti Reusch.

THE OLD OAK / KEN LOACH


"The Old Oak", il nuovo film di Ken Loach uscito nelle sale a novembre, sembrerebbe essere un aggiornamento di prospettiva che collega le lotte dei minatori inglesi periodo 1984/85, quantomeno il loro contesto ed alcuni dei suoi partecipanti, all'arrivo nel 2016 in una cittadina della Contea di Durham, poco a sud di Newcastle, di un gruppo di rifugiati siriani.

Questo fatto porterà presto all'emergere nei locals di due diverse posizioni in merito: da una parte solidarietà nel nome di principi, diciamo così, "internazionalisti", dall'altra chiusura verso il "diverso".

Ken Loach rivolge quindi la sua macchina da presa verso i nuovi problemi del quotidiano, come del resto ha sempre fatto nel suo percorso cinematografico ultra cinquantennale. Una lucida visione che prende in considerazione diversi punti di vista, diverse angolazioni. In questo caso si parte da un contesto sociale inglesissimo e già abbastanza depresso economicamente e socialmente, con un senso di vuoto lasciato dalla chiusura delle principali fonti di reddito locale, le miniere, e gli effetti visibili che questo ha lasciato sul territorio. Nel mezzo la storia di uno storico pub locale, “The Old Oak” appunto, del suo gestore e dell'amicizia con una ragazza siriana: quindi abbiamo il pub, simbolo totale di tradizionalismo, che si apre ad una inedita forma di solidarietà organizzando nella saletta nel retro dei pranzi misti tra le due popolazioni. Proprio quella saletta che fungeva da supporto logistico alla lotta dei minatori trent’anni prima. Questo ad alcuni degli avventori piacerà, ad altri no. Non spoilero oltre. Nella mia colonna sonora immaginaria (a proposito, non c'è praticamente mai musica in tutto il film) avrei visto bene pezzi dei Redskins, dei Jam, degli Specials ma anche degli Streets o dei Sleaford Mods: non ci sono ma avrebbero decisamente aggiunto ulteriore valore alle immagini.

Non è la prima volta che Ken Loach affronta l'argomento minatori: già nel 1984 e quindi in diretta, lo fece con il documentario "Which side are you on?". Lo sciopero dei minatori britannici ebbe una durata di circa un anno, da marzo 1984 a marzo 1985, una reazione alla decisione del governo Thatcher di chiudere diversi siti estrattivi e la conseguente perdita di molti posti di lavoro (parliamo di 20000 lavoratori da riqualificare). Un tema che andrebbe sviscerato approfonditamente in altra sede considerando un contesto sociale “public addicted” come quello britannico dell’epoca, la trasformazione o addirittura l’esaurimento minerario di settori non più chiave ma anche ovviamente la difficoltà di reinserimento lavorativo di intere zone produttive e delle famiglie ad esse associate.

Lo sciopero ricevette l’attenzione e il supporto di alcune bands: tutte le canzoni dei Redskins di quel periodo sembrano un’istantanea del momento.

Paul Weller si mobilitò con la creazione del "Council Collective" ai primi di dicembre del 1984 allo scopo di organizzare iniziative e concerti a favore dei minatori. Il collettivo realizzò un 12", "Soul Deep": “L’obiettivo era di raccogliere fondi per i minatori in sciopero e le loro famiglie prima di Natale, ma ovviamente alla luce del tragico e disgustoso evento nel sud del Galles con l’omicidio di un autista di Cab, alcuni dei fondi andranno anche alla vedova dell’uomo. Sosteniamo lo sciopero dei minatori, ma non la violenza. Non aiuta nessuno e crea solo ulteriori divisioni tra le persone. Se i minatori perdono lo sciopero, le conseguenze saranno avvertite da tutte le classi lavoratrici. Ecco perché è così importante sostenerli. Ma la violenza porterà solo alla sconfitta – come tutte le violenze alla fine”. In qualche modo un’iniziativa esemplificativa della stranezza (direi pure grandezza) degli Style Council: a “Top of the Pops” in ghingheri con un pezzo disco funk, le luci stroboscopiche e con un testo che dice: “Ci sono persone che lottano per loro comunità, non dire che questa lotta non ti coinvolge, se appartieni alla classe operaia questa è anche la tua lotta”. Gli Style Council amavano spiazzare, tutto il loro percorso vive di questi contrasti.

“Council Collective” che sarà in qualche modo preludio a quello che avvenne nel gennaio del 1986, a sciopero ormai concluso, con la creazione del "Red Wedge" da parte di Weller, Billy Bragg e Jimmy Sommerville post Bronski Beat: altro collettivo aperto con organizzazione di concerti (Housemartins, Big Country, Beat, Angelic Upstarts e molti altri tra i partecipanti) ed iniziative in chiave anti Thatcher in vista delle elezioni del 1987 (vinte dalla Lady di Ferro).


DAI TEMPI DI WOKING


Tu hai sempre voluto essere Paul Weller, sin dai tempi di Woking, ricordi? Papà faceva il pugile da ragazzo, ex pugile, taxi driver, muratore, Stanley Road, si proprio quella, mamma la donna delle pulizie. I primi tempi con papà a Londra in furgone, fuori esplode il primo punk, tu e gli altri due in giacca e cravatta, Who, Kinks, Small Faces, Soul, R&B. Tu sei sempre stato Paul Weller, non c'era un mestiere di scorta, che mestiere poi? A 19 anni il primo disco, a 21 "When you're young", a 25 ti senti già stanco di tutto, stanco di stare al primo posto, vuoi cambiare, metti in piedi un'altro progetto e attraversi gli anni ottanta. Stasera sei a Jesolo, sembra di stare a Margate, Blackpool, si insomma quelle località. La stagione è finita, gli ultimi negozi che vendono fuffa stanno abbassando le serrande, il cielo sopra il mare è pieno di nuvoloni. Si è vero, con i Jam sembrava quasi facessi un elegia di quei posti, poi però hai scoperto che per le vacanze era meglio l'Italia e la Spagna, il sole, la vita rilassata mediterranea. Parigi negli anni 80, Cafè Bleu, ti ricordi? Altro che pub inglesi, avevi voglia di cambiare, di cose nuove, di vitalità positivista e colorata. La sala dove suoni sembra una di quelle dove organizzano "la grande mostra marina", o qualcosa del genere, però il concerto fila via che è un piacere, ti senti in forma e vuoi dare dignità anche alle ultime cose che hai fatto, Paul Weller non è solo "quello dei Jam", bisogna guardare avanti nella vita, continuare. Prossimo disco forse uscirà l'anno prossimo, vediamo, intanto stasera metti una canzone nuova per vedere che effetto fa, "Jumbo Queen". Ti piace fare dischi, la creatività non va in pensione, hanno voglia a dire "Paul Weller ormai il suo l'ha già fatto", beh che si fottano!  Lo dicevi anche su "The Modern World". I dischi ti è sempre piacito comprarli ed ascoltarli, una malattia, la droga più bella che ci sia, come i vestiti, qualche piccola bottega a Londra, ha tutto a che fare con il saper stare al mondo con stile, cosa che cerchi di praticare dai tempi di Woking, cercando di fare il tuo meglio. 

DUE EPICI ROCK BOLOGNESI

 



1986/1987, due epici rock bolognesi dai profondi 80s post Bologna Rock, post Movimento (in pieno riflusso?)
Entrambi usciti su 45 giri!


Caro rock, sguaiato e riscaldatoMi sono subito infilatoCon un colpo al cuoreNel girotondo sfrenato che fai tutte le ore
Questo rock con me funzionaE mi fa entrare in comaMi disturba e mi esaltaCon la testa che rimbalza scuotimi staseraDimmi che mi ami fallo proprio oraE non forse domani e allora, ti pregoRantola ancora se puoi, se puoiRantola ancora, come saiRantola ancora se puoi, se puoiRantola ancora, come sai come sai, come sai
Caro rock, bentornato sempreverdeTi riuscirà di uccidertiAnima squilla dell'istinto più bestiale
Rock and roll tremendoChe mi strazia tutto il tempoRock and roll banaleCon il ritmo sempre uguale
Scuotimi ti prego voglio sentirmi estivoTu sai che te lo chiedoPer non essere passivo
E allora, ti prego, e allora e allora!Rantola ancora se puoi, se puoiRantola ancora, come saiRantola ancora se puoi, se puoiRantola ancora, come sai come sai, come sai

PISTONI ROVENTI

"Nella zona universitaria è annunciato l’evento: “Punkreas: Gaznevada sing Ramones”. Punkreas, ore 21.30. Entro, atmosfera fumosa, parlottare. Freak Antoni, che conosco di fama, scende qualche gradino prima di me, lentamente, la sua è un’entrata in scena, indossa un giubbotto bellissimo, pelle marron e beige. Sulla schiena c’è un disegno meccanico molto ben fatto su cui campeggia una scritta: “Pistoni Roventi”. Ed è tutto un programma."

Tratto dal libro di Igort / My Generation

ENRICO BRIZZI - DIAFRAMMA LIVE AL BIG CLUB TORINO


Una volta, in un libro hai letto che ci sono stagioni della vita in cui le cose vengono a visitarci con il nitore e la forza del sogno.

Possono essere sogni in cui nostro padre è di nuovo un ragazzo, e con voce di ragazzo ci chiama dal cortile proprio sotto la nostra finestra, o sogni complicati e vividi dove cammini con passi da gigante per le strade di Firenze: c’è neve ammassata agli angoli delle piazze, e dentro il tuffo d’uno smarrimento sconfinato credi di capire che gli amici e tutte le persone che conosci sono destinati a un letargo di molti mesi.
Sei ancora giovane, ma hai imparato ad accettare le visite delle cose come quelle di sogni troppo numerosi per essere interrogati uno ad uno, e credi di sapere che anche le cose buone capaci di nutrire la nostra vita possono arrivare alla fine senza che niente, né una voce né un segno, arrivi a metterci in guardia. Possono svanire un poco alla volta e possono infrangersi, e ci sono volte in cui semplicemente, in modo troppo rapido perché possiamo intervenire, cambiano pelle sotto i nostri occhi.
Pensi alle cose che cambiano e alle cose che finiscono, e questi sono i pensieri che ti tengono compagnia mentre chiudi gli occhi e ti lasci andare con le spalle contro lo schienale della sedia. Puoi sentire il freddo del muro contro la nuca, e puoi sentire M. e gli altri che parlano di cosa si può fare dopo, alla fine del concerto. Le loro voci riempiono questa stanza di retropalco, e l’aria può essere greve di fumo oppure può esserci una finestra aperta, a te non importa più.

Tre anni fa, qui al Big Club, millecinquecento ragazzi hanno pagato il biglietto per vedervi dal vivo, e anche stasera ci sono amici arrivati a Torino per vedervi suonare, ma in questo momento vuoi solo allungare le gambe, tenere gli occhi chiusi e sentire il freddo del muro contro la nuca.
Pensi a come andavano le cose tre anni fa, a come andavano due anni fa: Diaframma è un sogno ed è una parola da difendere, e tu l’hai difesa e l’hai riempita di vita e significato.
Questo è un fatto e non un sogno, ti dici senza schiudere le ciglia. Non sono sogni i ritagli di giornale e le pagine fotocopiate delle fanzine che conservi a casa. Hanno scritto che la new wave è l’unica boccata d’aria fresca in grado di restituire energia alla musica italiana, e in tanti pensano ai Diaframma come al migliore gruppo new wave del Paese.
Così ti dici che solo una persona molto sciocca o paurosa, al tuo posto, non avrebbe provato a crederci fino in fondo come hai fatto tu. ‘Indipendenza’, ‘coraggio’, ‘futuro’, sono parole che ti ronzano in testa questa sera, e Diaframma Records è un altro sogno che merita di essere difeso.
Per un po’ ascolti le parole degli altri: sembra che il punto sia fissare nuove date, alzare più spesso il telefono per trovare il modo di farsi ospitare in una trasmissione sulla televisione nazionale. Ascolti il suono di quelle parole che scorrono, e pensi ad acqua lenta e sabbiosa, acqua passata sotto troppi ponti.

Il concerto di questa sera fa parte del tour di supporto a ‘Boxe’, ma proprio non c’è niente, nel chiasso della stanza, che lasci pensare a uno spogliatoio in cui giovani pugili si preparano a salire sul ring. Manca la concentrazione e manca la consapevolezza disperata che sin dalla prima ripresa ti giocherai qualcosa di vicino alla possibilità stessa di restare integro.
Poi M. dice che in sala ci saranno sì e no duecento persone, e più che il disappunto, nella sua voce ti sembra di riconoscere uno stupore freddo, come portasse notizia di una sconfitta per cui nessuno deve sentirsi in colpa.
Tra cinque minuti salirete sul palco. Tu attaccherai ‘Adoro guardarti’, e l’ebbrezza di suonare ti sosterrà fino alla fine e dopo la fine, ma in questo momento sei pieno di rabbia e vorresti solo spiegare a M. in che senso, anziché sembrare un pugile in attesa di combattere ti appare un uomo corrotto da troppe cautele.
Sai bene che non è il momento di piantare grane, dice una voce mite e calda dentro la tua testa. D’accordo, ti dici. Soprattutto, stiamo calmi.
Non è ancora obbligatorio che le cose con M. vadano a catafascio; e non è detto che, qualunque cosa accada, per l’anima pugilistica del gruppo sia un male. Hai spalle larghe abbastanza? Hai mani forti? Lo sai meglio di chiunque altro.
Forse è solo un cambiamento e un’evoluzione, il genere di fine che i Diaframma si trovano davanti questa sera.

Oh sì, ti dici. Un cambiamento che ti chiama per nome e ti conosce fin da quando eri bambino e camminavi per viottoli di campagna in perfetta solitudine.

Per un po’ pensi al destino che fuori dal Big Club, nella notte nebbiosa che sembra originare direttamente dal fiume, si prepara per tutti voi, e poi pensi che in ogni caso non lo conoscerai fino alla fine.

Tanto vale andargli incontro senza lasciare spazio alla paura, allora, e respirare ancora una volta in modo profondo. Respirare ancora una volta come sai fare da sempre, e poi aprire di nuovo gli occhi.


DEI RAPPORTI TRA I JAM E I BOYS


Sul retro del cd "All Mod Cons" dei Jam (1978) c'è una foto della Rickenbacker di Paul Weller in cui l'unico adesivo presente è quello dei Boys, classica formazione punk '77 londinese. 

Le due band condivisero il palco dell'Hammesmith Odeon nel 1977, come riportato in una recensione della fanza "Graffiti" (si trova sul sito Bored Teenagers).

Oltre all'adesivo, si trovano un altro paio di chicche in giro. Sul libretto del primo disco dei Boys, omonimo, è segnalato che "Cop Cars" era la canzone dei Boys preferita da Paul Weller. 

I Jam vengono poi citati in "Backstage Pass", presente sul secondo disco "Alternative Chartbuster":  

When all the Punk bands
All sound second hand
I will still be loving you

When Johnny Rotten
Has been forgotten
I will still be loving you

When you're bored with Anarchy
You will still be special to me

You have been around
With every band in town
And all the Rats in Boomtown

You’ve had all The Jam
Even Paul’s old man
In their brand new Mercedes Van


DIAFRAMMA A PASQUA


I Diaframma a Pasqua come il titolo di un loro gran pezzo che dice "Nel cielo colorato pastello l'odore di primavera". In realtà fa un po' freddo nello spazio esterno dell'Altroquando di Zero Branco, è una Pasqua poco primaverile. Ci stringiamo al cospetto dei Diaframma per scaldarci. Quindici anni che li seguo dal vivo, l'anno scorso ho iniziato una lista per mettere ordine, il primo concerto fu a Torreselle, casualmente vicino all'Altroquando, ottobre 2008. Gruppo spalla le Incontrollabili Reazioni, alla batteria Ale, il proprietario del bar dove quasi ogni giorno faccio pausa pranzo che allora non conoscevo. In quel periodo stavo leggendo i libri di Fiumani e scoprendoli piano piano. Tre volte (lacrime) li ho visti nel periodo di Pasqua, due volte al sabato e una alla domenica, e mai che abbiano fatto "Pasqua"! Abbandonarsi ai ricordi, come scriveva Tondelli, il quale citò i Diaframma in qualche articolo dedicato alla new wave fiorentina, sua città elettiva nella prima parte degli anni '80, la capitale creativa degli anni '80 in successione a Bologna che lo fu a fine anni '70. I Diaframma unirono idealmente i due punti con il primo singolo, "Pioggia", che uscì nel 1982 per Italian Records. Stiamo parlando di quarant'anni fa, per far capire la portata storica della band. Un gruppo che ha avuto due grandi fasi, anzi tre se vogliamo: gli esordi, 1982/83, legati ai classici stilemi post punk del periodo, con Vannini alla voce. Poi l'esplosione, il periodo con Miro Sassolini alla voce, tre album fondamentali, 1984/1988. Poi Federico Fiumani si mette in proprio, mantenendo il nome Diaframma, è comunque sempre stato lui l'autore dei testi e delle musiche, il suono della chitarra di Fiumani, quel suono, tipo il break di "Io amo lei", i Diaframma post Sassolini, "Gennaio", "In Perfetta Solitudine", "Anni Luce" e avanti fino ai giorni nostri tra alti e bassi. Un elogio al quotidiano, al non fermarsi, alla poesia del quotidiano. Ogni anno un giro di date, con dei periodi di tour belli densi tipo il tour per il rifacimento integrale di Siberia nel 2014 durato due anni e conclusosi con il rifacimento integrale dell'album (che acquistai a Firenze, il 31 dicembre 2016). Anche "L'Abisso" l'ho preso a Firenze, da Contempo, il negozio / etichetta simbolo della wave fiorentina. Sono quindi anche quindici anni di stretto legame personale: dalla lista vien fuori che li ho visti sempre in Veneto. Delle tre date Pasquali ho già detto. Il posto più bello direi Alonte 2016, nella piazza di un paesino in collina, a luglio, si stava bene. Tante volte li ho visti da solo, qualche volta con degli amici e con delle fidanzate. Li ho visti anche in una specie di sala consiliare, l'anno scorso a Cerea, con il pubblico seduto. Bello il Confidenziale 2021 a Padova, molto sogno di una notte di mezza estate. Che dire? Spero di vederli ogni anno per altri cento ancora, sono una parte di me.


CONCERTI DIAFRAMMA

 - 10 ottobre 2008 - Animal Festival - Torreselle (Pd) (con Incontrollabili Reazioni)

- 7 aprile 2012 - Maximum Festival - Altroquando - Zero Branco (Tv) - Sabato di Pasqua

- 11 maggio 2013 - Macello - Padova

- 17 maggio 2014 - Vinile - Rosà - Scaletta prevalentemente anni '80

- 30 gennaio 2016 - Vinile - Rosà (con Miss Xox)

- 26 marzo 2016 - Benicio - Giavera del Montello (Tv) - Sabato di Pasqua 

- 7 luglio 2016 - Alonte (Vi) - In piazza (con Soviet Soviet)

- 4 febbraio 2017 - Benicio - Giavera del Montello (Tv)

- 20 gennaio 2018 - Vinile - Rosà

-  8 febbraio 2019 - Vinile - Rosà

- 24 luglio 2021 - Arcella Bella - Padova - Confidenziale

- 19 marzo 2022 - Area Expo - Cerea (Vr) - In una Sala Consiliare

- 8 luglio 2022 - Arcella Bella - Padova 

-  9 aprile 2023 - Maximum Festival - Altroquando - Zero Branco (Tv) - Pasqua

DELTA


Rispetto alla narrazione asciutta di Mazzacurati, uno con cui ti devi in qualche modo confrontare quando vuoi fare un film ambientato sul Delta del Po, la visione di Vannucci è molto più ridondante.
Un Delta del Po oscuro, nebbioso, quasi goth, "gotico padano", in un tutti contro tutti tra gli ultimi o quasi e la pesca come bene primario di sussistenza. Il grande fiume e, appunto, il Delta. Per certi versi non così dissimile da certe sensazioni de "Il Signor Diavolo" di Pupi Avati. Sembra un'azzardo ma non lo è, immagina una crasi tra i due film, spettacolare. 
Borghi è un mix tra il personaggio burbero de "Le Otto Montagne"(quasi un suo lato B sceso dai monti e insediatosi a Porto Tolle in compagnia di rumeni) e le scorribande di Igor il Russo che seminò zizzania nella zona qualche anno fa. 
Un thriller serratissimo che non annoia e mantiene alta l'attenzione dello spettatore dall'inizio alla fine, e questo è buono. E' stata scelta una modalità narrativa lugubre per raccontare il territorio e ci sta, funziona, poi personalmente rimango attaccato alla visione melanconica Mazzacuratiana.

LENNON AND ONO, THE ORIGINAL PUNKS


C'è un'interessante intervista di Playboy a John Lennon e Yoko Ono, datata settembre 1980, qualche mese prima della morte: ne riporto qualche battuta. Si parla di New Wave, glorificazione dell'autodistruzione, andare a concerti.

PLAYBOY: "What are your musical preferences these days?"

LENNON: "Well, I like all music, depending on what time of day it is. I don't like styles of music or people per se. I can't say I enjoy the Pretenders, but I like their hit record. I enjoy the B-52s, because I heard them doing Yoko. It's great. If Yoko ever goes back to her old sound, they'll be saying, 'Yeah, she's copying the B-52s.'"

ONO: "We were doing a lot of the punk stuff a long time ago."

PLAYBOY: "Lennon and Ono, the original punks."

ONO: "You're right."

PLAYBOY: "John, what's your opinion of the newer waves?"

LENNON: "I love all this punky stuff. It's pure. I'm not, however, crazy about the people who destroy themselves."

PLAYBOY: "You disagree with Neil Young's lyric in 'Rust Never Sleeps'-- 'It's better to burn out than to fade away....'"

LENNON: "I hate it. It's better to fade away like an old soldier than to burn out. I don't appreciate worship of dead Sid Vicious or of dead James Dean or of dead John Wayne. It's the same thing. Making Sid Vicious a hero, Jim Morrison ...it's garbage to me. I worship the people who survive. Gloria Swanson, Greta Garbo. They're saying John Wayne conquered cancer... he whipped it like a man. You know, I'm sorry that he died and all that. I'm sorry for his family, but he didn't whip cancer. It whipped him. I don't want Sean worshiping John Wayne or Sid Vicious. What do they teach you? Nothing. Death. Sid Vicious died for what? So that we might rock? I mean, it's garbage, you know. If Neil Young admires that sentiment so much, why doesn't he do it? Because he sure as hell faded away and came back many times, like all of us. No, thank you. I'll take the living and the healthy."

PLAYBOY: "Do you listen to the radio?"

LENNON: "Muzak or classical. I don't purchase records. I do enjoy listening to things like Japanese folk music or Indian music. My tastes are very broad. When I was a housewife, I just had Muzak on, background music, 'cuz it relaxes you."

PLAYBOY: "John, do you ever go out to hear music?"

LENNON: "No, I'm not interested. I'm not a fan, you see. I might like Jerry Lee Lewis singing 'A Whole Lot a Shakin' on the record, but I'm not interested in seeing him perform it."

SENZABENZA - HOLIDAY WITH THE BAND!

Avevo appuntato da un bel po' la data dei Senzabenza al Blah Blah di Torino e con l'occasione trascorrere un weekend nella motor city italiana. In giro tra i suoi caffè, negozi (Fresh), piazze, un pranzo tipico la domenica a mezzogiorno. Piccole cose, piccoli viaggi che ti aiutano a vivere. Come i Senzabenza, un istituzione in giro da trentacinque anni (con qualche sosta nel mezzo). Una band che, per come la vedo io, prendendo in esame gli anni '90 è da considerare come rilevante nel più ampio circolo alternative tricolore che non solamente nel proprio giro punk rock. Insomma, un album come "Gigius" del 1993 se la gioca benissimo ai piani alti con roba istituzionalizzata tipo Marlene Kuntz, Afterhours, Casino Royale e compagnia. Entriamo al Blah Blah giusto pochi secondi prima che attacchino i Senzabenza: partono con "Riot Grrrl" e in un'ora tirato di show sciorinano i grandi classici piazzando nel mezzo un cinque / sei pezzi dall'album nuovo, "Punk Pop Dilemma", dai ritmi sostenuti, con un pezzo che sembra uscito dai Blur di "Modern Life". Nei Senzabenza il classico tiro punk rock in zona Ramones / Buzzcocks / Dickies è sempre stato contaminato da colori 60's, power pop, talvolta qualcosa di psichedelico. Già nel loro ottimo penultimo album "Pop from Hell" c'era un pezzo, "Chinese Takeway", che mi ricordava i Blur. Non so quanto volutamente ma tant'è. 

A metà concerto c'è una sorpresa, salgono sul palco Luca Re dei Sick Rose (storico gruppo garage torinese), Andy Lewis (bassista del giro Acid Jazz Records e in alcuni album di Paul Weller) e, udite, Fay Hallam dei Makin' Time! Che roba. Makin' Time, band mod inglese anni'80. Quel video di "Here is my number", proprio quello. La band si chiama "Il Senato" e fanno tre pezzi accompagnati dai Senzabenza. Quando scende dal palco mi prendo l'onore di dire a Fay Hallam "Makin'Time, Here is my number" e di toccargli la spalla. Curioso il fatto che a qualche km di distanza si tenesse un all nighter mod, e però Fay Hallam e Andy Lewis fossero al Blah Blah sul palco con i Senzabenza. All nighter mod che prevedeva un aperitivo pomeridiano al Lab dove una birra in disparte ce la siamo pure fatta osservando da lontano.

Torino mi ha dato l'impressione di una città ancora molto viva dal punto di vista musicale (culturale ad ampio raggio); si parla spesso dell'epoca d'oro andata dei Murazzi e della relativa scena, ma si difende bene pure nel 2023. Una volta terminato il weekend e tornato a casa mi sono dedicato all'ascolto di "Punk Pop Dilemma": che dire, non così immediato, bisognoso di più ascolti, bello, una logica che mi piace e va senz'altro in contrasto con la vacua immediatezza distratta da piattaforma digitale. Registrazione molto "lo-fi", calda, poco moderna, il che è un bene vista l'assoluta standardizzazione attuale delle produzioni punk rock; il risultato c'è, non è così immediato, bisogna dedicare tempo, orecchio ed attenzione, ma alla lunga emerge l'assoluta qualità e bontà del lavoro.

Mi sono poi scritto dieci domande, ho chiesto a Nando (voce /chitarra) se aveva voglia di rispondere e si è dimostrato subito disponibilissimo.

1) Siete da poco usciti con un nuovo disco, "Punk Pop Dilemma”. Ascoltandolo, la cosa che ho notato, oltre all'assoluto valore dei pezzi in se, è il suono caldo che emerge, poco digitale in un periodo storico in cui molte produzioni punk rock sembrano essersi standardizzate su un certo tipo di suono. Immagino sia stata una cosa voluta..

Si. Diciamo che abbiamo avuto un produttore artistico (Andrea Pettinelli), che è anche uno dei titolari dell’etichetta per la quale è uscito l’album (Consorzio ZDB) che ha fatto questa scelta.

E’ effettivamente un po' particolare rispetto alle produzioni che si ascoltano ultimamente.

2) Segui ancora il giro punk rock? Lo trovi cambiato o immutato rispetto al passato?

Continuo ad andare con grande voglia e passione a vedere concerti punk rock. Ci sono tante buone bands in giro, ma continuo ad amare di più le bands storiche ancora in attività, tipo Rappresaglia, Crummy Stuff, Manges etc…

3) Il suono dei Senzabenza, oltre la matrice punk rock di base, è da sempre stato contaminato da varie influenze: power pop, beat, qualcosa di psichedelico..

Perché Sebi, che come saprai bene è l’autore di quasi tutte le songs, è un divoratore di musica e un appassionato dei generi che hai citato. Sebi poi ha il grande pregio di riversare le sue influenze nella nostra musica. Il tocco finale poi lo diamo tutti noi altri che partecipiamo all’arrangiamento dei brani dando quasi sempre un importante contributo

4) Ogni volta che vi vedo o esce un vostro nuovo disco mi viene il pensiero che i Senzabenza debbano essere considerati a tutti gli effetti come una delle grandi band alternative italiane uscite dagli anni '90, ovviamente con il vostro genere, ma in un'ottica aperta da associare ai migliori nomi usciti dai 90s. Che ne so, roba oramai istituzionalizzata tipo Marlene Kuntz, Casino Royale, Massimo Volume. Come sono stati i vostri 90s?

Diciamo che per un breve periodo, direi tra il '95 e il '98/'99, siamo stati certamente uno dei nomi di punta della musica alternativa italiana, più o meno come quelli che hai indicato. Poi, non essendo riusciti a fare il definitivo salto, non come qualità artistica, ma come notorietà, piano piano siamo tornati a dedicare più tempo ai nostri rispettivi lavori. Ora suoniamo ancora e registriamo album solo perché ci piace tanto farlo, ma le soddisfazioni economiche sono ovviamente molto modeste….

5) Trovo siate ancora giustamente legati a quel modo di approcciare le cose tipico dei 90s, poca o nulla attenzione alla vacuità social, solo sostanza e qualità artistica. Come vi trovate nel mondo attuale?

Malissimo. Odiamo il fatto che “la canzone” conti sempre molto di meno e che invece diventi sempre più importante l’aspetto social. Meno male che abbiamo Jacopo (bassista della band), che è ancora abbastanza “pischello” da stare un minimo dietro a facebook, instagram etc….

6) Inizialmente era forte l'influenza degli Hard Ons: come li scopriste, qual è il tuo album preferito e so che una volta organizzaste un loro concerto a Latina..

In aggiunta: la scena Lookout! Records dell'epoca vi ha in qualche maniera influenzato, era nei vostri ascolti, o essendo nati praticamente in contemporanea con quelle bands non necessariamente?

Nel dicembre 1989 io Sebi e Fabio andammo a vedere gli Hard Ons al Uonna club di Roma: una settimana dopo nascevano i Senzabenza. Questo penso risponda pienamente alla tua domanda su quanto ci abbiano influenzato… Poi nel '93 siamo riusciti a farli suonare a Latina, ed è stata l’apoteosi!

La scena Lookout non ci ha molto influenzato. Ci piacevano molto i primi Screeching Weasel e li ascoltavamo spesso all'epoca in furgone, ma non parlerei di influenza musicale.

7) All'estero come sono visti i Senzabenza? So della vostra partecipazione al New York Music Seminar del 1993 a New York, oltre ovviamente alla produzione di “Deluxe” con Joey Ramone qualche anno dopo. Esperienze di tour e ricezione fuori dall'Italia?

Credo che all’estero non ci conosca praticamente nessuno. A parte la partecipazione al Seminar, che è stata un’esperienza fantastica, abbiamo suonato molto poco fuori dall’Italia. Debbo dire che quando noi eravamo in auge era decisamente più difficile di oggi organizzare un tour all’estero…

8) Una curiosità avendovi visto sabato a Torino e facendo dei collegamenti mentali: Senzabenza e Fichissimi hanno mai condiviso il palco in qualche occasione?

Se la memoria non mi fa difetto direi di no.

9) Sono del 1986 e il vostro primo album che comprai in diretta fu "Uppers" del 2003, un grande album secondo me, il vostro ritorno dopo l'esperimento in italiano di "Vol. IV" del 1999. Dal 1999 al 2003 eravate attivi? Come fu recepito "Uppers"?

Diciamo che eravamo abbastanza delusi da Volume IV, sia dal punto di vista artistico che come accoglienza. In realtà è un bel disco, ma rovinato da testi orrendi e anche una produzione troppo patinata. "Uppers" ha rappresentato un riavvicinamento al nostro sound. Non è un disco che amo, ma ci sono comunque diverse ottime songs.

10) Per concludere ti chiedo i tuoi tre concerti memorabili dei Senzabenza..

Il primo coi Ramones al “Tenda a strisce” a Roma, nel 1992.

Il primo coi NoFX a Bologna, con Raw Power e Mumble rumble, nel 1995

Al Bloom di Mezzago (completamente sold out), anche questo nel 1995


WIR FAHR'N AUF DER AUTOBAHN / TONDELLI E L'AUTOSTRADA DEL BRENNERO


Ho visto gli Stereolab a Trento sabato, lungo la Brennero, l'autobahn. Mentre viaggiavo mi veniva in mente Tondelli e l'epica della Brennero come via di fuga verso un mondo altro.

Gli Stereolab con la loro equazione kraut + easy listening, il giorno dopo avrebbero suonato a Monaco, Germania, la casa madre di una delle loro influenze principali (kraut): la Brennero come ponte verso l'Europa.

Sarebbe da sfruttare maggiormente Trento come sosta tattica per eventuali tour musicali che prendano in considerazione Italia / Germania ed oltre. Invece di concerti mi sembra ce ne siano gran pochi. Questo degli Stereolab però è stato riuscitissimo. In un nuovo auditorium / teatro di concezione nordica, legno e montagne attorno. Bellissimo, davvero.

"Correggio sta a cinque km dall'inizio dell'AutoBrennero di Carpi, che è l'autostrada più meravigliosa che c'è perché se ti metti lassù e hai soldi e tempo in una giornata intera e anche meno esci sul Mare del Nord, diciamo Amsterdam, tutto senza fare una curva: entri a Carpi ed esci lassù. Io ci sono affezionato a questo rullo di asfalto" 

Ma ci sono notti o pomeriggi o albe e anche tramonti, anche questo dovete imparare, che succede il Gran Miracolo, cioè arriva su quel rullo l’odore del Mare del Nord che spazza le strade e le campagne e quando arriva senti proprio dentro la salsedine delle burrasche dell’oceano e persino il rauco gridolino dei gabbiani e lo sferragliare dei docks e dei cantieri e anche il puzzo sottile delle alghe che la marea ha gettato sugli scogli, insomma t’arriva difilato lungo questo corridoio l’odore del gran mare, dei viaggi, l’odore che sento adesso come un prodigio e che sto inseguendo sulla mia ronzinante cinquecento con su gli scoramenti e dentro tanto vino e in bocca tanta voglia di gridare. Sono sulla strada amico, son partito, ho il mio odore a litri nei polmoni, ho fra i denti la salsedine aaghhh e in testa la libertà.

Questo è Tondelli, su Altri Libertini, capitolo Autobahn.

I CCCP - Fedeli alla Linea riprendono lo stesso concetto: "A Carpi comincia l'Autostrada del Brennero, perciò noi consideravamo Carpi come la periferia estrema di Berlino".

Zamboni, quando andò a Berlino per la prima volta, fece autostop presso un'area di servizio della Brennero, credo poco dopo Verona. Salì su un camion e via a Berlino, iniziò una nuova avventura.

BUZZCOCKS - SONICS IN THE SOUL


Non so cosa abbia spinto Steve Diggle a continuare con il nome Buzzcocks dopo la morte di Pete Shelley: lo stesso Steve ha dichiarato che questa fosse una richiesta di Pete poco prima di morire, boh, chi lo sa. Chiariamoci: a me Steve Diggle sta molto simpatico, i Buzzcocks sono uno dei miei gruppi della vita, l'immagine e il suono art modernista, tutto è stato grandioso nei Buzzcocks, non meno che essenziale. E Steve Diggle c'è dall'inizio della storia, non dimentichiamolo. Uno può dire che non aveva il peso specifico di un Shelley o addirittura di un Devoto (fondamentale all'inizio ma durato un anno), ma sono d'accordo fino ad un certo punto: oltre ad un buon contribuito nella prima parte di vita dei Buzzcocks, Diggle è stato oltremodo fondamentale nella seconda parte di carriera della band mancuniana dal 1989 in poi. E' stato lui a spingere per riformarsi e i dischi anni '90 e duemila erano equamente divisi Shelley / Diggle. Oltre a questo ha fatto anche qualche disco solista, ben riuscito direi. Negli anni '80 invece Diggle aveva i Flag of Convenience, particolari, molto Manchester sound, non così conosciuti e con degli ottimi pezzi. Ecco, io forse al netto di tutto questo disco l'avrei fatto uscire a nome Flag of Convenience. E' un piacere avere tra le mani un nuovo dei Buzzcocks, ovvio, però ti trovi a fare i conti con una legacy davvero enorme e in qualche modo ingombrante in cui devi mantenere degli standard particolari e molto alti. Ho letto qualche recensione impietosa in giro ma questo disco è ottimo nei canoni del Diggle pensiero, molto chitarroso, dai toni abbastanza oscuri nella sua parte centrale e con qualche influsso psichedelico. "Senses out of control" è classic Buzzcocks, "Bad dreams" si richiama alla scuola riff "Fiction Romance", "Just gotta let it go" è ottimo britpop stile fratelli Gallagher. La spazialità del suono Buzzcocks è rivisitata all'occorrenza, vedi la riuscita "Experimental farm". Registrato a Tottenham nel novembre 2021, c'era una foto che circolava di Steve Diggle fuori dallo studio di registrazione in un parcheggio di carico/scarico, sigaretta in bocca, fumo che esce dalla bocca, freddo, lui vestito di nero: mi sono fatto delle fantasie su quella foto. Poi ragazzi, ovviamente al disco manca la componente fondamentale di Pete Shelley, le melodie cristalline, quella voce particolare. Senza tirare in ballo i Buzzcocks del 1978, ma la componente Shelley era garantita anche nei dischi post reunion.
Il discorso è che i due si compensavano e completavano, c'era una potente alchimia, per questo dico che forse questo doveva uscire sotto un'altro moniker. Bisognava forse aspettare un po' dopo la morte di Pete Shelley, far passare del tempo, capire se continuare come Buzzcocks sarebbe stata la scelta corretta. Ok, mi viene da pensare che è tutto relativo, che "Finchè c'è Steve Diggle godiamocelo ancora un disco dei Buzzcocks",che un giorno non ci saranno più. Ma può essere considerato anche un discorso fatalista e troppo semplicistico, bisogna valutare la complessità del caso. Ad ogni modo è un gran bel disco.

ITALIAN WAVE CONNOISSEURS

FHETOLDS - STIMOLATION

Wave precisa e danzabile nelle case del Popolo di Pordenone adibite ad uso e consumo della gioventù naoniana. I Devo alla Zanussi. Presente nella compilation manifesto "The Great Complotto", 1980.



BAND AID - A TOUR IN ITALY

Un weekend postmoderno con Tondelli a Lecce e poi via sull'Adriatica fino a Bologna, indirizzo Italian Records.



FRIGIDAIRE TANGO - RECALL

Asse Cittadella / Bassano del Grappa, registrata nella cittadina murata, ideata poco più a nord. Gelo e serate con i Sound a Nove (Vi).



VIOLET EVES - IT SEEMS LIKE BLUE

Rimini come Nashville, il suono della Riviera (balearico? Adriatico!).



TOMMY DE CHIRICO - TUXEDO DANCE

Nei laboratori di Torino, maneggiando la nuova calda tecnologia.



RENDEZVOUS RAVAGE - UNA STAGIONE PER NOI

Mods Pordenone, "Il mondo finirà di notte" con sopra un disco dei Jam. Dodici mesi di inverno a Pordenone.



 DIRTY ACTIONS - BANDANA BOYS

Le Silure d'Europe dalla costa ovest in gita in barca a New York a vedere i Clash a Times Square, 1981: "Wild boys loves the rhythm!



STATE OF ART - REASONS

Milano ritmicittà, un Orange Juice alla Factory. 

Non c'è il video, comprate il disco!