lunedì 18 novembre 2019

HAPPY MONDAYS - CAMBRIDGE CORN EXCHANGE - 02/11/ 2019

L'idea di andare a vedere i Mondays a Cambridge ci venne un sacco di tempo fa, precisamente a febbraio: è passata la primavera, è passata l'estate, e ogni due/tre giorni mi tornava alla mente che il 2/11/2019 li avrei finalmente visti.
Nel 2011 si vociferava di un loro concerto a Bologna, all'Estragon, che fu cancellato a poche settimane dallo svolgimento, e quella fu l'unica occasione in cui mi avvicinai remotamente all'ipotesi di vederli, anche perché poi la band andò ai pit stop fino allo scorso anno.
Partiamo in due venerdì 1/11 da Venezia, su di una scatoletta Ryanair: io devo smetterla di viaggiare così, viaggiare dev'essere un piacere, non un ansia.
Vabbè, solita trafila di lusso Stansted, treno, Tottenham, Liverpool Street e là prendiamo la Central fino a Queensway dove abbiamo alloggio.
A Queensway/Bayswater avevo dormito la prima volta che andai a Londra, 2009, cinque giorni.
Il quartiere mi è sempre piaciuto, in prossimità di Notting Hill: a me piace Londra Ovest, Londra Est non l'ho mai calcolata, se togliamo qualche passeggiata da brivido a Whitechapel, con il fantasma di Jack lo Squartatore alle calcagna.
Ho sempre alloggiato a Londra Ovest e così continuerò a fare. Who, Pistols, Notting Hill reggae, Chelsea, Qpr, Rough Trade, Uxbridge, Clash, Quadrophenia, Stuart's: tutta roba di questa zona.
Dopo il check-in ci spariamo un giro di gran classe in centro tra Oxford, Soho e Covent Garden e già iniziamo a fare incetta di dischi e libri (ah, il caro vecchio consumo culturale).
Visitiamo negozi di vestiti a go go, Nigel Cabourn a Covent con la giacca disegnata da Liam a mille sterline tipo.
Londra è sempre un florilegio di emozioni, cammini sollevato un paio di metri da terra, testa tra le nuvole, canzoni che fluttuano nella memoria, flashback.
Alle 18.00 un bel crodino al Bar Italia non ce lo toglie nessuno, troviamo Bradley Wiggins, facciamo una foto e qualche scambio di battute, una persona molto alla mano e disponibile.
Tornando a casa a piedi verso Bayswater troviamo un pub, The Swan, decidiamo di cenare là (ottima scelta, fish & chips di gran qualità) e là faremo serata raggiunti poi dall'amico Alessandro, con cui condivideremo molte pinte di London Pride e Session Ipa finchè ad una certa non ci sbatteranno fuori dal locale.
Bene, prima giornata volata in un battibaleno. Bellissima, ma non c'erano dubbi.
Il sabato mattina la sveglia suona verso le 9.00, un leggero mal di testa che viene smaltito con una camminata verso Notting Hill sotto il diluvio e una full english di peso.
I pub sono già pieni zeppi, c'è la finale di rugby tra Inghilterra e Sud Africa.
Tradizionale passeggiata in Portobello e altra incetta di dischi da Rough Trade West.
A pochi metri c'è la Westway, i Clash che dicevano "Siamo il suono della Westway" e "From Westway to the World", oppure i Blur di "Under the Westway" e di "I bought them on the Portobello Road on a saturday..". Honest Jon's appena dopo sulla destra, dove Elvis Costello spese 100 sterle di roba reggae appena firmato il contratto nel 1977.
Vabbè, sto delirando. Londra mi fa questo effetto positivo.
"In the city there's a thousand things I want to say to you."
Decidiamo di andare a Bricklane, in zona est, giusto perché abbiamo appuntamento con altri tre soci a Liverpool Street e ci va di farci trovare in zona per tempo. 
Giro da Rough Trade East (ottimo) e da Number Six (bel negozio sul pezzo), mettiamo sotto i denti qualcosa in una specie di nuovo fast food italo/spagnolo e verso le 17.00 siamo in treno con direzione Cambridge.
La cittadina è piccola, sembra quasi impossibile che riesca a fare oltre 100.000 abitanti, le strutture e le vie deserte in zona stazione rimandano l'idea di una piccola tranquilla realtà, ovviamente legata al giro universitario ma ben che finita là.
Syd Barrett era di Cambridge, abitava dietro la stazione, lo si vedeva spesso in centro a farsi qualche passeggiata.
Check in all'ostello e giù con una pinta al The Eagle Pub, un bel pub con una sua personalità ed un ottima scelta brassicola, dove scopriamo fu annunciata la scoperta del DNA nel 1953 da parte di alcuni studenti dell'Università.
Decideremo di ritornarci una volta terminato il concerto.
Ora è tempo di recarci al vicino Corn Exchange per assistere ai Mondays: un bel flash trovarsi a pochi metri da Shaun Ryder, Bez e Rowetta.
Canzoni che hai ascoltato mille volte allo stereo e adesso te le trovi fatte dal vivo.
Ancora un bel gruppo loro: quadrati, personali, innovativi.
Funk, dance, new wave, soul, rap: dentro al loro suono riesci a scorgere nitidamente le varie componenti che si fondono a creare una qualcosa di unico, poi imitato da più parti.
Dove sono i giovani inglesi? Ci sono solo cinquantenni, gente che aveva vent'anni nel 1989. I giovani dovrebbero essere orgogliosi di andare a vedere un gruppo come loro che insegna la strada a venire, e invece saranno in qualche cazzo di Mc Donalds a guardare l'Iphone. Peccato.
Criminali da Salford che suonano come se fossero al pub, immobili, totalmente estranei a qualsiasi stereotipo rock: e poi l'idea geniale di piazzare Bez a ballare, a movimentare un po' la scena visto che gli altri stanno fermi come pali e concentrati.
C'è anche qualche tardona che prova a ballarci "culo contro culo", accettiamo di buon grado, ci lasciamo un po' andare, i Mondays fanno "Step On", balli a braccia larghe, fingiamo di essere nel '90, i Mondiali in Italia, "World in Motion" dei New Order come colonna sonora.
Non suonano tantissimo, un ora e mezza forse: poco, ne vorremmo ancora, non ci basta.
Beh, ce li siamo propri goduti questi due giorni in Uk, contento di averli fatti, valgono come un mese da noi, con la routine che ti ammazza e ti fa programmare la prossima trasferta (il prima possibile!).






giovedì 31 ottobre 2019

ALTA PADOVANA PUNX

Sabato 30/06 e domenica 01/07 /1984 si tenne a Cittadella il "Meeting '84", una sorta di raduno punx hardcore di cui in paese capita se ne parli ancora oggi (l'altro evento, diverso ma comunque alternativo, furono i Cure in Campo della Marta nel 1989).
Chi c'era al tempo dice che Cittadella fu invasa da orde di punx che misero sotto scacco i giardini di Porta Padova, una sorta di leggenda provinciale che viene tramandata nei baretti del centro.
Questo il volantino della due giorni:


 
Un'altra storia interessante riguarda il paese di Lobia, un frazione di San Giorgio in Bosco poco a sud di Cittadella, dove nel 1984 vivevano e agivano i Link Larm, in una specie di comune punx di campagna.
Questo un estratto del demo, si trova anche su youtube, undici pezzi di hardcore amatoriale in linea con i dettami dell'epoca:
 
 
Il batterista dei Link Larm era Alli, figlio di Enrico Maria Papes, batterista del gruppo beat i Giganti.
Alli dal 1985/1986 passò a suonare con i Contropotere, band anarco punx che girò parecchio a livello di squat lungo la seconda metà degli anni '80 (si veda anche l'intervista a loro nel libro "Lumi di Punx" di Marco Philopat).
 

martedì 18 giugno 2019

NOEL GALLAGHER - HEATON PARK - MANCHESTER 07/06/2019

Il 30 dicembre scorso eravamo a Manchester e nella stradina dietro OiPolloi avevo visto il poster che segnalava il concerto di Noel Gallagher ad Heaton Park previsto per il giugno successivo.
Il mio amico mi fa: "Io ci vado, ho già preso i biglietti". "Allora vengo anch'io" gli ho detto, e così mi sono organizzato di conseguenza.
Arriviamo a Manchester verso le 18.00 di un giovedì sera abbastanza fresco, saranno 15 gradi. La prima sera la passiamo mangiando pie and mash, andando a visitare esternamente l'ex Hacienda e gli uffici della Factory Records e bevendo svariate pinte in giro. Da segnalare l'ottimo Lass O'Gowrie Pub, giusto davanti alla Factory, che scoprirò essere stato insignito nel 2012 del titolo di miglior pub inglese.
Venerdì mattina dedicato all'acquisto di dischi nel Northern Quarter e all'Arndale, visita al Salford Lads Club (in un quartierino mica da ridere) nel primo pomeriggio e poi tram direzione luogo del concerto, qualche km a nord rispetto al centro città.
Il parco è immenso, ruota panoramica, tremila stand gastronomici, vento e pioggia.
Bicchierone di caffè caldo e barretta di Mars ("I need a Mars Bars" cit. Undertones) e ci garantiamo un ottima postazione a poche decine di metri dal palco, anche se dobbiamo beccarci tutta l'esibizione dei White Denim che stracciano le palle dopo due pezzi, con un mix malriuscito di Talking Heads dei poveri e altre cianfrusaglie indie partorite molto male.
I Doves invece fanno il loro, giocano in casa: pezzi molto malinconici che ben si intonano al contesto e quaranta minuti di esibizione riuscita che scaldano la platea in vista di Noel G.
Cosa posso dire su di lui? Che la sua ora e mezza mi ha lasciato una sensazione di gran qualità, un po' come quando avevo visto Paul Weller.
Ha fatto principalmente i pezzi dell'ultimo, qualcosa degli altri due e qualcosa degli Oasis. Ripescaggi come "Talk Tonight" o "Half the World Away". L'ultimo disco è ottimo, c'è ricerca, c'è una visione artistica d'insieme, in confronto a quello di Liam fatto con il pilota automatico non c'è paragone.
Ripensavo proprio a quando avevo visto Liam a Colonia l'agosto scorso, per carità, una bella ora di divertimento. Ma lui degli Oasis le aveva fatte praticamente tutte, Noel qualcosa di selezionato.
Beh, alla fine la differenza sta tutta la, uno è un performer e l'altro un artista. Beninteso che comunque Liam a me sta molto simpatico.
A me della serata è rimasta in testa soprattutto "Everybody's on The Run" con Noel che indica con la mano come a voler mostrare la direzione, e "Keep On Reaching" caratterizzata da un duetto con una corista di colore, molto Style Council o Joe Jackson di "Down to London".
Non avevo mai assistito ad un concerto in un festival inglese e il pubblico locale mi è sembrato parecchio su di giri con il lancio continuo di bottiglie di plastica e sigarette sulla testa della folla a farla da padrone. Mettici il fango per terra e la pioggia in cielo, insomma quella di Manchester è stata ribattezzata dal sottoscritto come "la battaglia di Heaton Park". Nota di colore: i marchi che ho notato di più sono stati Lyle & Scott, Patagonia e Berghaus.

martedì 26 febbraio 2019

LEMONHEADS / LOCOMOTIV BOLOGNA / 24/02/2018

Al Locomotiv non c'ero mai stato, ma si è rivelato essere un ottimo club, inserito in un bel contesto sportivo/ricreativo in un parco tra campi di calcetto, tennis, bocce, bar/osteria.
E' domenica sera ed è tutto sommato abbastanza pieno e i Lemonheads alle 22.00 salgono sul palco.
Le prime dieci canzoni son puro powerpop americano /indie, un suono molto chitarroso e con melodie superbe, suonate con attitudine scazzata slacker.
"It's a Shame About Ray", l'album del 1992, racchiude tutto questo in maniera eccellente, è un disco che incontrai ancora da adolescente e che non ho mai abbandonato dai miei ascolti.
Di Evan Dando, cioè il solo intestatario della ragione sociale Lemonheads, se ne sentono dire di tutti i colori: è in terapia, è esaurito, ha preso troppe droghe e via dicendo.
Il primo impatto che ho nei suoi confronti è di una sorta di componente dei Beach Boys esaurito mentalmente, un bravo ragazzo che nella sua vita ne ha viste di tutte i colori e non si è mai del tutto ripreso.
Fisicamente appare in forma, indossa una t shirt dei Jerry's Kids, storico gruppo hardcore di Boston (città dello stesso Dando). E' lo sguardo stanco e di ghiaccio che lascia presagire scenari ignoti.
Questi si paleseranno soprattutto nel finale dell'esibizione quando il nostro prima si incazza con uno del pubblico (a due metri da me) per motivi ignari a comprensione umana, poi butta per terra l'asta, quasi sfascia la chitarra, lava il pubblico con una bottiglia di Jameson, fa un pezzo in cui canta e basta senza l'ausilio di alcun accompagnamento musicale e, dulcis in fundo, si siede alla batteria e per cinque minuti inizia a suonarla da solo. Delirio totale. Però bello, punk: eccola qua la vera Generazione X! Che palle quando le cose diventano stantie e spente.
Evan Dando ha fatto una grande performance. Personalmente avrei tolto qualche canzone acustica dal set però stiamo parlando di cavilli perché quel che conta è il complesso e devo dire che è stata una grande serata.

giovedì 14 febbraio 2019

DIAFRAMMA / VINILE / ROSA' / 08.02.2019

Sarà la quindicesima volta che vedo i Diaframma ed ogni volta son là che fremo come un bambino, in settimana mi riascolto tutti i dischi e sbircio su Setlist la scaletta.
I primi di gennaio ero a Firenze per il Pitti e allora ne ho approfittato per andare da Contempo, il negozietto di dischi epicentro della wave fiorentina, e comprare l'ultimo "L'abisso".
Oddio, non è che sia il loro capolavoro, però qualche bel pezzo c'è: "Leggerezza" dai toni new wave, "L'impero del male" che sembra una dei Tre Allegri Ragazzi Morti, "Così Delicata" stile Velvet Underground, "Luce del Giorno" dal testo positivo.
Il Vinile non è strapieno, io e i miei soci siamo praticamente tra i più giovani nel locale, ma chissenefrega.
E' stato un anno impegnativo per Fiumani quello appena trascorso: la rissa con Lorenzo Moretto (il batterista dei Diaframma) durante un concerto a Roma, un bel disco con Alex Spalck dei Pankow, il polverone scatenato dalle accuse di molestie (via facebook) all'organizzatore di un festival di Genova, il nuovo disco a dicembre. Che anno il 2018!
Nelle ultime interviste l'ho trovato ancora più a nudo del solito, "L'abisso perché sto andando verso la vecchiaia, inizierà il mio abisso personale".
Del disco le ha suonate praticamente tutte, forse qualcuna poteva saltarla. Con i grandi classici la platea si è scaldata, "Diamante Grezzo", "Amsterdam", una grande "Gennaio" molto partecipata (anche dal sottoscritto..).
Alla fine mi son divertito alla grande, come sempre. E pensandoci non è che ci sia un gruppo che ho visto tante volte così e che ogni volta mi da qualcosa. Non so, vorrà dire qualcosa immagino.

martedì 9 ottobre 2018

NU GUINEA - PADOVA - HALL - 06/10/2018

Ero abbastanza preso dall'idea di vedere i Nu Guinea a Padova, del resto il disco gira ininterrottamente nella mia auto dai primi di giugno, però alla fine diversi particolari hanno concorso alla non completa riuscita dell'esibizione.
Demis mi aveva detto: "Non so se venire perché ho paura di restarne deluso". L'avessi ascoltato!
Ma il problema non sono i Nu Guinea, che per questo tour hanno messo su una band vera e propria, ma il locale, l'Hall di Padova.
In piena zona industriale, un contesto che ti far venir voglia di non metterti a trovare parcheggio ma di ripartire in fretta verso mete migliori, distanti parecchi km da queste zone malate diventate simbolo del nordest produttivo.
Io però credo ad una altra verità, credo nel Veneto dei centri storici, del Palladio, della bellezza, della natura, dei campi a perdita d'occhio.
Non mi va di passarmi la serata in zona industriale, dentro ad un capannone col palco montato e farmi mezzora di colonna per una birra rancida perché "c'è solo una cassa".
L'audio, nella prima mezzora di concerto, era pessimo. E ci credo, siamo dentro ad un capannone, cosa vuoi aspettarti?
Un casino infernale, strumenti che non si sentivano, voci troppo alte, rimbombo.
Il sound raffinato dei Nu Guinea sotterrato da problemi tecnici a non finire, poi qualcosa si è aggiustato e gli ultimi pezzi son stati decenti.
Questa è musica da ballare in riva al mare, o per un aperitivo in centro vicino ai palazzi storici della città, non c'entra niente con i capannoni. Non è techno, non è punk Detroit: è jazz funk di classe e necessita di un contesto appropriato.
All'Hall non ci torno più, trovo più gusto nell'immaginarmi i Nu Guinea ad Ibiza che non vederli realmente in queste condizioni.
Che gente c'era? Boh, Hipster senza una direzione, look abbastanza a caso con mancanza di particolari e parecchio presi dalle droghe e dai diritti civili.
Pareva di essere tornati al 2004/2005, certe sere al Capannone Sociale di Vicenza, però là si sentiva meglio. Che poi mi domando come fai a proporre un ambiente di scarsa qualità nell'epoca dei social network, con la gente che ti lascia recensioni negative al primo futile pretesto.
Questi mica ti perdonano nulla, è gente cresciuta nella bambagia dei social network, mica come me che sono cresciuto in strada, con le mie motivazioni che provengono da una percorso diverso.
Ritornando alla musica, spettacolare la cover finale di "Amore" dei Chrisma, mi tornava in mente quel video al Festivalbar all'Arena, 1976, con Christina Moser al top, una dea bionda a Verona.

mercoledì 3 ottobre 2018

GLEN MATLOCK - GOOD TO GO

A conclusione della recensione dell'Ep "Sexy Beast", uscito poco più di un anno fa, avevo scritto che sarebbe stato molto interessante poter ascoltare qualcosa sulla lunga distanza, nello specifico un album, che si muovesse entro le stesse coordinate sonore, ed eccomi accontentato.
Aspettative ben riposte? Beh, direi proprio di si: "Good to Go" è un gran bel disco, riuscitissimo, sicuramente tra i miei preferiti del 2018.
Canzoni molto semplici nella struttura, ottime melodie e poco spazio a sperimentalismi di sorta: classicismo, tradizionalismo, roba duratura forgiata dal tempo. Questo concetto, se vogliamo, è un aspetto fondamentale nella storiografia di Matlock che già nei Pistols aveva dato problemi per via dei suoi gusti considerati "classici" o della sua visione non così progressista come poteva essere quella di Johnny Rotten; in realtà i Pistols erano una band dal suono classico, non erano i Pil, e Glen Matlock compose gran parte della musica.
Ecco, questo è un buon approccio per avvicinarsi all'ascolto di "Good to Go": dentro ci sono certi richiami ai Kinks primi anni '70 ("Won't Put the Brakes on Me"), rock'n'roll torbido ("Wanderlust") e anche un pezzo che starebbe benissimo cantato da Joey Ramone ("Piece of Work").
Dovessi scegliere la preferita, direi "Strange Kinda Taste", un bell'impasto di Kinks /Small Faces /Power Pop che nel lettore in macchina gira che è un piacere.
La formazione che accompagna Glen Matlock è la stessa dell'Ep, Slim Jim Phantom, Stray Cats, alla batteria e Earl Slick, carriera di ultralivello, alla chitarra: questo incastro risulta fondamentale nella buona riuscita dell'album, lo stile di entrambi si nota, non passa assolutamente sottotraccia.
In realtà la domanda che mi faccio da qualche giorno è questa: sarà questo album apprezzato in giro? Avrà il giusto riconoscimento? Boh, mistero.
Sarebbe bello se la band intraprendesse un bel tour in formazione completa, invece so che Glen gira spesso solo con l'acustica. Vedremo. Nel frattempo me lo riascolto un altra volta.